Come compilare il modello sulle detrazioni di imposta e destinazione del Tfr consegnato dal datore di lavoro al momento dell’assunzione? Ecco una guida completa.
Solitamente al momento dell’assunzione il datore di lavoro chiede al dipendente di compilare il cosiddetto modulo delle detrazioni di imposta in cui in solitamente va indicata anche la destinazione del Tfr.
Si tratta di un adempimento da non sottovalutare: con questo modulo, ad esempio, va indicata la propria preferenza rispetto al godimento del trattamento integrativo riconosciuto ai sensi della legge n. 3 del 2020, nonché delle detrazioni di imposta spettanti per coniuge, figli e altri familiari in carico, come pure quelle riconosciute sui redditi per lavoro dipendente.
Tanto l’ex bonus Renzi, oggi salito a 100 euro mensili, quanto le detrazioni di imposta possono essere applicate direttamente in busta paga oppure recuperate in un secondo momento in sede di invio della dichiarazione dei redditi.
A tal proposito, il datore di lavoro in qualità di sostituto di imposta vuole sapere come comportarsi in merito, lasciando al dipendente la decisione. In alcuni casi, infatti, il lavoratore potrebbe avere l’interesse a non godere di trattamento integrativo e detrazioni in busta paga, o comunque che venga applicato un trattamento di minor favore. È il caso, ad esempio, di chi percepisce altri redditi oltre a quelli risultanti dallo svolgimento di quella specifica attività lavorativa.
Tuttavia, spesso il dipendente davanti a questo modello non sa come rispondere, ignaro di quali sono le ragioni che possono far propendere per l’una o l’altra opzione. A primo impatto, infatti, la decisione più conveniente sembra essere quella che prevede l’applicazione in busta paga, ma allora che senso ha la richiesta del datore di lavoro? Effettivamente, come abbiamo avuto modo di anticipare, non è detto che avere il trattamento integrativo o le detrazioni di imposta in busta paga rappresenti sempre la decisione migliore: ecco quali sono le considerazioni da fare a seconda dei casi.
Trattamento integrativo in busta paga
Con il trattamento integrativo riconosciuto ai sensi della legge n. 3 del 2020 i lavoratori beneficiano di un incremento di 100 euro netti in busta paga ogni mese (con la sola esclusione della tredicesima).
Un bonus complessivo, quindi, di 1.200 euro che tuttavia spetta solamente a chi ha un reddito da lavoro dipendente compreso tra 8.174 euro e 15.000 euro. Sopra questa soglia spetta in misura parziale, ma solo laddove la somma di determinate detrazioni (come quelle per carichi di famiglia o per reddito da lavoro dipendente) risulti superiore all’imposta dovuta, ed entro un reddito di 28.000 euro.
A tal proposito, consigliamo di chiedere l’applicazione del trattamento integrativo direttamente in busta paga solamente nel caso in cui si sia certi di non superare un reddito di 15 mila euro lordi nel corso dell’anno. In caso contrario, infatti, scatta l’obbligo di restituzione della parte di bonus indebitamente percepita.
Ad esempio, in presenza di più rapporti di lavoro bisogna accertarsi che la somma degli stipendi non comporti il superamento della suddetta soglia, così da indicare a uno solo dei datori di lavoro che si vuole godere del trattamento integrativo in busta paga.
Laddove persista anche un minimo dubbio, invece, conviene negare, compilando il suddetto modello, l’applicazione del bonus 100 euro in busta paga. Anche perché il diritto al trattamento integrativo non si perde: laddove dalla Certificazione Unica dovesse risultare che non se ne è beneficiato nonostante se ne soddisfassero i requisiti, sarà possibile recuperarlo in sede di dichiarazione dei redditi.
Detrazioni per familiari a carico
Nel modulo viene poi chiesto al lavoratore di specificare se ci sono familiari a carico per i quali si può godere delle relative detrazioni di imposta. A tal proposito, come prima cosa bisogna sapere che sono considerati tali quelli che hanno un reddito complessivo annuo che non supera i 2.840,51 euro, soglia che nel solo caso dei figli di età compresa tra i 21 (negli anni precedenti non spettano le detrazioni in quanto è riconosciuto l’Assegno unico) e i 24 anni è di 4.000 euro.
Se ne può godere per coniuge, figli e altri familiari conviventi, ma vale quanto detto per il trattamento integrativo: laddove si abbia il sentore che nel corso dell’anno i suddetti limiti possano essere superati conviene rinunciare all’applicazione delle detrazioni per poi eventualmente recuperare in sede di dichiarazione dei redditi.
Laddove invece si voglia godere delle detrazioni in busta paga bisognerà specificare nel suddetto modulo il rapporto di parentela, il codice fiscale della persona e i mesi in cui risulta a carico (0, ad esempio, se non lo sono). Ed è bene ricordare che in qualsiasi momento si può rettificare la propria decisione, chiedendo all’azienda di non applicare più la suddetta detrazione.
Ricordate però che nel caso dei figli le detrazioni possono essere godute o al 100% da uno solo dei genitori oppure al 50% da entrambi. Tale percentuale andrà indicata nello stesso modulo.
Irpef e detrazioni lavoro dipendente
Un’altra informazione di cui ha bisogno il datore di lavoro riguarda l’applicazione delle detrazioni da lavoro dipendente in busta paga.
Come stabilito ai sensi dell’articolo 13 del Tuir, infatti, la misura della detrazione varia in base al reddito del lavoratore, riducendosi in misura proporzionale quanto più quest’ultimo aumenta.
Il problema è lo stesso di quello del trattamento integrativo: il datore di lavoro può calcolare l’importo spettante della detrazione facendo una stima di quanto lui vi pagherà nel corso dell’anno, ignaro se nel contempo avete percepito - o state ancora percependo - altri redditi. C’è il rischio, quindi, che la detrazione calcolata sia superiore a quella spettante, con l’obbligo appunto di restituire la parte goduta in più.
Per questo motivo è importante comunicare se ci sono altri rapporti di lavoro nel corso dell’anno, sia ancora in corso che interrotti, così che il calcolo delle detrazioni possa essere effettuato correttamente.
Lo stesso vale per il calcolo delle ritenute Irpef da effettuare in busta paga. Al fine di una corretta individuazione dell’aliquota da applicare, infatti, sarebbe opportuno comunicare al datore di lavoro l’importo del reddito complessivo sul quale si vuole che venga calcolata l’imposta. E tra le alternative vi è anche la possibilità di chiedere che venga applicata l’aliquota più alta di quella che deriva dal ragguaglio al periodo di paga degli scaglioni annui di reddito.
Il tutto per evitare che l’imposta dovuta in sede di dichiarazione dei redditi sia troppo elevata; meglio pagare un po’ di più ogni mese ed eventualmente recuperare l’importo eccedente dal 730 inviato nell’anno successivo.
Addizionali
Nel modulo bisogna poi dichiarare se nel nucleo familiare sono presenti familiari disabili ai sensi della legge n. 104 del 1992, così da godere di un trattamento agevolato ai fini del calcolo delle addizionali.
Destinazione del Tfr
Solitamente con il modulo sulle detrazioni di imposta viene consegnato anche quello con il quale il dipendente comunica la destinazione dei ratei del Trattamento di fine rapporto maturati in costanza di rapporto di lavoro.
Qui bisognerà scegliere se il proprio Tfr dovrà essere mantenuto in azienda, continuando quindi a essere regolato secondo le previsioni dell’articolo 2120 del Codice Civile oppure se debba essere conferito integralmente (o in misura parziale laddove consentito, specificando la percentuale) a una forma pensionistica complementare (specificando quale e indicando la data di iscrizione).
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