Obbligo di comunicazione malattia al datore: entro quando rispettarlo?

Claudio Garau

27/02/2023

I lavoratori subordinati sono tutelati in caso di insorgenza di una malattia, ma al contempo sono tenuti al rispetto di alcuni doveri di cui si trova traccia anche nei Ccnl di settore. I dettagli.

Obbligo di comunicazione malattia al datore: entro quando rispettarlo?

I rapporti di lavoro subordinato sono fatti di diritti e doveri, che ricadono sulle parti e dunque sul lavoratore e sul datore di lavoro. Qui di seguito intendiamo considerare in particolare l’obbligo di comunicazione della malattia del dipendente: è il caso tipico del malanno di stagione dovuto al freddo e agli sbalzi termici o dell’influenza che costringe a stare a casa fino alla completa guarigione. Ebbene, in questi casi, la legge è molto chiara: per il dipendente vige l’obbligo di comunicare in modo tempestivo al datore la propria mancanza dal luogo di lavoro - a causa della malattia - e l’indirizzo (se differente da quello di domicilio o di residenza) presso cui ci si rende reperibile per possibili visite fiscali di controllo.

Ma il punto è il seguente: entro quanto tempo va comunicata al datore la malattia? C’è un termine da non oltrepassare per non rischiare sanzioni disciplinari o anche il licenziamento? Scopriamolo insieme nel corso di questo articolo, per non restare impreparati sul punto e non rischiare brutte sorprese.

Malattia del lavoratore: due distinti e fondamentali obblighi da rispettare

Quanto abbiamo anticipato in apertura deve essere dettagliato perché è vero che in capo al lavoratore malato, in realtà, sussistono due distinti doveri:

  • l’obbligo di comunicazione, il quale mira a giustificare l’assenza dal lavoro e ad informare quanto prima il datore affinché questi provveda a garantire la buona organizzazione dell’attività;
  • l’obbligo di invio della certificazione medica, il quale intende invece provare l’esistenza della causa giustificativa dell’assenza stessa.

E non vi sono dubbi a riguardo: il dovere di rendere noto il motivo dell’assenza è indicato dal contratto collettivo di settore, il quale dettaglia compiti e termini per adempiere ai citati impegni legati all’insorgenza della malattia. Il certificato del proprio medico curante è di per sé fondamentale perché esso fa riferimento alla diagnosi - ovvero alla malattia che affligge il lavoratore - e alla prognosi - ovvero il numero di giorni di riposo per guarire.

Cogliamo l’occasione anche per ricordare che, come previsto dalla legge, il controllo delle assenze per infermità può essere compiuto soltanto tramite i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, e non, dunque, per il tramite di medici di fiducia del datore di lavoro. Così stabilisce lo Statuto dei lavoratori.

Comunicazione della malattia: come funziona?

Nel caso in cui un lavoratore dipendente si ammali, al fine di legittimare la propria assenza e, dunque, il mancato svolgimento delle mansioni - e ricevere la relativa indennità - deve comunicare tempestivamente, al datore di lavoro e all’Inps, il problema di salute. Ovviamente, la visita del medico curante deve essere tempestiva in modo da consentire di certificare la malattia nel più breve tempo ma, nel caso in cui le condizioni di salute non lo permettano, la visita può essere compiuta a domicilio.

Da alcuni anni la comunicazione all’istituto di previdenza è compiuta dal medico curante, il quale fa pervenire in via telematica il certificato medico all’Inps. Ciò vuol dire che il lavoratore è esonerato dall’invio della documentazione in forma cartacea. Ma è obbligato a controllare che il documento sia stato effettivamente trasmesso. Il dipendente, inoltre, deve domandare al medico il numero di protocollo identificativo del certificato, per renderlo noto al proprio datore - soltanto se viene richiesto.

A sua volta, l’azienda potrà visualizzare l’attestazione medica, in via diretta, dal cassetto previdenziale Inps perché sarà quest’ultimo, a sua volta, a mettere a disposizione dei datori di lavoro gli attestati di malattia ricevuti dai medici.

Ulteriori precisazioni sugli adempimenti in caso di malattia del lavoratore

Attenzione però: la spedizione dell’attestazione medica non esonera comunque il lavoratore subordinato dal dover tempestivamente rendere noto lo stato di malattia al datore o azienda. Si tratta, come abbiamo accennato in precedenza, di due distinti obblighi, perché il datore ha necessità di sapere della mancanza al più presto, onde potersi organizzare e salvaguardare la propria attività e - se del caso - sostituire l’ammalato.

Nella prassi i contratti collettivi nazionali di categoria (Ccnl) fissano termini e modalità per la comunicazione al datore la quale, in mancanza di norme di dettaglio, deve essere comunque effettuata tempestivamente anche a mezzo telefono, sms o e-mail.

Inoltre, può succedere che, per un qualche motivo, non sia possibile inviare online all’Inps la certificazione medica: pensiamo ad un problema tecnico-informatico. Ebbene, il medico in questo caso la emette in modalità cartacea al dipendente, che deve inviare entro due giorni - anche per posta - all’istituto di previdenza il certificato di diagnosi, mentre al datore farà pervenire l’attestato di malattia.

Il ruolo del Ccnl di settore: 3 esempi pratici

Chiariti gli obblighi ricorrenti in queste circostanze, se ci chiediamo quanto tempo ha, in concreto, il lavoratore per comunicare lo stato di malattia, la risposta è che il riferimento specifico si trova nel testo del contratto collettivo di riferimento, ovvero il Ccnl applicabile al proprio contratto di lavoro.

Se consideriamo ad esempio ciò che c’è scritto nel Ccnl metalmeccanici, uno dei contratti collettivi di maggior rilievo, troviamo che i dipendenti del settore metalmeccanico, se malati, devono inviare la comunicazione entro la fine del turno che avrebbero avuto nel primo giorno di assenza. Entro il secondo giorno di assenza deve essere invece inoltrato il protocollo del certificato medico.

Non rispettare l’obbligo di comunicazione significa esporsi alle conseguenze disciplinari dell’assenza ingiustificata, salvo il caso di giustificato impedimento.

Invece, per quanto riguarda i lavoratori delle aziende che applicano il Ccnl Chimica, la comunicazione di malattia deve essere inviata entro 4 ore dall’inizio dell’orario di lavoro, tranne il caso del documentato impedimento. A ciò si somma l’obbligo di comunicazione del certificato medico e lo stesso deve essere consegnato entro 3 giorni dall’inizio della mancanza dal posto di lavoro.

Nel caso del Ccnl colf e badanti, invece, in ipotesi di malattia è indicato che il lavoratore dovrà avvisare tempestivamente il datore di lavoro, tranne il caso delle cause di forza maggiore o oggettivi impedimenti, e comunque entro l’orario contrattualmente previsto per l’inizio della prestazione di lavoro. Il dipendente dovrà poi far inviare al datore di lavoro il relativo certificato medico, emesso entro il giorno posteriore all’inizio della malattia. Per i lavoratori conviventi è inoltre precisato che non è obbligatorio l’invio del certificato medico, tranne il caso in cui non sia espressamente richiesto dal datore di lavoro. Tuttavia permane l’obbligo della spedizione del certificato medico per i conviventi, nel caso in cui la malattia insorga nel corso delle ferie o in lassi di tempo in cui colf e badanti non siano presenti nell’abitazione del datore di lavoro.

Che cosa si rischia a non comunicare la malattia al proprio datore di lavoro?

Nel corso di questo articolo, abbiamo visto che - di regola - il lavoratore subordinato, non appena cade malato, deve renderlo noto al proprio datore perché quest’ultimo possa organizzare l’attività in sua mancanza. Al contempo il dipendente deve, al più presto, sottoporsi a visita medica in modo che il medico curante provveda a far pervenire il relativo certificato all’Inps in modo telematico.

Che accade dunque se detti adempimenti sono rinviati e portati a compimento non nei tempi brevi previsti dalla legge o addirittura, se non sono rispettati? Ebbene, la mancata comunicazione della malattia può determinare l’applicazione di una sanzione disciplinare. In particolare, se il contratto collettivo dettaglia l’obbligo del lavoratore di informare il datore di lavoro, la mancata comunicazione integra una violazione suscettibile di sanzione disciplinare. Tuttavia il lavoratore, in ipotesi di omessa comunicazione, può dimostrare di essersi trovato nell’impossibilità di adempiere e così evitare la sanzione disciplinare ed anche il licenziamento. Se invece ciò non accade, l’omessa comunicazione della malattia è ritenuta assenza ingiustificata e questa, se protratta per più tempo, può esser causa di licenziamento per giusta causa (vale a dire in tronco e senza preavviso).

Su questa linea si è collocata la giurisprudenza: ad es. con la sentenza n. 26465/2017 la Corte di Cassazione ha ribadito che il dipendente che risulta essere assente per malattia deve comunicare al proprio datore di lavoro le motivazioni che giustificano detta assenza, poiché si tratta di obbligo previsto dal Ccnl, la cui inosservanza può implicare il licenziamento (salva la prova del giustificato impedimento).

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