Salta la riforma delle pensioni: stop ai confronti tra Draghi e i sindacati. Stiamo assistendo alla vittoria di Matteo Salvini, ecco perché.
Matteo Salvini non dovrà fare le barricate per “impedire il ritorno della legge Fornero”. Salvo sorprese, infatti, l’esperienza del governo Draghi si è ormai conclusa e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dovrebbe presto annunciare lo scioglimento delle Camere e il ritorno anticipato al voto, per il quale si parla dei primi giorni di ottobre.
Si interrompono così i confronti tra il governo Draghi e i sindacati per quella che nei piani del premier doveva essere una riforma delle pensioni soft, utile per riconoscere una maggiore flessibilità in uscita ad alcune categorie, ma senza mettere a rischio i conti.
Una piano che non sembrava piacere a Matteo Salvini, il quale della riforma delle pensioni e della cancellazione della riforma Fornero ne fa da sempre un cavallo di battaglia. “Faremo le barricate se servirà”, ha dichiarato Salvini qualche settimana fa, il quale adesso dovrà per forza di cose rivedere i suoi piani.
D’altronde presto saremo in campagna elettorale e siamo certi che il leader della Lega potrà rilanciare nuovamente il suo programma sulle pensioni che, come noto, prevede il superamento delle regole dettate dalla cosiddetta riforma Fornero. Ma non sarà semplice far quadrare i conti, visto che da qui al 2030 - quando ci sarà il pieno passaggio al sistema di calcolo contributivo - i risparmi generati dalla riforma del 2011 saranno ancora rilevanti.
Matteo Salvini, vittoria sulle pensioni: cosa succederà adesso?
Le elezioni anticipate, almeno guardando agli ultimi sondaggi, potrebbero restituire un ruolo di primo piano a Matteo Salvini, visto che la coalizione del centrodestra sembra essere la grande favorita per la vittoria.
In quel caso la Lega non avrebbe ostacoli nell’attuare la riforma delle pensioni che ha in mente, la quale potrebbe portare all’introduzione della cosiddetta Quota 41 per tutti. In poche parole, si potrebbe decidere di permettere - a un costo di 12 miliardi l’anno una volta che la misura sarà a regime - di andare in pensione indipendentemente dall’età con 41 anni di contributi.
Uno “sconto” importante rispetto a quanto attualmente previsto dalle regole della pensione anticipata, secondo la quale si può andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica ma solo al raggiungimento dei 42 anni e 10 mesi di contributi, requisito che si riduce di un anno per le donne.
Quota 41 per tutti, dunque, andrebbe a superare quanto deciso dalla Fornero, almeno per la parte riferita alla pensione anticipata. Sicuramente meglio di Quota 100, voluta da Salvini nella sua prima esperienza di governo, ma che non ha portato ai risultati sperati.
Va detto comunque che l’ultima proposta di legge depositata dalla Lega riguardante Quota 41 per tutti prevedeva al suo interno una penalizzazione: per coloro che decidono di anticipare l’accesso alla pensione, infatti, vi è un ricalcolo interamente contributivo che da una parte garantisce sostenibilità ma dall’altra riduce l’importo della pensione futura.
Vedremo se, anche in caso di governo di centrodestra e con un maggior potere decisionale, la Lega confermerà una tale proposta.
Un governo di centrodestra potrebbe spingere sui pensionamenti anticipati
Ci sono comunque molti “se” da considerare; anche perché le esperienze del passato insegnano che i sondaggi non sono sempre così affidabili e che durante la campagna elettorale tutto può cambiare.
Tuttavia, una vittoria del centrodestra potrebbe essere una buona notizia per tutti coloro che sperano in una profonda revisione delle regole per il pensionamento, in quanto il governo di centrodestra potrebbe, specialmente su spinta di Matteo Salvini, spingere su una profonda revisione delle regole per il pensionamento.
Ma non sarà semplice visto che bisognerà un modo per far quadrare i conti, anche perché ci sono i patti con l’Europa da rispettare. A tal proposito, non è da escludere che le risorse per la riforma delle pensioni vengano recuperate dalla cancellazione del reddito di cittadinanza, misura che la Meloni ha fatto già sapere di voler abolire.
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