Giorgia Meloni lapidaria sulle pensioni: per il momento saranno rinnovate solamente le misure in scadenza alla fine dell’anno. No ad altre misure di flessibilità.
Niente quota flessibile, opzione uomo o quota 41 per tutti nella prossima legge di Bilancio: la riforma delle pensioni partirà dalla conferma delle misure che ci sono già. Ad annunciarlo è Giorgia Meloni che in qualità di presidente del Consiglio si è presentata davanti alla Camera dei Deputati per chiedere la fiducia per il nuovo Governo: un lungo discorso in cui sono stati toccati diversi temi, compreso reddito di cittadinanza e pensioni.
Specialmente sul fronte pensioni c’era molta curiosità per le sue parole, se non altro per farsi un’idea su quali potrebbero essere le novità attese per inizio 2023, quando rischia di esserci il ritorno integrale alla legge Fornero.
In queste settimane sono emerse diverse ipotesi su come rendere più flessibile il sistema pensionistico, ma a quanto pare per il 2023 non bisogna attendersi chissà cosa: nel suo discorso, infatti, Meloni è stata chiara spiegando che, visto il poco tempo a disposizione per elaborare la legge di Bilancio 2023, per il momento ci si limiterà al “rinnovo delle misure in scadenza a fine anno”.
Pensioni: cosa farà Giorgia Meloni per il 2023
Giorgia Meloni ha assicurato riguardo all’intenzione del suo governo di tutelare chi dopo una vita di lavoro “va in pensione o vorrebbe andarci”.
Tuttavia, anche se il governo intende facilitare la flessibilità in uscita, non si potrà prescindere dal farlo con meccanismi che siano compatibili con la tenuta del sistema previdenziale. Bisogna, dunque, guardare ai conti pubblici prima di pensare a come agevolare il pensionamento anticipato, ragion per cui con la legge di Bilancio 2023 non bisogna attendersi chissà quali novità.
Di fatto Giorgia Meloni sembra smentire le indiscrezioni circolate in questi giorni rispetto a misure che avrebbero consentito il pensionamento già all’età di 61 anni (come la nuova quota flessibile) o persino a 58 anni (con la cosiddetta Opzione uomo). Per il momento, visto il poco tempo a disposizione, e anche le poche risorse aggiungiamo noi, con la legge di Bilancio 2023 ci si limiterà al rinnovo delle misure in scadenza il prossimo anno.
Nel dettaglio, sono tre le misure oggetto di discussione:
- Ape Sociale, in scadenza il 31 dicembre 2022, che consente l’uscita anticipata dal mercato del lavoro a coloro che hanno compiuto 63 anni, hanno maturato almeno 30 anni di contributi e rientrano nelle categorie dei fragili;
- Quota 102, sempre in scadenza il 31 dicembre 2022, con cui si può andare in pensione all’età di 64 anni e con 38 anni di contributi. Tuttavia, la platea di coloro che vi hanno fatto richiesta appare alquanto limitata e la situazione potrebbe non cambiare in caso di proroga di un solo anno;
- per Opzione donna, invece, più che di proroga bisognerebbe parlare di estensione della platea delle beneficiarie. Oggi, infatti, l’accesso alla misura è riservato a coloro che ne hanno maturato i requisiti, 58 anni di età e 35 anni di contributi, entro la data del 31 dicembre 2021. L’intenzione è di spostare questo termine di un anno, portandolo al 31 dicembre 2022; in questo modo anche le nate nel 1964 potranno accedervi.
Per il resto non sembrano esserci altre novità, con il governo che tuttavia sembra aver fissato delle priorità per il futuro.
Giorgia Meloni parla di “pensione di garanzia”
Uno degli obiettivi futuri è di pensare a un sistema pensionistico che possa garantire anche alle giovani generazioni di avere un assegno dignitoso. Meloni fa riferimento a coloro che percepiranno l’assegno solo in base al regime contributivo, i quali rischiano di avere una pensione molto bassa e insufficiente per affrontare le spese quotidiane.
La presidente del Consiglio parla di “una bomba sociale che continuiamo a ignorare ma che investirà in futuro milioni di attuali lavoratori, che si ritroveranno con assegni addirittura molto più bassi di quelli già inadeguati che vengono percepiti oggi”.
Il dibattito futuro, quindi, si concentrerà sul concetto di pensione di garanzia, un tema dibattuto anche nelle precedenti legislature, ma senza interventi di alcun tipo.
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