Il governo Meloni potrebbe rivedere la durata dell’indennità di disoccupazione Naspi. Così lo Stato risparmierebbe risorse e i percettori sarebbero incentivati a cercare un nuovo lavoro.
Non c’è solamente il reddito di cittadinanza nel mirino del governo Meloni: il piano, infatti, è di rivedere anche l’indennità di disoccupazione Naspi. D’altronde, così come il Rdc, anche la Naspi potrebbe rappresentare un disincentivo all’impiego visto che per diversi mesi il disoccupato può contare su un’indennità d’importo non molto distante dall’ultima retribuzione percepita (qui i criteri per il calcolo).
Ecco perché un governo che, come espressamente dichiarato da Giorgia Meloni, intende puntare più sul lavoro che sull’assistenzialismo, non può esimersi dal rivedere completamente il sistema dei sussidi per i poveri e i disoccupati.
Ricordiamo che un cambio delle regole per la Naspi era già stato effettuato con la legge di Bilancio 2022, quando fu ripristinato il sistema che taglia l’assegno dopo un certo periodo di fruizione così da rendere l’indennità sempre meno appetibile con il passare dei mesi. Taglio mensile che è stato confermato al 3%, ma che si applica a partire dal sesto mese di fruizione (anziché dal quarto).
Regole che tuttavia secondo il governo Meloni favoriscono troppo i disoccupati, rallentando il processo di reinserimento nel mondo del lavoro. Ecco perché una nuova riforma della Naspi, con taglio del periodo di fruizione, sembra essere in arrivo.
La Naspi spetta per troppo tempo
I disoccupati che guardano da spettatori alla riforma del reddito di cittadinanza annunciata dal governo Meloni devono cominciare a preoccuparsi per quel che potrebbe cambiare sul fronte Naspi.
Sembra, infatti, che l’intenzione dell’Esecutivo sia di ridurre il periodo di fruizione della Naspi, oggi riconosciuta per la metà dei periodi lavorati negli ultimi quattro anni, ossia per un massimo di 24 mesi.
All’interno della maggioranza di governo, come spiegato da Repubblica, c’è una gran parte che ritiene questo criterio di calcolo troppo distorsivo, in quanto la Naspi rischia di spettare per un tempo molto lungo disincentivando la ricerca di un nuovo impiego da parte di chi la percepisce. Senza contare che ciò si riversa pesantemente sui conti pubblici, visto che lo scorso anno la Naspi è costata allo Stato ben 13 miliardi di euro (più del reddito di cittadinanza stesso), risorse su cui in parte contribuiscono le aziende facendosi carico del cosiddetto ticket di licenziamento.
Così il governo Meloni potrebbe rivedere la Naspi
Ecco dunque che nel progetto del governo Meloni di trovare ulteriori risorse da destinare alla legge di Bilancio 2023 tagliando alcune misure ritenute troppo assistenziali, reddito di cittadinanza su tutte, sembra poter rientrare anche l’indennità di disoccupazione.
In particolare dalla Lega, chiedono infatti l’introduzione di nuove regole per il calcolo della durata dell’indennità, con l’obiettivo di scendere al di sotto del 50% del periodo lavorato negli ultimi 48 mesi. La Naspi, quindi, non spetterebbe più per la metà dei mesi lavorati nel quadriennio precedente, bensì per il 40% o persino il 30%. Come dire, che chi ha lavorato un anno prenderebbe la Naspi per 3 o 4 mesi, a differenza del semestre riconosciuto oggi.
Limitando il periodo di percezione della misura si spera non solo di risparmiare risorse ma anche di spingere i disoccupati ad affrettarsi e mettersi fin da subito alla ricerca di un nuovo impiego. Percorso che potrà essere affrontato con il supporto del centro per l’impiego visto che anche chi prende la Naspi rientra tra i beneficiari che devono prendere parte alla politica attiva prevista dal Gol.
Lo stesso varrà per la Dis-Coll
Non solo Naspi; semmai dovesse esserci una riforma dell’indennità di disoccupazione questa riguarderà anche la Dis-Coll, ossia quella misura che spetta ai collaboratori, ai dottorandi e agli assegnisti di ricerca.
Per effetto di quanto stabilito dalla legge di Bilancio 2022, la durata massima della Dis-coll - corrisposta mensilmente per un numero di mesi pari ai mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno precedente all’evento di cessazione del lavoro e il predetto evento - è stata portata a 12 mesi.
Anche questo limite potrebbe essere rivisto contestualmente a una riforma della Naspi e potrebbe trattarsi di un ritorno al passato; nel 2021, infatti, la durata massima della Dis-Coll era di soli 6 mesi.
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