Pensioni, Fornero “a metà” nel 2025. Che significa e novità rispetto a oggi

Simone Micocci

27 Giugno 2024 - 09:42

Nel 2025 la legge Fornero tornerà a farsi sentire: a rischio la flessibilità, le regole per il calcolo della pensione rischiano di essere meno favorevoli rispetto a oggi.

Pensioni, Fornero “a metà” nel 2025. Che significa e novità rispetto a oggi

Permangono i dubbi su come possono cambiare le pensioni nel 2025.

Se da una parte c’è chi continua a sperare in una riforma che possa rendere maggiormente flessibile l’accesso alla pensione come regolamentato dalla legge Fornero del 2011, dall’altra c’è chi è più realista e teme che quest’anno la previdenza servirà per fare cassa in favore di altre misure.

D’altronde, le risorse a disposizione per la legge di Bilancio 2025 sono limitate dal momento che l’Italia, nel rispetto del nuovo Patto di stabilità Ue, dovrà iniziare la restituzione del debito. E con una crescita che dovrebbe essere inferiore alle aspettative, il rischio è che per l’approvazione di ogni singola misura dovranno esserci dei tagli.

A tal proposito è lecito interrogarsi su cosa può succedere alle pensioni: ci sarà un ritorno integrale alla legge Fornero o viceversa il governo riuscirà nell’attuare il proprio programma arrivando finalmente a Quota 41 per tutti? La verità, probabilmente, sta nel mezzo, per quello che potremmo definire come un ritorno “a metà” della legge Fornero.

La buona notizia è che perlomeno è stato scongiurato l’incremento dell’età pensionabile. Ricordiamo, infatti, che la legge Fornero ha stabilito che ogni due anni (prima il lasso di tempo era maggiore) deve esserci un adeguamento con le speranze di vita. Il prossimo appuntamento è in programma a inizio 2025, ma dal momento che la ripresa delle aspettative di vita dopo il calo registrato durante la pandemia non è ancora rilevante a tal punto da giustificare un aggiornamento dell’età pensionabile, per i prossimi due anni i requisiti fissati dalla legge Fornero non subiranno variazioni. Se ne riparlerà nel 2027, quando difficilmente si riuscirà a evitare un incremento dell’età pensionabile.

Va detto però che una minima variazione c’è stata e questo rischia di penalizzare coloro che andranno in pensione nel 2025. Per questi, infatti, il calcolo dell’assegno rischia di seguire delle regole meno favorevoli rispetto a quelle attuali, con l’applicazione di un coefficiente di trasformazione più basso. Ciò significa che a parità di montante contributivo (l’ammontare dei contributi versati dal lavoratore nel corso della propria carriera) e di età di pensionamento, l’assegno calcolato nel 2025 sarà più basso rispetto a quello che sarebbe risultato nel 2024. Un’altra regola lasciata in eredità da Fornero-Monti.

La legge Fornero, quindi, si farà sentire al 50%, con l’incognita ancora legata alle regole per il pensionamento.

Calcolo delle pensioni meno favorevole

Ne abbiamo già parlato qui: il calcolo delle pensioni del 2025 potrebbe non essere così favorevole come è stato negli ultimi due anni.

La ragione sta nel fatto che nel sistema contributivo, utilizzato per tutti i periodi successivi al 1996, il calcolo delle pensioni viene effettuato prendendo tutti i contributi versati e trasformandoli attraverso l’applicazione di un apposito coefficiente, tanto più vantaggioso quanto più viene ritardato il collocamento in quiescenza.

Questi coefficienti, chiamati appunto “di trasformazione”, dipendono proprio dalle aspettative di vita e così come le regole per il pensionamento vengono aggiornati ogni due anni.

La pandemia, e le conseguenze drammatiche che ha comportato, ha fatto sì che, per la prima volta da quando sono utilizzati, nel biennio 2023-2024 sono risultati più convenienti rispetto a quello precedente. Il che ha significato una pensione più alta per chi è andato in pensione in questi anni.

Tuttavia, l’aumento delle speranze di vita registrato in quest’ultimo periodo (con un ritorno quasi al periodo pre pandemico) pur non essendo sufficiente per aumentare l’età per la pensione basterà per far sì che i coefficienti di trasformazione vengano rivisti in peggio.

Quindi, nel biennio 2025-2026, dovrebbero tornare a scendere e così sarà anche in futuro a meno che (speriamo di no ovviamente) le tendenze al rialzo per le aspettative di vita dovessero subire un nuovo scossone.

Andare in pensione a partire dal 2025, quindi, sarà meno conveniente rispetto a oggi, a fronte di una taglio che sarà più rilevante per coloro che hanno un montante contributivo elevato.

Flessibilità a rischio

Mai come oggi siamo stati vicini a un ritorno integrale alle regole di pensionamento fissate dalla riforma del 2011.

Negli ultimi anni, per quanto questa non sia mai stata messa in dubbio, ci sono state riforme che hanno assicurato una maggiore flessibilità al sistema. Ad esempio tutelando i lavoratori gravosi e le altre categorie più fragili con la cosiddetta Ape Sociale, l’anticipo pensionistico raggiungibile già all’età di 63 anni e 5 mesi. Così come Quota 100 prima, poi diventata Quota 102 e infine Quota 103.

L’obiettivo del governo Meloni sarebbe quello di proseguire per questa strada, con il sogno di poter arrivare alla tanto promessa Quota 41 per tutti consentendo a ogni lavoratore la possibilità di anticipare l’accesso alla pensione una volta raggiunti i 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica (mentre oggi questa possibilità è riservata ai soli precoci).

Tuttavia, bisognerà fare i conti con una legge di Bilancio 2025 nel rispetto dei vincoli del nuovo Patto di Stabilità, con risorse limitate a poche e mirate misure. Ecco perché il 2025 potrebbe essere l’anno in cui la flessibilità sarà sempre per meno persone, con le regole fissate da Fornero che per la maggior parte saranno le uniche possibili per andare in pensione.

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