Pensioni, allerta Coronavirus: gli anziani rischiano di non essere curati

Antonio Cosenza

09/03/2020

Pensionati, il Coronavirus rischia di paralizzare la sanità pubblica: in quel caso chi è più anziano potrebbe restare fuori dalla terapia intensiva.

Pensioni, allerta Coronavirus: gli anziani rischiano di non essere curati

Pensioni e Coronavirus: stanno facendo molto discutere le dichiarazioni rilasciate dalla SIAARTI (Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva) riguardo alla possibilità che un ricovero in terapia intensiva possa essere precluso ad un anziano o a qualsiasi altra persona con scarse aspettative di vita.

Ma d’altronde sono settimane che lo ripetiamo: per chi è in età da pensione i rischi da Coronavirus sono molto elevati ed è per questo che ogni cittadino dovrebbe attenersi a quanto disposto dal Governo così da limitare il più possibile i contagi ed evitare l’aggravarsi di un’emergenza sanitaria che potrebbe avere ripercussioni drammatiche per l’intero SSN.

Oltre ad essere maggiormente esposti alle complicazioni date dal Covid-19, infatti, i pensionati rischiano di essere anche penalizzati nella lista di precedenze che porta alla terapia intensiva. Non è più un segreto, infatti, che nel caso in cui i reparti di terapia intensiva dovessero risultare saturi, la precedenza verrebbe data a coloro che presentano la maggior speranza di vita.

Pensionati, allarme Coronavirus: quando potrebbero non essere curati

Lo scenario peggiore a cui il Governo non vuole arrivare è quello di reparti di terapia intensiva con la scritta “tutto esaurito”. Ecco perché la messa a punto di misure di contenimento dei contagi, così da evitare che l’ospedale si trovi di fronte alla difficile scelta riguardo a quale paziente curare.

Ma nel caso in cui questa scelta si riveli necessaria, allora il personale sanitario saprebbe già come e cosa scegliere. A fornire la risposta - inquietante, ma allo stesso tempo realistica - è la SIIARTI, società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva, che nella giornata di ieri ha emanato un documento contenente i 15 criteri da utilizzare nel caso in cui si debba decidere in situazioni al limite.

Nel documento - denominato “raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili” - si legge che in alcune situazioni, che il Governo spera di evitare, c’è il rischio che per prendere un’importante decisione non siano più sufficienti i riferimenti abituali della “appropriatezza clinica” e della “proporzionalità delle cure” e per questo motivo potrebbe essere necessario ricorrere ad un “criterio il più possibile condiviso di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie obbligatorie”.

Questa disposizione ci dice che in caso di maxiemergenza, con i reparti di terapia intensiva pieni, bisognerebbe garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico.

Ciò significa che per chi è in età da pensione, ma anche per malati cronici, l’accesso alle cure intensive potrebbe essere precluso, visto che questi si vedrebbero precedere da coloro che sono più giovani e con delle aspettative di vita più elevate. Non vale più, quindi, il principio del “first come, first served”, ossia del “si assiste il primo che arriva”, visto che prima di scegliere chi curare in terapia intensiva bisognerà effettuare una valutazione complessa che tiene conto di vari fattori, come ad esempio l’età.

Tant’è che - come si legge chiaramente nella documentazione - potrebbe essere necessario porre un “limite di età” all’ingresso in terapia intensiva. E se consideriamo che già oggi l’età media dei morti da Coronavirus è pari a 81 anni, pensiamo a cosa potrebbe succedere nel caso in cui la maggior parte degli ospedali italiani dovessero essere costretti ad attuare queste disposizioni.

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