Ecco come viene ripartita la pensione di reversibilità se sono presenti due o più mogli.
Il coniuge superstite è uno dei principali beneficiari della pensione di reversibilità, perlomeno quando rientra nei requisiti previsti. La legge, tuttavia, estende questo diritto anche al coniuge separato o divorziato, pertanto se il defunto si era risposato può nascere il concorso tra più beneficiari.
Bisogna quindi comprendere quando anche l’ex coniuge ha diritto alla reversibilità e quanto spetta a ciascuna moglie. Naturalmente, la pensione di reversibilità spetta anche al vedovo e all’ex marito, a parità di condizioni, quando a morire è la lavoratrice o pensionata.
Semplificando, però, ci si rivolge per di più alle mogli come beneficiarie di questa misura, non soltanto per via dell’aspettativa di vita più elevata ma anche perché più spesso in condizioni economiche di fragilità in assenza del reddito del marito (o ex marito). Le regole, in ogni caso, sono le stesse.
Quando spetta la reversibilità all’ex moglie
La legge riconosce la pensione di reversibilità anche alla moglie separata o divorziata, in quest’ultimo caso a patto di non essersi risposata e purché titolare di un assegno divorzile. La reversibilità corrisponde infatti a un trattamento solidaristico, necessario a garantire la continuità e la stabilità economica. Così come la moglie superstite ha diritto alla pensione del defunto soltanto entro certi limiti reddituali, presumendosi comunque fiscalmente a carico del defunto, l’ex moglie è destinataria della misura solamente quando subisce una riduzione del reddito a seguito del decesso.
La reversibilità è in ogni caso sempre negata all’ex moglie cui sia stata addebitata la separazione oppure non titolare di un assegno divorzile. Il riconoscimento della pensione di reversibilità all’ex coniuge, inoltre, può avvenire soltanto se il rapporto maturato dal defunto è stato conseguito prima della sentenza di divorzio (oppure omologazione dell’accordo).
Quanto spetta a ciascuna moglie
La quota di reversibilità spettante al coniuge corrisponde di norma al 60%, percentuale che resta invariata anche in presenza di figli aventi diritto al trattamento, cui viene riconosciuta una parte inferiore del beneficio. Come anticipato, il coniuge (finché non convola a nuove nozze), il coniuge separato senza addebito e l’ex coniuge divorziato titolare di assegno sono equiparati da questo punto di vista.
Se però sono presenti al contempo più mogli che rientrano nella stessa categoria di beneficiari non è possibile individuare a priori le quote spettanti loro. In questo caso, la quota della moglie può essere ridotta per riuscire a rispettare il diritto di ogni beneficiario. Il criterio più importante per la ripartizione proviene dalla legge sul divorzio (legge n. 898/1970), che impone al giudice di tenere conto della durata del matrimonio per ripartire la reversibilità.
Si può quindi chiarire che non c’è alcun ordine di priorità prestabilito. La prima moglie non ha necessariamente più diritti delle successive, così come la vedova non gode di maggiore considerazione rispetto all’altra ormai divorziata. Data la natura solidaristica del beneficio, tuttavia, c’è una vasta e consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione che invita a non limitarsi alla durata del rapporto. Nel dettaglio, il tribunale deve anche considerare i seguenti elementi:
- stato di bisogno delle mogli alla data di morte del pensionato/lavoratore;
- importo dell’assegno divorzile riconosciuto all’ex coniuge;
- durata della convivenza prematrimoniale;
- legame affettivo tra le richiedenti e il defunto.
Per via di quest’ultimo elemento, la seconda moglie ha di solito diritto a una quota maggiore rispetto alla prima, soprattutto quando è trascorso diverso tempo dal divorzio. Non si tratta però di una regola, visto che la situazione potrebbe benissimo ribaltarsi se quello con la seconda moglie è stato un matrimonio molto breve.
La ripartizione deve comunque avvenire in via giudiziale, dietro richiesta di uno o più beneficiari. La giurisprudenza è ricca di esempi sul punto, senza una tendenza specifica nella ripartizione. A titolo esemplificativo, l’ordinanza n.7623/2022 ha riconosciuto soltanto il 20% alla prima moglie e ben l’80% alla seconda, mentre in altre occasioni la quota della seconda moglie è stata ridotta persino al 5%.
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