Crisi energetica e bollette alle stelle, il nucleare di quarta generazione conviene davvero?

Giacomo Andreoli

29/08/2022

Il centrodestra e il terzo polo, in vista delle prossime elezioni politiche del 25 settembre, rilanciano sull’apertura di nuove centrali nucleari di ultima generazione in Italia: ci converrebbe?

Crisi energetica e bollette alle stelle, il nucleare di quarta generazione conviene davvero?

Prezzo del metano fuori controllo e bollette di gas e luce alle stelle. La crisi energetica in Italia si fa sentire, con un fine estate che vede i costi continuare ad aumentare per famiglie e imprese. Tra forniture dalla Russia sempre più ridotte e la necessità progressiva di riscaldamenti, l’autunno che ci aspetta, quindi, sarà secondo esperti e autorità (a partire da Arera) molto complesso.

Senza interventi straordinari si prospetta almeno un raddoppio dei prezzi delle bollette a ottobre, con il sistema-Paese che può andare in enorme difficoltà. Secondo Confcommercio circa 120mila imprese sono a rischio chiusura, con i corrispettivi 370mila posti di lavoro. Ma la crisi energetica trascina al rialzo anche il costo dei beni alimentari. Secondo Coldiretti nei prossimi mesi 2,6 milioni di italiani saranno a rischio fame, in molti casi costretti a chiedere aiuto per mangiare.

In questo scenario il centrodestra di Meloni-Salvini-Berlusconi e il terzo polo di Calenda e Renzi, in vista delle elezioni del 25 settembre, dicono di voler costruire centrali nucleari di quarta generazione, per rendere l’Italia più indipendente dal gas russo e di altri Paesi. Vediamo di cosa si tratta e quanto potrebbero aiutarci per risolvere i nostri problemi energetici.

Le centrali nucleari inquinano?

Ad oggi la maggior parte delle centrali nucleari attive nel mondo appartiene alla cosiddetta “seconda generazione”, che si basa su tecnologie sviluppate verso la fine degli anni Settanta. I rischi sono principalmente legati alla sicurezza nella gestione dei reattori e delle scorie radioattive che si producono nel processo di fissione nucleare (che si basa sulla divisione dei nuclei).

Il combustibile impiegato nelle centrali, poi, è l’uranio: la sua estrazione causa l’emissione di anidride carbonica (anche se nettamente meno rispetto a impianti che si basano su combustibili fossili come il carbone). Tutti questi problemi sono in parte ridotti dalle tecnologie più avanzate in circolazione, quelle della cosiddetta “terza generazione”, con impianti basati su reattori ad acqua pressurizzata, molto più sicuri dei precedenti e diffusi per lo più in Europa e negli Stati Uniti.

Cos’è il nucleare di quarta generazione

Le novità della “quarta generazione” stanno nel non produrre anidride carbonica, ridurre le scorie radioattive, rendere ancora meno probabili incidenti al reattore ed eliminare il plutonio attualmente prodotto (ed impiegabile anche in armi). Insomma una produzione di energia praticamente “pulita”, peccato che al momento non esistano altro che una serie di programmi di ricerca.

Tutto è nato nel 2001 negli Stati Uniti con il “Generation IV international forum”, a cui partecipano 13 Paesi assieme all’Unione europea. Da lì si sono sviluppati una serie di progetti, arrivati a buon punto, ma ancora allo stadio di prototipi. Secondo gli scienziati, quindi, ci vorranno ancora circa dieci anni per rendere questa tecnologia industrializzabile e vedere le prime centrali di quarta generazione entrare in funzione. Gli effetti positivi che indicano gli studi, poi, vanno tutti verificati sul campo.

Le centrali nucleari in Italia

In Italia abbiamo utilizzato l’energia nucleare tra il 1963 e il 1990. Le cinque centrali che esistevano sono state però chiuse per esecuzione del referendum popolare del 1987, che ne ha bocciato l’utilizzo (il processo di smantellamento, però, è ancora in corso). Un altro referendum si è svolto nel 2011, dopo che il governo Berlusconi aveva proposto di reintrodurre l’energia nucleare: anche in questo caso gli italiani si sono espressi contro, con una larga maggioranza.

Nel corso degli anni, tuttavia, i governi hanno continuato a finanziare in parte la ricerca e lo sviluppo per nuove tecnologie in materia. L’ultimo finanziamento è stato dell’esecutivo Conte II, che ha dato 600 milioni all’Enea con questo obiettivo. Assieme alla quarta generazione, poi, la ricerca continua a lavorare sulla fusione nucleare.

Il processo, che si basa sull’unione e non sulla divisione dei nuclei, per formarne di più pesanti, simulerebbe ciò che avviene dentro al Sole, producendo moltissima energia senza scorie legate al combustibile: al momento, però, è semplicemente irrealizzabile e non ci sono tempi certi per l’effettiva messa in pratica.

Puntare sul nucleare conviene nel breve periodo?

Puntare sull’energia nucleare di quarta generazione e sulla fusione nucleare, quindi, non può aiutare a risolvere la crisi energetica italiana e il caro bollette nell’immediato. I tempi per la realizzazione di queste tecnologie, infatti, sono medio-lunghi, mentre l’emergenza è incombente.

Per risolverla, ad oggi, oltre che trovare fondi per ridurre i prezzi delle bollette e inserire un tetto europeo al prezzo del metano, non si può che puntare sulla differenziazione delle forniture di gas, prendendone meno dalla Russia.

Questo assieme al rafforzamento delle energie rinnovabili, riducendo i tempi burocratici per le installazioni delle pale eoliche e degli impianti solari, che però rimangono insufficienti (per come sono oggi) per coprire l’intero fabbisogno energetico. Aumentare in via emergenziale la produzione di energia da fonti fossili come il carbone, invece, può essere controproducente rispetto agli obiettivi europei di contrasto ai cambiamenti climatici entro il 2030 e il 2050.

La scommessa sul nucleare nel medio-lungo periodo

Discorso diverso, invece, per il medio-lungo periodo, quando l’Italia dovrà necessariamente essere più autonoma dal punto di vista delle forniture energetiche, smarcandosi non solo dal carbone, ma anche dal gas, comunque troppo inquinante.

La classica energia rinnovabile ottenuta dal sole o dal vento ad oggi ha un problema: non è continua e per questo va gestita in modo accorto. Di Biogas e biocarburanti, poi, se ne riescono a produrre in quantità ancora non sufficienti. Il nucleare, invece, oltre ad essere considerato dalla nuova tassonomia europea una “fonte green”, garantirebbe forniture costanti. Sarebbero quindi indipendenti rispetto alle condizioni meteorologiche e con una necessità di meno materiali rispetto ad altre tecnologie di transizione.

Tuttavia ad oggi il Paese a cui più si fa riferimento in Europa per il nucleare, la Francia, produce energia da quelle centrali a un prezzo tra i 90 e i 120 euro al megawattora. Al livello internazionale, invece, secondo “World Nuclear Industry Status Report 2021” il costo è di 16,3 dollari al kilowattora, contro i circa 4 delle rinnovabili.

L’energia rinnovabile è più conveniente?

Anche con la tecnologia di quarta generazione, secondo l’Agenzia internazionale dell’Energia, proiettati tra il 2030 e il 2050 i costi dell’energia rinnovabile saranno comunque inferiori di quelli del nucleare. Inoltre, secondo l’ultimo rapporto della comunità scientifica internazionale delle Nazioni Unite (Ipcc), il potenziale di riduzione di emissioni nette entro il 2030 di solare ed eolico è quattro volte maggiore rispetto al nucleare.

Non solo: ad oggi costruire una centrale nucleare costa circa una decina di miliardi. L’ultimo impianto entrato in servizio in Finlandia, seppur con un’ottima capacità (un’unità di 1600 megawattora), è costato 11 miliardi, 5 volte di più di parchi eolici terrestri per pari potenza. Per costruirla ci sono voluti 17 anni. Si potrebbero riattivare e ammodernare i cinque impianti nucleari già presenti sul territorio, ma ci vorrebbero comunque almeno 10 anni: fare nuovi impianti eolici e solari richiede un tempo inferiore e costa meno.

In quest’ottica investire dopo le prossime elezioni sulla ricerca avanzata e sulle installazioni per le rinnovabili classiche, in attesa della rivoluzione che garantirebbe la fusione nucleare, potrebbe garantire vantaggi complessivamente più alti nel medio-lungo periodo. Va risolto, però, il problema non piccolo della continuità energetica.

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