Il primo semestre del 2019 è stato brillante per i mercati finanziari internazionali, con ripetuti record registrati a Wall Street e la normalizzazione dello spread tra il BTp e il Bund. Ma quali sono i temi da monitorare per il secondo semestre? Ecco il punto di vista di Olivier De Berranger
Il primo semestre del 2019 è stato brillante per i mercati finanziari internazionali. Dopo il sell-off che aveva caratterizzato gli indici azionari nell’ultimo trimestre del 2018, la prima parte del nuovo anno ha fatto registrare un netto cambio di sentiment negli investitori che nonostante le crescenti tensioni politiche che hanno contrapposto USA e Cina hanno preferito proiettarsi nuovamente sugli asset più rischiosi. Emblematico in questo caso due elementi: i ripetuti massimi storici registrati nelle ultime settimane a Wall Street, con l’indice S&P 500 capace di oltrepassare la soglia dei 3.000 punti, e la discesa dello spread tra BTp e Bund tedesco, tornato sotto la soglia dei 190 punti. Ma cosa aspettarsi per il secondo semestre del 2019? Quali sono i temi più significativi che influenzeranno il polso dei mercati? Secondo Olivier De Berranger, Chief Investment Officer di La Financière de l’Echiquier, i grandi temi saranno primariamente tre: la politica monetaria, i risultati aziendali e la politica. Vediamo il pensiero del gestore sui diversi fattori
Il primo fattore: la politica monetaria
Da sempre il ruolo delle banche centrali è determinante per guidare le sorti dei mercati finanziari. A riguardo se una riduzione dei tassi da parte della Fed a luglio è data quasi per scontata, il passo successivo non lo è altrettanto. Gli investitori stimano fino a tre tagli dei tassi nel 2019. “Tre tagli si rivelano piuttosto distanti dallo scenario della banca centrale, senza dimenticare che la Fed non ha mai tagliato i tassi tre volte di seguito in sei mesi, tranne durante un episodio di recessione conclamata, lungi dall’essere oggi in atto negli Stati Uniti”, evidenzia De Berranger, secondo cui è probabile un ridimensionamento delle aspettative di mercato, con conseguente aumento dell’avversione al rischio. Sull’altra sponda dell’atlantico la politica monetaria dell’Eurotower invece “potrebbe generare una piacevole sorpresa in quanto le prossime mosse della BCE non sono altrettanto scontate nei prezzi”. In questa direzione andrebbero l’abbassamento del tasso sui depositi, la ripresa degli acquisti e misure compensative per le banche.
Il secondo fattore: i risultati aziendali
Ieri a Wall Street è iniziata la nuova stagione delle trimestrali, con Citigroup che ha pubblicato dati migliori delle stime degli analisti. Oltre che sui numeri delle aziende, l’attenzione degli investitori appare in questa fase focalizzata più che mai sulle indicazioni sugli obiettivi futuri che verranno dal management e sul tono che verrà usato nei discorsi. Il perché? Secondo De Berranger perché “alcuni segmenti del listino registrano valorizzazioni elevate, come i grandi titoli difensivi e i titoli a media capitalizzazione di crescita”, motivo per cui eventuali delusioni “potranno costare caro” così come “una percentuale troppo elevata di risultati insoddisfacenti potrebbe intaccare la fiducia degli investitori che, nel breve termine, non troverebbero più sufficienti rassicurazioni negli interventi promessi dalle banche centrali”. Il trend rialzista potrebbe tuttavia essere sostenuto da sorprese positive riferite ai segmenti più ciclici del listino, protagonisti di un rimbalzo meno marcato nel primo semestre dell’anno.
Il terzo fattore: la politica
Oltre alla questione Brexit e le elezioni europee, gli ultimi mesi hanno visto un protagonista indiscusso della scena politica internazionale: Donald Trump. Il numero uno della Casa Bianca ha attaccato a più riprese la Cina, così come numerosi altri Paesi. Dopo la tregua nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina all’indomani del G20, e mentre un accordo unilaterale e definitivo non sembra ancora credibile, per il gestore di La Financière de l’Echiquier “è lecito temere qualche brutta sorpresa”. In questa direzione si inserirebbe un inasprimento dei toni verso la Francia dopo l’approvazione dell’esecutivo transalpino della tassa GAFA piuttosto che la politica doganale dell’India contro cui se l’è presa Trump. “Il tema della Brexit farà nuovamente capolino in autunno e la probabile nomina di Boris Johnson quale successore di Theresa May alimenta il rischio di un no-deal”, chiosa De Berranger, ricordando come “continuano a moltiplicarsi le tensioni in Medio Oriente, in particolare con l’Iran, tra la ripresa del programma nucleare di Teheran e le crescenti tensioni sulle petroliere nello stretto di Ormuz”. Un grave conflitto nella zona comprometterebbe sicuramente la fiducia nei mercati.
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