Pensioni, cattive notizie: il governo sta per annunciare l’amara verità

Alessandro Nuzzo

20/06/2023

Riprenderanno a breve i dialoghi tra governo e parti sociali per discutere della riforma delle pensioni che per il 2024 non dovrebbe subire grossi cambiamenti.

Pensioni, cattive notizie: il governo sta per annunciare l’amara verità

Lunedì 26 giugno tornerà a riunirsi il governo con le parti sociali per discutere della riforma delle pensioni. Un nuovo incontro a 5 mesi dal precedente dove l’esecutivo molto probabilmente annuncerà le sue intenzioni in vista del 2024. Nel precedente incontro tra Giorgia Meloni e i sindacati la presidente del Consiglio comunicò l’intenzione di porre la massima attenzione soprattutto ai pensionati del futuro e ad un sistema che, se non riformato, rischia di andare al collasso tra qualche anno.

Non c’è dubbio che ci sarà bisogno di interventi strutturali che probabilmente non verranno discussi per il prossimo anno. Il governo infatti si appresta a comunicare l’amara verità in vista del 2024, ovvero che non ci sono fondi necessari per poter pensare di abbandonare Quota 103 a favore di Quota 41.

Pensioni, si va verso la conferma di Quota 103

Molto probabilmente si andrà avanti anche per tutto il 2024 con il sistema di uscita anticipata dal lavoro denominata Quota 103. L’idea di introdurre una Quota 41, ovvero un’uscita dal lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall’età è allettante e vede anche il benestare delle parti sociali. Ma a conti fatti, basandosi anche sui dati in arrivo dall’Osservatorio per il monitoraggio della spesa pensionistica istituito dalla ministra Calderone, per il 2024 è impossibile passare a Quota 41.

Significherebbe infatti allargare la platea dei potenziali neo pensionati con un aumento di spesa che il governo non può permettersi in vista del prossimo anno che si preannuncia abbastanza dispendioso con la conferma del taglio del cuneo contributivo ai lavoratori e un primo intervento sulle aliquote Irpef.

Per questo motivo l’idea che si sta facendo sempre più insistente è quella di una conferma di Quota 103, quindi un’uscita anticipata dal lavoro sempre a 41 anni di contributi ma con almeno 62 anni di età. In questo modo la platea sarebbe più contenuta e permetterebbe al governo di gestire la situazione con minori rischi.

Poi c’è da capire cosa fare con Opzione Donna, l’uscita anticipata dal lavoro con 35 anni di contributi e 60 anni d’età riservato alle donne. Quest’anno è stato depotenziato riservandolo di fatto solo alle situazioni di invalidità o crisi aziendale ma c’è chi è in pressing per un ripristino alla norma originale.

Saranno decisioni prese analizzando comunque i numeri per valutare soprattutto l’impatto sul sistema nel lungo periodo. Come detto nel precedente incontro con le parti sociali, c’è bisogno di porre massima attenzione soprattutto alle generazioni future che con il sistema attuale rischiano di arrivare alla pensione alla soglia dei 70 anni e con un assegno sempre più basso.

Pressing dei sindacati per agevolare le pensioni integrative

Si cercherà quindi di porre le basi oggi per creare una sorta di paracadute che assicuri loro un assegno che gli permetta di vivere dignitosamente. In tal senso c’è da segnalare il pressing dei sindacati per agevolare la destinazione del Tfr a pensioni integrative, una soluzione ancora troppo poco utilizzata. Il governo dovrebbe prevedere aiuti fiscali verso quei lavoratori che decidono di optare per questa opzione previdenziale alternativa.

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