Pensioni, che differenza c’è tra Quota 103 e Quota 41 per tutti?

Simone Micocci

20 Giugno 2024 - 11:15

Quota 103 potrebbe essere sostituita da Quota 41 (per tutti). Come cambierebbero le regole di accesso alla pensione?

Pensioni, che differenza c’è tra Quota 103 e Quota 41 per tutti?

Per il 2025 il governo non ha abbandonato la speranza di passare da Quota 103 a Quota 41 per tutti. Ma che differenza ci sarebbe? Ovviamente la seconda misura è più vantaggiosa rispetto alla prima, ma rischia di aumentare anche il “prezzo” da pagare per il pensionamento anticipato.

Ma andiamo con ordine. Oggi per andare in pensione si guarda perlopiù alle regole fissate dalla legge Fornero del 2011 (che ha aumentato l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia e per quella di anzianità, oggi diventata “anticipata”) ma con delle eccezioni. Negli anni, infatti, i legislatori hanno ragionato su delle misure di flessibilità che potessero prevedere delle strade alternative per il pensionamento.

Una delle misure più importanti, se non altro in termini numerici, è stata sicuramente Quota 100, in vigore nel triennio 2019-2021 salvo poi essere sostituita da Quota 102 prima e da Quota 103 poi. Quest’ultima è ancora oggi in vigore e lo sarà fino al 31 dicembre prossimo salvo proroghe con la prossima legge di Bilancio.

Ed è proprio da Quota 103 che si potrebbe partire per arrivare a quello che da anni è un obiettivo prefissato dalla Lega: la possibilità che ogni lavoratore possa accedere alla pensione con Quota 41. Ma cosa cambierebbe in caso di passaggio a questa misura? Scopriamolo.

Come funziona Quota 103 oggi

Così come tutte le “quote” (molto utilizzate prima della famigerata riforma Fornero) anche Quota 103 stabilisce che per l’accesso alla pensione la somma tra età e contributi deve restituire un certo risultato, 103 appunto.

Nel farlo, però, è necessario che età e contributi raggiungano un certo minimo:

  • 62 anni di età;
  • 41 anni di contributi.

Non si può accedere, quindi, a Quota 103 a 61 anni di età e 42 anni di contributi, come pure con 63 anni di età e 40 anni di contributi.

Così come le altre misure di flessibilità che si sono susseguite negli ultimi anni, Quota 103 prevede poi delle limitazioni, in particolare quella che preclude la possibilità di riprendere a lavorare dopo la pensione. Questo limite viene meno al compimento dei 67 anni, età prevista per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

E ancora, anche Quota 103 prevede delle finestre mobili, ossia un certo periodo che deve trascorrere dalla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione e la liquidazione della stessa. In questo caso si tratta di 7 mesi per gli iscritti alla gestione privata, 9 mesi per il pubblico impiego.

Ma non è tutto, perché la penalizzazione maggiore è quella che prevede il ricalcolo interamente contributivo per coloro che vanno in pensione con Quota 103, novità introdotta dalla scorsa legge di Bilancio. Un’operazione da cui generalmente ne risulta un taglio dell’assegno, tanto più rilevante quanto più è significativa la quota che diversamente sarebbe stata calcolata con il retributivo (ossia gli anni di lavoro antecedenti all’1 gennaio 1996).

E Quota 41 per tutti?

Diversamente da Quota 103, la Quota 41 non prevede alcun requisito anagrafico. Le due misure, quindi, si equivalgono lato contributi - ne servono 41 anni - ma non sul piano dell’età. La differenza sostanziale sta nel fatto che con Quota 41 si può andare in pensione anche prima dei 62 anni.

Poniamo ad esempio che una persona abbia iniziato a lavorare a 18 anni mantenendo una carriera costante: con questa opzione potrebbe smettere di farlo già a 59 anni, con 3 anni di anticipo rispetto all’attuale Quota 103 e 1 anno e 10 mesi prima rispetto alla pensione anticipata (che richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, uno in meno per le donne).

Ed ecco perché fino a oggi non è stato ancora possibile estendere Quota 41, misura che resta riservata solamente ad alcune categorie (disoccupati, invalidi, caregiver, lavoratori addetti a mansioni usuranti) di lavoratori precoci (chi ha maturato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni): dal momento che consente di andare prima in pensione rispetto a Quota 103, questa ha un costo maggiore, al momento insostenibile per le casse dello Stato.

Per quanto Quota 41 per tutti resti tra gli obiettivi della maggioranza, specialmente in quota Lega, è molto complicato che possa vedere la luce già nel 2025 viste le difficoltà che il governo troverà nel lavorare alla prossima legge di Bilancio, con la quale bisognerà riservare delle risorse alla restituzione del debito (come previsto dal nuovo Patto di stabilità Ue).

Una cosa è certa: nel caso in cui il governo ci riuscisse anche Quota 41 per tutti prevederà un ricalcolo contributivo dell’assegno (non previsto, invece, per i precoci che già oggi possono ricorrere alla misura).

E dal momento che nel calcolo contributivo viene dato peso, attraverso l’applicazione del cosiddetto coefficiente di trasformazione, all’età in cui si accede alla pensione, con Quota 41 per tutti l’assegno sarà più basso rispetto a quanto previsto da Quota 103, almeno per coloro che ci andranno prima dei 62 anni. Un prezzo da pagare “necessario” per chi vuole smettere di lavorare in anticipo.

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