Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha detto che il governo Meloni vuole trovare un equilibrio tra le fonti di approvvigionamento energetico, puntando anche sulle dighe e sul nucleare.
Non solo eolico, fotovoltaico e idroelettrico, il governo vuole ricavare “energia pulita” anche da “dighe e nucleare”. A dirlo è il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, secondo cui il governo deve trovare un “punto di equilibrio” tra le fonti di approvvigionamento energetico per non avere “una decrescita nel nostro Paese”.
Secondo Pichetto, quindi, bisogna essere “pragmatici”, perché “tutti vorremmo il mondo bucolico”, ma la crisi energetica richiederebbe scelte diverse da quello che propongono gli ambientalisti. L’Italia, analizza il ministro, parte “da una condizione di combustibili fossili, utilizziamo ancora il carbone e ora con il gas vettore transitorio, che tra i fossili è il meno inquinante, dobbiamo passare alla rinnovabili, tra cui anche la fusione nucleare”, appena sarà disponibile.
Per quanto riguarda i rigassificatori di Ravenna e Piombino per trattare il Gnl, il governo è poi disponibile a “valutare interventi di ausilio e di aiuto, con Piombino che è una scelta temporanea e ci sono gli elementi per garantirla”. Contemporaneamente ha rivendicato la scelta di aumentare (e potenzialmente raddoppiare) la produzione nazionale di gas autorizzando nuove trivellazioni nel mar Adriatico. Scelta ritenuta “fondamentale per salvare il sistema produttivo”.
Su quali fonti rinnovabili punta il governo Meloni
La strategia sulle rinnovabili del governo Meloni era stata anticipata dal ministro dello Sviluppo economico Alfredo Urso. Il ministero, rinominato delle Imprese e del Made in Italy, potrà “intervenire in caso di inadempienze degli enti locali, ogni qual volta prevale l’interesse nazionale, con il pieno rispetto di tutti i vincoli ambientali, ma le autorizzazioni non possono restare inevase per anni”. L’esecutivo vuole poi puntare di più del passato sul geotermico e sull’idroelettrico, ammodernando “gli impianti e intervenendo anche sulle concessioni per garantire investimenti adeguati”.
Pichetto ha poi spiegato che i sindaci della provincia di Rimini hanno detto di sì al progetto del parco eolico nella zona, purché venga annullato l’impatto visivo. «L’impegno - ha detto - è alla valutazione in tempi celerissimi per il sì o no, e su questo si è praticamente raddoppiato come numero di membri le commissioni che fanno le valutazioni». Per realizzare questi obiettivi si partirà dai fondi nazionali e quelli del Pnrr, che potrebbero essere integrati da quelli del Repower Eu.
L’investimento sul nucleare
Quanto al nucleare nonostante il pressing di Lega e Forza Italia, Meloni e Fratelli d’Italia in campagna elettorale sono sempre rimasti cauti: va bene l’incentivo alla ricerca e l’attenzione per la tecnologia di quarta generazione in via di sviluppo, ma con realismo. Per avere le nuove centrali ci vorrebbero almeno dieci anni: una prospettiva che al momento è distante dai problemi urgenti e rischia di arrivare fuori tempo massimo rispetto alla transizione ecologica.
Pichetto è di Forza Italia, ma è comunque il ministro dell’Ambiente del governo, e le sue dichiarazioni devono inevitabilmente far pensare che ci potrebbe essere un’accelerazione o quanto meno una presa in considerazione più seria del nucleare da parte dell’esecutivo. Il ministro ha aperto alla possibilità che si rimetta in discussione il referendum del 1987 contro il nucleare perché l’attuale crisi energetica “richiede misure diverse” dal passato.
Nuove centrali di terza o quarta generazione?
Le novità della “quarta generazione” del nucleare stanno nel non produrre anidride carbonica, ridurre le scorie radioattive, rendere ancora meno probabili incidenti al reattore ed eliminare il plutonio attualmente prodotto (ed impiegabile anche in armi). Insomma una produzione di energia praticamente “pulita”, peccato che al momento non esistano altro che una serie di programmi di ricerca.
Tutto è nato nel 2001 negli Stati Uniti con il “Generation IV international forum”, a cui partecipano 13 Paesi assieme all’Unione europea. Da lì si sono sviluppati una serie di progetti, arrivati a buon punto, ma ancora allo stadio di prototipi. Secondo gli scienziati, quindi, ci vorranno ancora circa dieci anni per rendere questa tecnologia industrializzabile e vedere le prime centrali di quarta generazione entrare in funzione. Gli effetti positivi che indicano gli studi, poi, vanno tutti verificati sul campo.
Il governo Meloni, quindi, potrebbe incentivare la ricerca con nuovi fondi ad hoc, ma non è escluso che possa prendere in considerazione la costruzione di centrali nucleari di terza generazione, già disponibili. Questi impianti sono basati su reattori ad acqua pressurizzata, molto più sicuri dei precedenti, ma comunque prevedono lo scarto di uranio e l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera (seppur molto meno delle fonti fossili classiche).
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