Iniziare a lavorare molto presto favorisce l’accesso alla pensione. Ecco chi può andarci in anticipo avendo dei contributi maturati da minorenne.
Chi inizia a lavorare da minorenne, o comunque a cavallo con la maggiore età, va prima in pensione.
D’altronde, le regole sull’età lavorativa in Italia permettono anche di lavorare prima del compimento dei 19 anni. Oggi a fissare l’età minima per l’ammissione al lavoro è la legge n. 296 del 2005, dove all’articolo 1, comma 622, viene detto che l’età non può essere inferiore ai 16 anni, o comunque 15 anni nell’ambito dell’ex alternanza scuola lavoro (oggi chiamata percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, la cosiddetta PCTO).
Prima di questa disposizione fu la legge n. 977 (recante disposizioni per la tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti) a stabilire l’età minima per lavorare da minorenni, fissandola a 15 anni.
Dunque, è possibile che al compimento dei 18 anni una persona abbia già maturato dei contributi utili alla pensione. A tal proposito, la legge riconosce a chi ha iniziato a lavorare da molto giovane la possibilità di andare in pensione in anticipo rispetto a quanto richiesto per la pensione di vecchiaia e per quella anticipata.
Esiste infatti una misura rivolta a coloro che prima del compimento dei 19 anni possono vantare almeno 12 mesi di contribuzione. A conti fatti, quindi, bisogna aver iniziato appena prima della maggiore età per poter beneficiare di una tale “agevolazione”.
Nel dettaglio, si tratta di Quota 41, misura che da tempo il governo vorrebbe estendere a ogni lavoratore ma che oggi è riservata ai cosiddetti lavoratori precoci, appunto coloro che avendo iniziato a lavorare da giovani raggiungono il suddetto requisito contributivo. A questi viene così consentito di andare in pensione a qualsiasi età a patto di aver raggiunto 41 anni di contributi.
Ma attenzione perché non vale per tutti i precoci. Non solo, infatti, questi devono appartenere a una delle categorie che necessitano di una maggior tutela: al tempo stesso è richiesto che abbiano maturato almeno un contributo settimanale entro il 1996.
Di fatto, questa misura si rivolge al massimo a chi è nato entro gli anni ‘80.
Quota 41, non basta aver iniziato a lavorare prima dei 19 anni
Come anticipato, chi ha iniziato a lavorare da molto giovane, maturando almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni, può andare in pensione con 41 anni di contributi, quindi di fatto 1 anno e 10 mesi prima rispetto a quanto richiesto per la pensione anticipata.
Ma non basta. Allo stesso tempo bisogna far parte di almeno una tra le seguenti categorie:
- disoccupati, per cause non dipendenti dalla propria volontà, che da almeno 3 mesi hanno cessato di percepire la Naspi;
- invalidi con percentuale pari o superiore al 74%;
- caregiver, ossia coloro che assistono da almeno 6 mesi, il coniuge, un parente di primo grado convivente, con handicap. Vale anche per chi assiste un parente o un affine di secondo grado convivente ma solo nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
- hanno svolto attività particolarmente faticose e pesanti, o meglio attività usuranti di cui al decreto del ministero del Lavoro e della previdenza sociale del 19 maggio 1999, come pure gli addetti alla linea catena, i lavoratori notturni, i conducenti di veicoli con capienza complessiva non inferiore a 9 posti adibiti al trasporto collettivo.
- hanno svolto attività gravose per almeno 7 anni negli ultimi 10, oppure per almeno 6 anni negli ultimi 7. Si tratta di quelle professioni che rientrano nel seguente elenco:
- operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
- conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
- conciatori di pelli e di pellicce;
- conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
- conduttori di mezzi pesanti e camion;
- personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
- addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
- insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido;
- facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati;
- personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
- operatori ecologici ed altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
- operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca;
- pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;
- lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del d.lgs.67/2011;
- marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne.
Basta soddisfare almeno uno tra i suddetti requisiti per poter andare in pensione con 41 anni di contributi. E se ci concentriamo sulla prima categoria, notiamo come Quota 41 potrebbe rappresentare una soluzione per smettere di lavorare persino 2 anni prima dal raggiungimento dei 41 anni di contributi. Come? Potrebbe esserci un accordo con l’azienda che per favorire il ricambio generazionale procede al licenziamento del dipendente così che questo possa percepire 2 anni di indennità di disoccupazione (con relativo versamento dei contributi), al termine dei quali (decorsi altri 3 mesi) si potrà fare domanda di pensionamento.
Quota 41 precoci, altri aspetti da sapere
Prima di concludere ci sono altri aspetti sui quali fare chiarezza. Ad esempio, per l’accesso a Quota 41 serve che almeno un contributo settimanale ricada nel regime retributivo, quindi prima dell’1 gennaio 1996.
Dopodiché è bene sapere che dal raggiungimento dei 41 anni di contributi alla liquidazione dell’assegno trascorre qualche mese. Quota 41, infatti, prevede una finestra mobile di 3 mesi. Solo trascorso questo lasso di tempo l’Inps effettua il primo pagamento della pensione.
L’agevolazione per chi non ha contributi maturati entro l’1 gennaio 1996
Va detto però che per coloro che hanno iniziato a lavorare da minorenni ma dopo il 1996, rientrando quindi interamente nel sistema di calcolo contributivo dell’assegno, è prevista una diversa agevolazione.
Come stabilito ai sensi dell’articolo 1, comma 7, della legge n. 335 del 1995, la contribuzione accreditata per i periodi lavorati precedenti al compimento dei 18 anni di età, infatti, viene moltiplicata per 1,5, con tutti i vantaggi del caso.
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