Via libera al confronto per la nuova riforma delle pensioni: si punta a trovare un accordo con i sindacati entro la primavera 2023. Obiettivo: superare la legge Fornero.
Nel 2023 verrà ufficializzata una nuova riforma delle pensioni con decorrenza nel 2024: a confermarlo la ministra del Lavoro, Marina Calderone, annunciando un primo confronto con i sindacati che si terrà il 19 gennaio prossimo.
La ministra ne aveva data notizia nel corso dell’audizione al Senato a cui ha preso parte a metà dicembre scorso, annunciando una revisione del sistema pensionistico nel segno della “solidarietà e della sostenibilità per le future generazioni”. Intenzione confermata in una recente intervista rilasciata a La Stampa, dove ha spiegato che i confronti con sindacati e associazioni datoriali prenderanno il via a gennaio, il 19 per l’esattezza.
L’obiettivo è “rendere più organica tutta la disciplina”, così da dare certezze ai lavoratori i quali hanno diritto di sapere con largo anticipo quali sono requisiti e condizioni per andare in pensione. Ad esempio, oggi si sa cosa serve per andarci nel 2023, ma per il 2024 - vista la scadenza di Quota 103, per cui la manovra prevede solamente 12 mesi di validità - ci sono più dubbi.
Servirà quindi procedere, a differenza di quanto fatto in passato con la previsione di misure di durata estemporanea, con una riforma strutturale delle pensioni, con un obiettivo chiaro: superare la riforma Fornero.
Anche se Calderone non ne parla espressamente, infatti, l’intento della maggioranza è chiaro: rivedere le regole di accesso al pensionamento come fissate nel lontano 2011, come tra l’altro confermato dal sottosegretario all’Economia, Federico Freni, qualche giorno fa.
Riforma delle pensioni, il governo Meloni vuole ufficializzarla nel 2023
Per il 2023 le novità sul fronte pensioni non sono molte e in alcuni casi, vedi Opzione donna, le modifiche attuate sono riuscite a peggiorare quanto previsto in passato.
Questo perché il governo non aveva molto tempo per realizzare la legge di Bilancio 2023 e, viste le poche risorse a disposizione, non è stato semplice trovare una quadra. Per questo motivo la maggioranza si è data 12 mesi di tempo per riflettere su come riformare il sistema pensionistico, consentendo nel frattempo il pensionamento con 41 anni di contributi a tutti coloro che hanno compiuto i 62 anni di età (con la cosiddetta Quota 103).
Nel frattempo si cercherà di raggiungere un obiettivo su cui gli ultimi governi hanno fallito: sottoscrivere un accordo con sindacati e associazioni datoriali in merito alla riforma delle pensioni da attuare da gennaio 2024.
Sia il governo Conte che il governo Draghi, infatti, avevano annunciato di voler avviare un tavolo di confronto con l’obiettivo di trovare una quadra per la riforma delle pensioni, salvo poi non mantenere la promessa a causa di alcuni eventi, drammatici e improvvisi, che hanno cambiato le carte in tavola: la pandemia nel governo Conte (bis), la guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica nel governo Draghi.
Adesso il governo Meloni ci riprova, fissando un primo incontro a gennaio e avviando così un percorso che si spera possa portare a un accordo già nel mese di aprile, in tempo per la presentazione del Def, o al massimo entro settembre (prima quindi della nota di aggiornamento al Def).
Quota 41 per tutti così da superare la legge Fornero
L’obiettivo prioritario è ragionare sulla possibilità che possano essere rivisti i requisiti per il pensionamento come riformati nel 2011 dalla legge Fornero. In particolare, i sindacati chiedono:
- di consentire l’accesso alla pensione già a 62 anni, rispetto ai 67 anni oggi richiesti dalla pensione di vecchiaia;
- di abbassare il requisito contributivo oggi richiesto per la pensione anticipata, portandolo dagli attuali 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne) a 41 anni per tutti, estendendo quindi la platea di coloro che possono accedere alla cosiddetta Quota 41.
Se per il primo punto sarà molto difficile trovare un accordo, il governo sembra essere invece favorevole al secondo, in quanto l’obiettivo - come confermato dal sottosegretario Federico Freni - è di autorizzare Quota 41 per tutti entro la fine della legislatura, già nel 2024 se dovessero esserci le risorse. Non sarà semplice, anche perché secondo le più recenti simulazioni Quota 41 nel 2024 costerebbe circa 3 miliardi di euro nel biennio.
E Opzione donna?
Altro tema caldo riguarda Opzione donna, prorogata dalla legge di Bilancio 2023 ma con una serie di paletti che ne limitano l’accesso a una platea ristretta.
Di fatto, a poter accedere alla misura saranno solamente invalide, caregiver (ossia chi assiste una persona disabile da almeno 6 mesi) e lavoratrici licenziate da imprese in crisi. Per le altre l’accesso a Opzione donna sarà consentito solamente se ne hanno raggiunto i requisiti precedentemente previsti entro la data del 31 dicembre 2021.
Ebbene, con la riforma bisognerà decidere cosa fare di Opzione donna: continuare con una platea ridotta, oppure estendere nuovamente la platea di coloro che ne possono accedere? La ministra Calderone ha assicurato che nel 2023 il governo si prende l’impegno “a lavorare anche su questo fronte”, valutando se c’è spazio per una proroga di Opzione donna con gli stessi requisiti previsti in passato.
Le altre priorità della riforma delle pensioni
Ci sono però altri tre temi su cui si concentreranno le discussioni sulla riforma delle pensioni:
- pensione di garanzia, poiché - come spiegato da Giorgia Meloni nel discorso d’insediamento alle Camere - servirà tutelare i contributivi puri che rischiano di andare in pensione con un assegno d’importo molto basso, non sufficiente per far fronte alle spese mensili;
- aumento delle pensioni minime, arrivate a 600 euro nel 2023 ma solo per chi ha compiuto i 75 anni. L’obiettivo di Forza Italia è di salire fino a 1.000 euro entro la fine della legislatura, quindi per il 2024 bisognerà fare uno step ulteriore verso questa direzione;
- investimenti per rendere più agevole il coordinamento tra primo e secondo pilastro, incentivando l’accesso alle forme di previdenza complementare su cui l’Italia è ancora molto indietro rispetto agli altri Paesi Ue.
© RIPRODUZIONE RISERVATA