P/E, rapporto prezzo/utili: definizione, calcolo e uso

Claudia Cervi

24 Febbraio 2025 - 14:07

Cos’è il rapporto prezzo/utili (P/E)? Ecco definizione e calcolo dell’indicatore reso celebre da Benjamin Graham per valutare le azioni.

P/E, rapporto prezzo/utili: definizione, calcolo e uso

Il P/E ratio, o rapporto prezzo/utili, è uno degli indicatori più utilizzati in analisi fondamentale per valutare un’azione. Conosciuto anche come multiplo di prezzo o multiplo degli utili, il P/E ratio definisce quanto si è disposti a pagare per un’azione in base ai suoi guadagni. In sostanza, misura il rapporto tra il prezzo attuale di un’azione e l’utile che essa genera.

Reso celebre da Benjamin Graham, pioniere dell’investimento value e mentore di Warren Buffett, questo strumento offre agli investitori un’indicazione chiara sulla convenienza di investire in un’azione. Ma attenzione, il P/E può risultare limitato in determinati contesti di investimento.

In questa guida, esploreremo in dettaglio cos’è il P/E, come si calcola e come gli investitori possono sfruttare appieno questa metrica per prendere decisioni di investimento.

Cos’è il rapporto Prezzo/Utili?

Il rapporto Prezzo/Utili, conosciuto anche come Price Earnings Ratio (P/E), offre uno sguardo diretto sulla salute finanziaria di un’azienda, mostrando quanto gli investitori sono disposti a pagare per ogni euro di utile.

Questo indicatore misura il rapporto tra il prezzo di un’azione e i suoi utili per azione (EPS) e consente di valutare se un titolo è conveniente, costoso o in linea con le prospettive di crescita.

Cosa indica il P/E?

Il P/E rappresenta il termometro delle aspettative del mercato nei confronti di una società e indica quante volte il prezzo dell’azione esaminata incorpora l’utile societario.

Il P/E consente di capire se un’azienda ha il potenziale di essere un buon investimento.

Un P/E alto potrebbe significare che gli investitori sono ottimisti sulle prospettive future della società e sono disposti a pagare di più per avere il livello di utili del denominatore. In altre parole il P/E è anche una misura della fiducia del mercato nei confronti delle capacità societarie di incrementare gli stessi utili.

Tuttavia, le azioni con un P/E alto possono essere più volatili e sensibili alle variazioni nella crescita.

Mentre un P/E basso potrebbe segnalare un’opportunità di investimento, ma potrebbe anche suggerire che il mercato non ha fiducia nelle prospettive future della società o che ci sono problemi nel business.

Inoltre, il P/E ha anche un potere predittivo. Se i profitti di una società rimangono stabili e non crescono, il rapporto prezzo/utili può offrirci una stima di quanti anni ci vorranno per recuperare l’investimento iniziale per ogni azione acquistata. È come un indicatore di “rimborsabilità” nel lungo termine. Per esempio, se una società ha un rapporto prezzo/utili di 10, significa che l’investitore dovrà aspettare 10 anni per recuperare l’intero investimento a utili costanti.

Come calcolare il P/E, rapporto prezzo/utile

Come si calcola il P/E? Per calcolare il rapporto prezzo/utili si divide il prezzo di una azione societaria per l’utile per azione (EPS, earning per share).

Il primo passaggio è quello di calcolare l’EPS, con questa semplice formula:

EPS = utile netto societario/numero di azioni emesse

Una volta calcolato l’EPS possiamo passare al rapporto prezzo/utili:

P/E ratio = prezzo di ciascuna azione/EPS

Per esempio, calcoliamo il rapporto prezzo/utili di una società X che ha emesso 10.000 azioni, con un prezzo per azione di 5 euro e un utile netto negli ultimi 12 mesi pari a 5.000 euro.
Secondo le formule appena viste:

EPS = 5.000/10.000 = 0,5 euro
P/E ratio = 5 euro/0,5 euro = 10

Il P/E può essere calcolato anche in altri modi. Infatti, è possibile calcolare il P/E anche dividendo la capitalizzazione della società per i suoi utili del periodo, seguendo la formula:

P/E ratio = Capitalizzazione/Utili

Ora che sappiamo come eseguire questi calcoli, sarà più semplice decifrare il P/E ratio e utilizzarlo come una bussola preziosa per orientarsi tra le opportunità di investimento, capendo quanto il mercato sia disposto a pagare per i guadagni di una società.

Perché (e quando) usare il rapporto prezzo/utili?

Gli investitori utilizzano il rapporto prezzo/utili, o P/E, per valutare se il prezzo di un’azione è in linea con i profitti che la società è in grado di generare. In altre parole, Il P/E consente di capire se un titolo è sopravvalutato o, al contraio, se è sottovalutato e dunque rappresenta un’opportunità di investimento, soprattutto per chi punta a massimizzare il ritorno sull’investimento (ROI) acquistando azioni di società finanziariamente robuste.

Nell’ambito dei multipli di mercato, il P/E è tra quelli più utilizzati nel processo di selezione delle azioni grazie alla sua capacità di offrire una visione immediata e chiara di quanto il prezzo di un’azione sia equo.

La forza del rapporto P/E risiede nella sua capacità di rendere comparabili azioni con prezzi e utili diversi. In questo modo, facilità il confronto tra società dello stesso settore, indipendentemente dalle fluttuazioni di mercato. La sua rapidità e facilità d’uso lo rendono uno strumento efficace per individuare rapidamente le opportunità di investimento più interessanti.

Ad esempio, se confrontiamo un’azione A quotata a 30 euro e un’azione B a 20 euro, il rapporto P/E può rivelare che, nonostante A costi di più, per ogni euro di utili correnti paghiamo meno rispetto a B. In altre parole, se il P/E di A è più basso rispetto a quello di B, si dice che A è scambiata a sconto.

Tuttavia, il P/E va interpretato con saggezza, essendo solo uno degli strumenti a disposizione dell’analisi finanziaria. Una visione completa richiede di considerare diverse misure per valutare la crescita futura degli utili. In sintesi, il P/E è un alleato prezioso nella ricerca di investimenti intelligenti, ma non deve essere l’unico criterio per la scelta degli investimenti.

P/E, rapporto prezzo/utili: quanti tipi ne esistono?

A seconda del tipo di utili presi in considerazione nel calcolo del rapporto si ottengono “diversi” tipi di P/E.

  • Trailing P/E: se al denominatore consideriamo gli utili realmente conseguiti e dunque espressi nell’ultimo bilancio societario di esercizio.
  • Forward P/E: come si evince dalla terminologia utilizzata, in questo caso il rapporto prende in considerazione non gli utili conseguiti, ma quelli stimati per l’anno successivo di esercizio.
  • Cyclically Adjusted P/E: calcolato dal premio Nobel per l’economia Robert Shiller, questo rapporto prende in considerazione la media degli utili per azione su 10 anni, aggiustati per l’inflazione, in modo da depurare gli utili dall’effetto del ciclo economico.

P/E, rapporto prezzo/utili: come si usa?

Il P/E, oltre che per un titolo specifico, è ancor più utile se paragonato ad altri parametri e da questo punto di vista ne distinguiamo 3.

P/E di settore: in questo caso paragoniamo il rapporto prezzo/utili di un titolo a quello delle altre compagnie della stessa taglia e dello stesso settore; il paragone viene effettuato anche con il P/E medio dello stesso comparto preso in considerazione e in questo modo abbiamo la facoltà di capire se quel titolo è sopravvalutato o sottovalutato.
P/E relativo: in questo caso cerchiamo di capire qual è la percezione degli investitori paragonando il P/E del titolo con il suo rapporto prezzo/utili in un determinato periodo di tempo.
PEG Ratio: paragona il P/E alla crescita (futura o passata) degli utili. Un titolo con un P/E di 10 e con una crescita del 10% ha un PEG pari a 1, mentre un titolo con un P/E di 10 e una crescita del 20% ha un PEG di 0,5. In quest’ottica la seconda azienda è sottovalutata rispetto alla prima.

P/E ratio, rapporto prezzo/utili: differenze con earning yields (U/P)

L’earning yelds, in italiano rapporto U/P, ha una definizione speculare a quella del rapporto prezzo/utili, ossia P/E. In altre parole è il suo reciproco essendo esso pari a:

P/U = utile per azione (EPS)/prezzo di ciascuna azione = 1/(P/E) espresso in %

Facciamo ancora una volta un esempio pratico per capire quali sono la definizione, l’utilizzo e la modalità di calcolo di questi indicatori.

Il titolo X ha le seguenti caratteristiche:

  • Prezzo: 10 euro;
  • EPS: 0,50 euro
  • P/E: 20
  • U/P: 5%

Il titolo Y ha invece le seguenti caratteristiche:

  • Prezzo: 20
  • EPS: 2 euro
  • P/E: 10
  • U/P: 10%

Alla luce di questi dati, e ammettendo che le due società siano simili ed operino nello stesso settore, quale delle due ha un valore maggiore? La risposta più ovvia è la Y, dato che dal punto di vista valutativo ha un P/E più basso, mentre ha un U/P più alto, esattamente del 10% il che significa che per ogni euro investito nelle azioni sarà generato un EPS di 10 centesimi. Nel caso dell’azienda X, invece, per ogni euro investito avremmo un EPS di 5 centesimi.

Rispetto al P/E, il rapporto U/P, ossia l’earning yeld permette di valutare la convenienza tra un’azione e un’obbligazione ad alto rendimento.

P/E ratio, rapporto prezzo/utili: differenze con EPS

Come abbiamo già avuto modo di vedere nella sezione dedicata al calcolo del P/E, il rapporto prezzo/utili si discosta anche dall’EPS, anche se le due misure sono strettamente correlate (essendo l’utile per azione fondamentale al calcolo del P/E).

L’EPS, o utile per azione, è la misura base per capire la redditività di una società. L’utile per azione si calcola dividendo l’utile netto aziendale per il numero di azioni ordinarie emesse dalla società sul mercato. Esattamente come il rapporto prezzo/utili, anche l’EPS può essere di due tipi:

  • Basic: si calcola dividendo l’utile netto disponibile agli azionisti ordinari per la media ponderata delle azioni ordinarie emesse durante l’anno;
  • Diluted: le azioni ordinarie rappresentano una stima sulla base dell’effetto di esercizio e della possibile conversione dei titoli.

Ecco, insomma, cos’è il P/E, quale la sua definizione, il suo utilizzo, le sue modalità di calcolo e quali sono le differenze del rapporto prezzo/utili con EPS ed earning yelds.

Limiti del P/E

Il rapporto prezzo/utili, sebbene sia una guida preziosa nell’analisi finanziaria, presenta limiti che richiedono un approccio prudente da parte degli investitori.

Il suo valore potrebbe non riflettere la realtà attuale a causa della natura statica dei dati utilizzati, considerando che il prezzo delle azioni è in costante fluttuazione. Gli analisti cercano di mitigare questo problema adottando il “Trailing Price Earnings Ratio”, che incorpora gli utili dei quattro trimestri più recenti.

In secondo luogo, il P/E non considera il livello di indebitamento delle società, rendendo problematica la comparazione tra aziende con diverse leve finanziarie. Per superare questa sfida, gli analisti ricorrono all’“Enteprise Value/Net income” (EV/NI), che incorpora la capitalizzazione di mercato e i debiti finanziari.

Inoltre, il P/E non tiene conto di profitti straordinari che potrebbero distorcere la valutazione prospettica della società. Per mitigare questo rischio, alcuni preferiscono utilizzare l’Ebit (Risultato operativo prima degli interessi e delle tasse) come denominatore, offrendo una visione più accurata del reddito operativo. La metrica più indicativa, quindi, potrebbe essere il trailing Enterprise Value/Ebit, che consente una valutazione più equa e comparabile tra società con diverse leve debitorie, minimizzando gli impatti di profitti non ricorrenti.

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