Con la crisi di governo e la campagna elettorale cosa può cambiare per le pensioni e quanto è alto il rischio che nel 2023 non sia confermata la flessibilità in uscita? Ecco cosa potrebbe succedere.
Neanche il tempo di sciogliere le Camere che la campagna elettorale è iniziata. Ed è iniziata su uno dei temi più ricorrenti in tutte le elezioni politiche: le pensioni. Il primo a partire è Silvio Berlusconi: il leader di Forza Italia ha già rilanciato la proposta di un minimo di mille euro al mese per 13 mensilità per tutti i pensionati.
Una proposta sentita e risentita, ricorrente nelle campagne elettorali del leader di Forza Italia che proprio puntando sui pensionati è riuscito anche a vincere le elezioni politiche e a raggiungere la poltrona di Palazzo Chigi. Certo è che si tratta di propaganda o poco più, perché il piano di Berlusconi costerebbe allo Stato probabilmente almeno 20 miliardi, considerando l’alto numero di pensioni sotto la soglia dei mille euro. Soldi che al momento non ci sono.
Berlusconi, comunque, rilancia un tema fondamentale e che sarà centrale nella campagna elettorale. Soprattutto in funzione di quello che succederà dal primo gennaio 2023, quando potrebbe sparire la flessibilità in uscita. Cosa succederà con l’anno nuovo? Quali sono le possibilità in tema di pensioni? Vediamolo insieme.
Pensioni, cosa succede nel 2023
Dal primo gennaio del 2023 sparirà l’anticipo pensionistico che permette di uscire prima dal lavoro rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero. Dopo la fine della quota 100 nel 2021, ora potrebbe essere il momento dell’addio anche a quota 102: la misura si esaurisce a fine 2022. Esattamente come Ape sociale e Opzione donna.
Entrambe misure da rinnovare. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, vuole rinnovare sia l’Ape sociale che Opzione donna. Ma è tutt’altro che certo che a occuparsene sia il governo Draghi dimissionario. Mentre è decisamente più probabile che la scelta spetti a chi redigerà la prossima legge di Bilancio, ovvero il nuovo governo che si insedierà dopo le elezioni politiche del 25 settembre.
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha promesso negli scorsi mesi ai sindacati che ci sarebbe stata una riforma delle pensioni per non perdere la flessibilità in uscita nel 2023. Si era ipotizzato, anche negli ultimi giorni, un anticipo con un corrispondente taglio dell’assegno, considerando le poche risorse a disposizione. Ma ora cosa succede?
Pensioni, le certezze per il 2023
Per il 2023 l’unica certezza è la rivalutazione delle pensioni in seguito all’inflazione record di quest’anno. Si tratta di un meccanismo automatico che permette, solamente ai pensionati, di recuperare la perdita del potere d’acquisto. Si parla, all’inflazione attuale, di misure che potrebbero valere fino a 30 miliardi di euro in tre anni.
La campagna elettorale sulle pensioni
Le pensioni saranno un tema centrale in campagna elettorale, soprattutto per il centrodestra. Non c’è solo la proposta di Berlusconi di portare l’assegno minimo a mille euro. La Lega, per esempio, continuerà a chiedere di abolire la legge Fornero e di mettere in campo la quota 41 (pensione anticipata per chiunque abbia almeno 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età). E anche Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia non hanno posizioni molto diverse da quelle di Matteo Salvini.
È inevitabile che tutti i partiti si rivolgano ai pensionati, che in Italia sono 16 milioni. E anche a chi si avvicina alla pensione, come gli over 55 che ancora lavorano, che sono una quota più alta dei giovani italiani. D’altronde, come ricorda la Repubblica, già alle elezioni del 2018 la quota più importante di elettori tra i 55 e i 64 anni ha votato i partiti di centrodestra. Che, non a caso, continuano a rivolgersi proprio a loro parlando di assegni più alti e pensioni anticipate. Ma nessuno ancora sa dove prendere le risorse e cosa fare per mantenere la flessibilità in uscita nel 2023.
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