Pensioni, con la pensione complementare spettano in media 295 euro netti al mese. Ma solo una piccola parte di lavoratori vi ha aderito.
Le pensioni sono sempre più basse e in futuro le cose non miglioreranno: anzi, una volta che ci sarà il passaggio integrale al sistema contributivo, andrà anche peggio.
Anche perché nel frattempo gli stipendi mediamente percepiti non sono sufficienti per garantire una pensione elevata una volta che si cesserà di lavorare: uno scenario preoccupante ma di cui è bene essere informati al fine di poter intervenire da subito per aumentare l’importo della pensione futura attraverso un oculato piano di risparmio e investimenti.
La soluzione per aumentare la pensione è chiara da tempo d’altronde, per quanto sottovalutata da gran parte dei lavoratori: aderire a un fondo per la pensione complementare, costruendo così con i propri risparmi una seconda rendita che possa aggiungersi alla pensione liquidata dall’Inps (o dalla cassa professionale di appartenenza). Spesso perché già con lo stipendio percepito si ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese, altre volte perché non si presta sufficiente attenzione alla pianificazione del proprio futuro, il ricorso alla pensione complementare rappresenta ancora una soluzione per pochi, tanto che l’Italia è molto indietro rispetto ad altri Paesi europei.
A lanciare un nuovo allarme sulla scarsa adesione ai fondi per la previdenza integrativa sottolineando quelle che potrebbero essere le conseguenze in un futuro non troppo lontano, è la società di consulenza finanziaria Moneyfarm, che spiega anche quanto bisognerebbe versare per assicurarsi un “bonus” appena inferiore a 300 euro al mese grazie alla pensione complementare.
Pensione complementare, un valido strumento ancora per pochi
Non avremo sempre la forza per lavorare. Arriverà un momento in cui si dovrà necessariamente andare in pensione e allora ci si renderà conto che le entrate mensili rischiano di essere notevolmente ridimensionate.
C’è infatti molta differenza tra l’ultimo stipendio e la pensione percepita, con il cosiddetto tasso di sostituzione che si riduce tanto più aumenta la porzione di assegno calcolata con il sistema contributivo.
Una soluzione alla pensione bassa è, come anticipato, quella di versare soldi anche in un fondo per la pensione complementare, così da costruirsi una seconda rendita. Un’opportunità che riconosce anche dei vantaggi fiscali, per quanto non ancora sufficienti da attrarre un gran numero di persone.
A spiegare nel dettaglio il “problema” pensione complementare è appunto Moneyfarm, che è partito dal mettere in luce cosa rischia di succedere alle pensioni. Come prima cosa è importante sapere che non c’è la possibilità di un ritorno di regole più favorevoli per il calcolo della pensione, anzi dobbiamo sperare che non vengano peggiorate ulteriormente al fine di rendere maggiormente sostenibile il sistema previdenziale. Basti guardare a quanto successo nel 2023, quando le pensioni liquidate hanno superato il numero delle nuove nascite. In un contesto in cui si fanno sempre meno figli e in cui i giovani iniziano a lavorare, e di conseguenza a versare contributi, sempre più tardi, è facile capire per cui il numero elevato di pensionamenti rappresenta un problema. Le entrate contributive sono, infatti, sempre meno, ma nel frattempo aumentano le uscite.
Eppure, per quanto la pensione complementare possa rappresentare una soluzione, dei 24,2 milioni di cittadini nati tra il 1965 e il 1994, il 41% della popolazione, appena il 26% ha sottoscritto un fondo pensione. Inoltre, tra questi c’è un 28% di persone che ha solo aderito, non versando più da tempo nello stesso e non contribuendo quindi ad aumentare la rendita che gli verrà riconosciuta.
Un problema che si fa ancora più grave se si guarda alle giovani donne tra i 30 e i 39 anni, per le quali appena il 17% ha aderito a un fondo per la previdenza integrativa. E pensare che queste, le cui carriere sono spesso caratterizzate da una forte discontinuità lavorativa (solitamente causa gravidanza), sono tra le più svantaggiate dalle regole per il calcolo della pensione.
Stiamo rinunciando a un “bonus” di 295 euro al mese
Ma quanto bisognerebbe versare a un fondo per la pensione complementare per garantirsi una rendita perlomeno soddisfacente? Secondo i dati raccolti da Moneyfarm, in media chi ha aderito a una forma di previdenza integrativa versa 2.004 euro l’anno. Se si considera un versamento costante fino all’età di 67 anni e maturando un importo medio di circa 20.250 euro, da un fondo pensione bilanciato (non caratterizzato quindi da un elevato rischio di investimento) si arriva ad assicurarsi una rendita media netta di 295 euro al mese.
Nella tabella seguente trovate invece i valori medi rilevati dalla ricerca Moneyfarm a seconda della fascia di età e del genere:
UOMINI*
Età | Maturato medio | Versamento annuo medio | Stima rendita integrativa a 67 anni |
---|---|---|---|
30-39 anni | 9.000 | 1.775 | 350 |
40-49 | 20.500 | 2.250 | 329 |
50-59 | 35.500 | 2.700 | 292 |
DONNE*
Età | Maturato medio | Versamento annuo medio | Stima rendita integrativa a 67 anni |
---|---|---|---|
30-39 | 8.750 | 1.450 | 296 |
40-49 | 19.500 | 1.700 | 272 |
50-59 | 28.000 | 2.150 | 231 |
*Tabella elaborata da smileconomy ottobre 2024: valori reali, al netto dell’inflazione e della fiscalità, in linea bilanciata 50% JPM EM Governments Bond e 50% MSCI World, costi medi ISC Covip 2024 per Fondi pensione aperti.
Di fatto non servono chissà quanti soldi per assicurarsi una buona entrata aggiuntiva mensile, anche perché va sottolineato che gli importi indicati in tabella sono al netto delle imposte. Si potrebbe obiettare però che spesso si faticano a trovare 100 o 200 euro in più al mese da destinare a un fondo pensione; va però ricordato che si potrebbe aderire a un fondo per la pensione complementare anche a costo zero, iniziando dal destinarvi il Tfr generalmente conservato in azienda.
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