Nell’ambito della riforma delle pensioni ci si interroga sul futuro di Opzione Donna: la misura sperimentale nel 2020 dovrebbe essere prorogata ancora di un anno, ma prima o poi è destinata a sparire.
Tra le novità più attese sul fronte pensioni per il 2020 c’è la proroga di Opzione Donna, misura sperimentale introdotta inizialmente dalla Legge Maroni 243/04 per poi essere ripresa dalla Legge Fornero del 2011 e dalla Legge di Bilancio 2017.
C’è voluta l’ultima manovra finanziaria per il 2019 però a confermare Opzione Donna per un altro anno, limitandone però l’accesso a coloro che ne hanno maturato i requisiti - sia anagrafici che contributivi (35 anni) - entro il 31 dicembre 2018.
Con la riforma delle pensioni attuata con il decreto 4/2019, quindi, Opzione Donna è stata prorogata solamente per un anno, con la promessa del Governo affinché venga fatto altrettanto con la prossima Legge di Bilancio.
Le lavoratrici escluse dalla possibilità di accedere ad Opzione Donna già da quest’anno, quindi, attendono con ansia le trattative sulla prossima manovra finanziaria così da capire se le promesse fatte dal Governo - specialmente da Di Maio - saranno o meno confermate dai fatti. Ma cosa chiedono le lavoratrici per Opzione Donna e cosa ci aspetta per il prossimo anno? Ecco qual è lo scenario più plausibile al momento.
Pensione con Opzione Donna: a chi si rivolge nel 2019
Con il decreto 4/2019 è stata riconosciuta la possibilità di accedere ad Opzione Donna alle lavoratrici nate entro il 1960 (se dipendenti) o 1959 (se autonome); questo perché per accedere ad Opzione Donna anticipando di molti anni la pensione è necessario aver compiuto i 58 anni (dipendenti) o i 59 anni (autonome) di età entro la data del 31 dicembre 2018.
Nonostante le promesse iniziali, quindi, sono state escluse le classe 1961 (dipendenti) e 1960 (autonome) che hanno raggiunto i requisiti per Opzione Donna nell’anno in corso.
È a queste che si sono rivolte le rassicurazioni di Di Maio e degli altri rappresentanti di Governo, i quali hanno promesso che quest’anno ci sarà una nuova proroga di Opzione Donna con la quale anche a loro verrà concessa una strada per il pensionamento anticipato.
Pensione con Opzione Donna: cosa ci attende nel 2020 e per gli anni avvenire
Qualora il Governo dovesse mantenere gli impegni presi, nel 2020 ci dovrebbe essere un’ulteriore conferma di Opzione Donna sulla stessa falsariga della proroga attuata con l’ultima riforma delle pensioni. Quindi i requisiti resteranno inalterati, ossia 58 e 59 anni di età a seconda della categoria di appartenenza (se autonome o dipendenti) e 35 anni di contribuzione.
Questi requisiti, però, dovranno essere maturati entro il 31 dicembre 2019; appare molto improbabile, infatti, che il Governo possa estendere Opzione Donna per ulteriori due anni, se non altro perché bisognerà rispettare i paletti imposti dall’UE.
Non bisogna dimenticare poi che indipendentemente dalle promesse è inevitabile che Opzione Donna sia una misura destinata a sparire. Il vantaggio per le casse dello Stato, infatti, è dato dal fatto che per accedere anticipatamente alla pensione le lavoratrici devono accettare un ricalcolo dell’assegno che avviene interamente con il sistema contributivo (anche per la parte che normalmente sarebbe stata calcolata con il retributivo).
Per queste c’è una penalizzazione che a seconda della posizione contributiva può arrivare anche al 40%, tutto a vantaggio dello Stato che può risparmiare sulla pensione (che viene erogata per più anni ma per un importo minore); è con questo meccanismo che è stato possibile contenere i costi di Opzione Donna ed è per questo motivo che nonostante i vincoli di bilancio ci sentiamo di dire - anche in base alle indiscrezioni raccolte - che il Governo dovrebbe mantenere gli impegni presi confermando questa misura per un altro anno, e poi si vedrà.
Opzione Donna quindi dovrebbe restare una misura sperimentale con le lavoratrici che al massimo potranno sperare di volta in volta in una proroga annuale; ci sarà un giorno, infatti, dove per la maggior parte delle lavoratrici l’assegno sarà già calcolato di per sé con il sistema contributivo (che ricordiamo si applica per i contributi versati dopo il 1° gennaio 1996) e di conseguenza per lo Stato non ci sarebbe più alcuna convenienza nel far anticipare la pensione.
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