Pensioni, arriva il taglio del Tfr per anticipare le uscite

Simone Micocci

14/08/2024

Andare in pensione a 64 anni destinando una quota del Tfr al fondo pensione. Ecco la nuova proposta della Lega per la riforma delle pensioni. Ma funzionerà davvero?

Pensioni, arriva il taglio del Tfr per anticipare le uscite

Il governo Meloni è alla ricerca di idee, anche innovative, per finanziare la riforma delle pensioni e andare incontro a chi nei prossimi anni rischia di doverci andare sempre più tardi e con un assegno basso.

Il problema, come più volte noi di Money.it abbiamo sottolineato, è che purtroppo con l’introduzione del sistema di calcolo contributivo non si può fare affidamento solamente sulla pensione erogata dall’Inps: serve che ogni lavoratore prenda coscienza del fatto che con le “nuove” regole di calcolo esiste il rischio concreto di ritrovarsi con una pensione molto più bassa rispetto all’ultimo stipendio, e pertanto valuti l’iscrizione a un fondo pensione così da garantirsi una seconda entrata mensile.

Tuttavia, sono ancora molto pochi i lavoratori che hanno aderito a un fondo pensione. È vero che non tutti hanno la possibilità di farsi carico di un tale investimento, ma va detto che una soluzione potrebbe essere quella di destinarvi il Tfr (conosciuta anche come liquidazione) anziché lasciarlo in azienda.

E da qui nasce la proposta della Lega, raccontata dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, il quale al QuotidianoNazionale ha spiegato che si sta lavorando per “ridurre” il Tfr lasciato in azienda destinandone una piccola parte a un fondo per la pensione.

Arriva il taglio del Tfr per finanziare la pensione futura

Dove non arriva il cittadino arriva lo Stato. Sembra essere questo in sintesi il principio che muove la proposta della Lega di destinare una quota obbligatoria del Tfr alla previdenza complementare di categoria o ai fondi pensione aperti.

Nel dettaglio si sta ragionando su un 25%, importo che secondo Durigon dovrebbe essere sufficiente per integrare la pensione così da riconoscere non solo una maggiorazione dell’assegno ma consentendo anche di smettere di lavorare in anticipo (di seguito vi spiegheremo come).

Una proposta necessaria secondo il sottosegretario al Lavoro, il quale è spaventato dalla prospettiva di “pensioni fragili o addirittura povere e lontane nel tempo, soprattutto per i giovani”. Le ragioni di questi scenari sono cosa nota: si va dalla discontinuità lavorativa ai salari bassi, senza però dimenticare - aggiungiamo noi - le regole per il calcolo della pensione che non valorizzano in maniera adeguata i contributi versati durante gli anni di lavoro.

Come anticipato, la quota di Tfr che si potrebbe girare al fondo pensione è stata individuata in un 25%, per quanto per darne l’ufficialità Durigon vuole prima confrontarsi con sindacati e imprese. Anche perché non è detto che quest’ultime siano d’accordo, in quanto specialmente per le piccole imprese “il Tfr rappresenta una fonte di liquidità”.

Non solo pensione più alta, si smette di lavorare prima

Oggi, come vi spieghiamo in maniera più approfondita nel nostro corso dedicato alla pianificazione delle pensioni, si va in pensione all’età di 67 anni e con 20 anni di contributi. Tuttavia chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, rientrando interamente nel sistema contributivo, può andarci anche a 64 anni, e sempre con 20 anni di contributi, ma a patto di aver maturato un assegno almeno pari ad almeno 3 volte il valore dell’Assegno sociale, quindi 1.605 euro lordi stando ai valori attuali.

Ci sono però delle eccezioni per le donne con figli, le quali possono smettere di lavorare a 64 anni anche con un assegno pari a 2,8 (per chi ha un figlio) e 2,6 volte (per chi ne ha almeno due) l’Assegno sociale, quindi rispettivamente di 1.498 euro e 1.391 euro.

Tuttavia, raggiungere questo requisito economico non è semplice, specialmente dopo soli 20 anni di lavoro. Come abbiamo già avuto modo di spiegare, infatti, assicurarsi una pensione di 1.600 euro lordi non è semplice quando l’assegno viene calcolato interamente con il sistema di calcolo contributivo. Anche perché nella valutazione del requisito economico si tiene conto solamente della pensione liquidata dall’Inps.

Questo però è un aspetto che il governo conta di modificare, come confermato da Durigon:

La futura pensione integrativa si potrà sommare a quella maturata nel sistema pubblico anche per poter raggiungere il requisito dei 1.600 euro mensili (3 volte l’assegno sociale) per uscire a 64 anni.

Di fatto, se la somma tra pensione erogata dall’Inps e quanto erogato dal fondo pensione supera di 3 volte l’Assegno sociale, allora si potrà andare in pensione con 3 anni di anticipo.

Quanto spetta in più con il 25% del Tfr destinato un fondo pensione?

Ma di fatto, la proposta di Durigon, quanto permetterebbe di guadagnare in più? In realtà molto poco, il che fa dubitare rispetto alla bontà della proposta. Se non altro perché difficilmente il 25% servirà a compensare quella differenza che c’è tra ultimo stipendio e pensione, così come non dovrebbe essere sufficiente per far sì che venga raggiunto il requisito economico per la pensione anticipata contributiva a 64 anni.

Pensiamo ad esempio a un lavoratore con stipendio medio di 30.000 euro, che quindi per ogni anno di lavoro ha maturato circa 2.200 euro di Tfr. Consideriamo una carriera trentennale: si sarà garantito una quota di Tfr di 66.000 euro, di cui il 25% ammonta a 16.500 euro.

Questo importo in un fondo pensione, quanto rende? Abbiamo fatto diverse simulazioni e per quanto i risultati non sempre combaciano (ricordiamo che il calcolo della rendita riconosciuta da un fondo pensione dipende da diverse varianti, come la durata dell’investimento e il livello di rischio) tutti ci dicono che si tratta di importi molto bassi, nell’ordine dei 1.000 euro lordi l’anno. Sono circa 90 euro al mese, soldi che appunto non spostano di molto l’asticella.

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