Pensione con 5 anni di anticipo fino al 2025, le novità del Decreto Lavoro

Ilena D’Errico

16 Aprile 2023 - 23:24

Il Decreto Lavoro dovrebbe prorogare la norma sperimentale riguardo agli accordi per il pensionamento, quindi fino al 2025 dovrebbe essere possibile andare in pensione con 5 anni d’anticipo.

Pensione con 5 anni di anticipo fino al 2025, le novità del Decreto Lavoro

I contratti di espansione in vigore ancora per quest’anno prevedono uno strumento aggiuntivo per accedere al prepensionamento. Strumento che dovrebbe essere prorogato almeno fino al 2025, secondo la bozza del Decreto Lavoro, permettendo così a diverse persone di andare in pensione 5 anni prima.

Non dovrebbero comunque cambiare gli aspetti fondamentali di questa via d’accesso al prepensionamento, per cui i requisiti e le modalità rimarranno le medesime. La proroga dovrebbe quindi favorire tutti coloro in possesso dei requisiti, ma agisce anche in senso più ampio, favorendo il ricambio generazionale attraverso uno specifico meccanismo di assunzioni.

In particolare, questa modalità di prepensionamento consente ai lavoratori che hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata (che si ricordano essere pari a 42 anni e 10 mesi per i lavoratori e 41 anni e 10 mesi per le lavoratrici) di accedere al prepensionamento sulla base degli accordi aziendali. In riferimento alle imprese con più di 50 dipendenti, quindi, i lavoratori idonei potranno usufruire della pensione 5 anni prima del previsto, senza necessitare più di specifici accordi individuali.

Pensione fino a 5 anni prima, ecco cosa prevede il nuovo Decreto Lavoro

In base alla bozza del nuovo Decreto Lavoro, il contratto di espansione dovrebbe essere prorogato fino al 2025, consentendo nel frattempo di assolvere due importanti obiettivi di importanza collettiva:

  • La riconversione produttiva;
  • il ricambio generazionale.

Oltre al pensionamento in anticipo, infatti, si prevede l’assunzione di almeno un lavoratore per ogni tre persone che ne usufruiscono. A prima vista sembrerebbe quindi una modalità in grado di apportare soltanto vantaggi, ma non è proprio così se si considera l’onere a carico delle aziende.

La pensione fino a 5 anni prima di cui possono usufruire alcuni lavoratori, infatti, non è propriamente un assegno pensionistico (anche se assolve alla medesima funzionalità), bensì un’indennità sì pagata dall’Inps ma a carico proprio del datore di lavoro. È dunque previsto un significativo impegno per le aziende, che comunque potranno beneficiare di questa modalità, ad esempio in caso di importanti ristrutturazioni. Non meno sottovalutabile è l’onere a carico dello Stato, per via dei minori versamenti contributivi correlati all’erogazione della Naspi.

Chi può andare in pensione 5 anni prima?

A prescindere dall’imminente proroga, i lavoratori devono rigidamente rispettare i requisiti indicati per ottenere l’indennità. Per i lavoratori non ancora in possesso dei criteri contributivi, si prevede però una riduzione d’orario. In sintesi, i lavoratori potranno beneficiare di una riduzione d’orario fino al 30% (che può arrivare fino al 100% per il singolo), ottenendo comunque il riconoscimento della prestazione a carico del bilancio pubblico per un massimo di 18 mesi. Secondo le stime attuate, sono circa 82.000 i possibili beneficiari della riduzione d’orario, contro i 17.400 lavoratori coinvolti nella decorrenza della pensione entro 5 anni.

Mentre questa parte del contratto di espansione riguarda le imprese con almeno 50 dipendenti, limitatamente alle imprese con almeno 1000 dipendenti si prevede anche un’alternativa, nel dettaglio l’isopensione. Quest’ultima, sempre su base degli accordi aziendali, dovrebbe favorire il ricambio del personale e prevede il versamento dei contributi per il periodo di riferimento. Si tratta di una modalità quindi estremamente onerosa per le aziende, anche perché il periodo di riferimento può essere esteso fino a 7 anni anziché 5.

Nel complesso, si tratta di interventi volti all’ottimizzazione delle attività lavorative, incentivando le nuove assunzioni a fronte delle uscite dovute al prepensionamento. Con innegabili benefici per i lavoratori che hanno diritto all’uscita anticipata, quindi, il nuovo Decreto Lavoro dovrebbe soddisfare necessità di importanza pubblica.

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