Andrai in pensione dopo il 2027? Preparati a un peggioramento delle regole per smettere di lavorare, come pure per il calcolo dell’assegno.
Sei prossimo alla pensione ma con le regole vigenti non potrai andarci prima del 31 dicembre 2026? Allora per te ci sono pessime notizie perché a decorrere dal 2027 rischi di dover attendere più del previsto per smettere di lavorare, oltre a doverti “accontentare” di un assegno di pensione più basso rispetto a quanto avresti percepito laddove ci fossi andato, a parità di montante contributivo, tra il 2025 e il 2026.
A prevedere questo peggioramento è la riforma Fornero del 2011, dove al fine di garantire sostenibilità alla spesa pensionistica è stato previsto che ogni due anni tanto le regole per andare in pensione, quanto quelle per calcolare l’assegno (per la sola parte riferita al sistema contributivo) devono essere adeguate alle aspettative di vita.
Nel caso in cui l’Istat dovesse accertare un incremento delle speranze di vita, quindi, vorrà dire che bisognerà passare più tempo al lavoro e che più si anticipa il collocamento in quiescenza e più sarà basso l’assegno previdenziale.
Ora, considerando che la tendenza delle aspettative di vita è in costante crescita, eccetto la parentesi straordinaria dettata dal Covid, è ovvio che più passano gli anni e tanto più severe saranno le regole per andare in pensione, con il calcolo dell’assegno che nel frattempo seguirà criteri meno favorevoli.
Ecco perché in futuro rischiamo di andare in pensione sempre più tardi e con assegni molto bassi, tanto che i primi effetti di quanto stabilito dalla legge Fornero si vedranno già nel 2027.
Al netto di quelle che potrebbero essere le decisioni prese dal governo, infatti, tra poco meno di due anni ci sarà l’adeguamento con le speranze di vita che comporterà un innalzamento dell’età pensionabile come pure dei criteri di calcolo più severi.
Secondo le stime dell’Istat, infatti, nel prossimo biennio è previsto un aumento delle speranze di vita di circa 3 mesi. Vediamo quali saranno le conseguenze.
Pensione più tardi per chi matura i requisiti dal 2027
Secondo le stime dell’Istat, dopo un periodo in cui i requisiti per il pensionamento sono rimasti bloccati (in particolar modo a causa della pandemia che ha comportato un netto calo delle speranze di vita), a decorrere dal 2027 ci sarà un nuovo aggiornamento dopo quello di 5 mesi scattato nel 2019 (che ha portato l’età per la pensione di vecchiaia da 66 anni e 7 mesi a 67 anni).
Nel dettaglio, il prossimo aggiornamento dovrebbe essere di 3 mesi, il che significa che il diritto alla pensione di vecchiaia si raggiungerà all’età di 67 anni e 3 mesi. L’adeguamento riguarderà anche le altre misure di pensionamento però: ad esempio, per la pensione anticipata - per la quale ricordiamo si guarda solamente al requisito contributivo - serviranno 43 anni e 1 mese di contributi, un anno in meno per le donne. Adeguamento che interesserebbe anche l’opzione riservata ai precoci, l’attuale Quota 41 (a cui quindi si aggiungeranno altri 3 mesi).
Lo stesso vale per le opzioni di pensionamento che interessano coloro che hanno la pensione interamente calcolata con il sistema contributivo (quindi chi ha iniziato a maturare contributi a decorrere dal 1996). La pensione di vecchiaia a 71 anni conterà di ulteriori 3 mesi, così come quella anticipata a 64 anni (per la quale ricordiamo che la legge di Bilancio 2025 ha portato il requisito contributivo da 20 a 25 anni).
Pensione più bassa per chi matura i requisiti dal 2027
Ma non è solo il momento del pensionamento a destare preoccupazione. Chi maturerà i requisiti per il collocamento in quiescenza a partire dal 2027, infatti, deve anche rassegnarsi all’idea di un assegno più basso rispetto a quello che avrebbe maturato nel biennio precedente.
Sempre la legge Fornero, infatti, ha disposto un adeguamento costante con le speranze di vita per i cosiddetti coefficienti di trasformazione, ossia quei parametri che vengono applicati sul montante contributivo per determinare l’importo dell’assegno.
Già nel 2025 (e anche per il 2026 quindi) i coefficienti di trasformazione sono peggiorati rispetto al biennio precedente. Il che significa che a parità di montante contributivo prenderà di meno chi ci andrà nei prossimi due anni, per quanto comunque sarà sicuramente più alto rispetto a chi invece lo farà dopo il 2027 quando appunto l’ulteriore incremento delle speranze di vita comporterà un ulteriore peggioramento.
Insomma, non ci sono buone notizie per chi andrà in pensione tra qualche anno. Anche perché quella del biennio 2027-2028 non è da considerare come una parentesi o un caso isolato. Secondo le previsioni, infatti, d’ora in avanti gli adeguamenti con le speranze di vita saranno costanti, quindi ogni due anni ci sarà un peggioramento delle regole di pensionamento e del calcolo dell’assegno.
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