Il bonus Maroni rivolto a chi ritarda l’accesso alla pensione viene confermato anche nel 2024. Vantaggi per chi all’età di 62 anni ha maturato almeno 41 anni di contributi.
Si va ormai definendo la riforma delle pensioni che verrà approvata con la legge di Bilancio 2024.
Dopo la conferma ormai scontata di Quota 103 per un altro anno, arriva anche quella per il cosiddetto “bonus Maroni”, l’incentivo in busta paga per coloro che pur soddisfando i requisiti per andare in pensione in anticipo decidono di continuare a lavorare.
Proprio nei giorni scorsi l’Inps ha pubblicato una circolare con cui illustra il funzionamento di una misura che non rappresenta una vera e propria novità per il sistema pensionistico italiano: d’altronde nel presentarla, a margine dell’approvazione della legge di Bilancio 2023, il ministro dell’Economia e delle Finanze - Giancarlo Giorgetti - sottolineò che la paternità di questa misura era da attribuire all’appena scomparso Bobo Maroni.
Questo, infatti, introdusse il bonus dal 2004 al 2007 con l’obiettivo di contenere la spesa pensionistica: per disincentivare i pensionamenti anticipati, infatti, veniva data la possibilità ai lavoratori dipendenti di continuare a esercitare la loro attività godendo di un bonus in busta paga a costo zero - o quasi - per lo Stato. Del “costo” del bonus, infatti, se ne fa carico il dipendente, in quanto i soldi dell’aumento non sono altro che un mancato accredito del suo montante contributivo.
Cos’è il bonus busta paga per chi ritarda l’accesso a Quota 103
Con l’ultima manovra il governo ha introdotto una nuova misura di flessibilità: Quota 103, con la quale andare in pensione all’età di 62 anni a patto di aver maturato almeno 41 anni di contributi.
Allo stesso tempo, per contenere le uscite ha previsto una misura parallela: un bonus che in parte ricalca quello introdotto da Maroni nel 2004, che aumenta l’importo della busta paga di coloro che scelgono di restare al lavoro pur soddisfando i suddetti requisiti.
Nel dettaglio, questo prevede che la quota contributiva che il dipendente avrebbe dovuto versare all’Inps - pari al 9,19% dello stipendio lordo nel privato, 8,80% nel pubblico - venga riconosciuta direttamente al lavoratore.
Ad esempio, su uno stipendio di 2.800 euro lordi mensili ne risulterebbe un risparmio di 257 euro (nel settore privato), cifra che - una volta applicata l’Irpef - entrerà direttamente nelle tasche del dipendente.
Tuttavia, il fatto che il versamento contributivo è inferiore a quello dovuto avrà ripercussioni sulla pensione futura. Il montante contributivo è infatti più basso di quello che effettivamente sarebbe dovuto essere e di conseguenza anche l’assegno avrà un importo inferiore. Tuttavia, quanto si perde di pensione è comunque inferiore rispetto all’aumento della busta paga, quindi nella maggior parte dei casi - ma consigliamo comunque di rivolgervi a un esperto - conviene richiedere il bonus.
Ricordiamo che comunque non è un obbligo: il lavoratore che all’età di 62 anni (e con 41 anni di contributi) sceglie di restare al lavoro nonostante la possibilità di accedere a Quota 103, potrà decidere se godere del bonus in busta paga oppure se lasciare tutto così com’è garantendosi quindi una pensione più alta.
Bonus busta paga per chi ritarda la pensione confermato nel 2024
Per lo Stato, quindi, le uniche risorse da mettere in conto per questa misura sono il mancato introito per i contributi non versati dal lavoratore. Ma si tratta di una cifra sostenibile considerando appunto che ciò comporterà una pensione più bassa (e quindi un minor esborso) in futuro.
Ecco perché si è deciso di confermare l’incentivo anche per il prossimo anno, stanziando le risorse con la prossima legge di Bilancio così da dare la possibilità a chi compie 62 anni e ha almeno 41 anni di contributi di scegliere tra un bonus immediato e una pensione più alta in futuro.
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