Cancellare la Fornero? Parla l’autrice della “riforma di lacrime e sangue” del 2011: non bisogna commettere l’errore di un ritorno al passato.
Elsa Fornero in un articolo pubblicato da La Stampa ha spiegato qual è il grande errore che non bisogna commettere: un ritorno al passato, cancellando le riforme che hanno interessato il Paese negli scorsi anni.
Un atteggiamento che la professoressa ritiene esserci tanto a destra quanto a sinistra, con le forze progressiste che secondo Elsa Fornero - ministra del Lavoro tra il 2011 e il 2013 nonché autrice di alcune delle riforme più contestate negli ultimi anni - una su tutte quella delle pensioni, “hanno perso di vista i valori fondanti del riformismo” che seppur con qualche limite, come spesso avviene nei processi di cambiamento, ha comunque cercato di “coniugare la crescita economica con l’ampliamento dei diritti, delle libertà e delle opportunità”.
Criticando le riforme fatte negli anni scorsi ci si dimentica dell’importanza di tutelare le generazioni giovani e future. Fornero, infatti, critica coloro che minimizzano sull’aumento del debito e sono disposti persino a incrementarne il valore pur di attuare il proprio programma e far presa sull’elettorato.
In particolare, se a sinistra c’è il referendum sul Jobs Act che mira a riportare in vigore il cosiddetto “articolo 18” che seppur alleggerito ha rappresentato un importante strumento di protezione dei lavoratori. Una tutela che tuttavia secondo Fornero presenta grandi limiti di applicazione in quanto ha contribuito a creare una suddivisione tra lavoratori “protetti” ed esclusi, colpendo in particolare giovani e donne.
Ma in particolare è l’atteggiamento della destra a preoccupare la professoressa e non solo per il condono proposto da Matteo Salvini: è proprio l’abolizione “della Fornero” a essere maggiormente contestata.
Cancellare la Fornero è un obiettivo irrealizzabile
Elsa Fornero ancora una volta difende la sua riforma delle pensioni datata 2011, da molti definita “di lacrime e sangue”. Un passaggio che, come più volte spiegato dall’ex ministra, era necessario per garantire sostenibilità al sistema previdenziale ed evitare il “precipizio finanziario” a cui l’Italia stava andando incontro nel 2011, con i risparmiatori che avrebbero visto polverizzarsi risparmi e pensioni.
Ormai annunciare l’addio della riforma Fornero sembra essere una moda, per quanto poi nei fatti non siano stati fatti passi significativi in questa direzione. Nel dettaglio, nel programma del governo Meloni sembra esserci il passaggio a una pensione anticipata con 41 anni di contributi per tutti (anziché 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne come è oggi) che tuttavia Fornero ritiene essere irrealizzabile (oltre che, eventualmente, un grande errore).
D’altronde, quella riforma era motivata da due grandi fattori che incidono sul sistema previdenziale:
- la demografia, con il calo della natalità e l’invecchiamento, che nei prossimi decenni comporterà un raddoppio del rapporto che c’è tra il numero di pensionati e quello delle persone in età attiva che passerà dal 35% al 70%. È come dire che per 100 persone in età lavorativa, che non è neppure detto siano effettivamente occupate, ci sarà il doppio di pensionati rispetto a oggi. Una situazione che nonostante i freni imposti dalla riforma Fornero rischia di essere insostenibile;
- mercato del lavoro, con le difficoltà sull’occupazione che ancora oggi attanagliano il Paese. D’altronde, solo il 62% di chi è in età da lavoro ha un’occupazione stabile contribuendo con i versamenti contributivi a finanziare assistenza e previdenza. Una difficoltà che potrebbe essere risolta aumentando l’aliquota contributiva, con lo svantaggio però che il costo del lavoro sarebbe ancora più alto rispetto a oggi, in controtendenza con il programma del governo Meloni che invece sta lavorando in favore della riduzione del cuneo fiscale. Una strada che la stessa Fornero riconosce essere impossibile da attuare.
Le soluzioni secondo Fornero
Eppure, delle soluzioni esistono, ma secondo Fornero sono “poco gradite ai politici”.
Nel dettaglio, bisognerebbe:
- correggere gli squilibri demografici, anche ricorrendo all’immigrazione regolare. Se non si fanno figli bisogna puntare sugli ingressi da altri Paesi dove invece la natalità è maggiore;
- evitare che ci siano altre misure di flessibilità come quelle attuate in questi anni, smettendo ad esempio di puntare sulle Quote (da Quota 100 a quella 103) che hanno solo contribuito a incrementare il numero di pensionati;
- puntare al contributivo puro, ribadendo il principio per cui la pensione è il risultato dei contributi effettivamente versati, oltre a dipendere anche dall’età in cui avviene il pensionamento.
Questa la ricetta Fornero, che dopo oltre 13 anni continua a ritenere attuale la sua riforma (come tra l’altro confermano i numeri). Un taglio che per quanto impopolare ha garantito stabilità al sistema previdenziale, ma paradossalmente non è stato sufficiente per evitare che la situazione di rischio in cui ci trovavamo a ridosso del 2011 possa ripetersi nei prossimi anni. Ecco perché tentare di superare quella riforma sarebbe un grosso errore che rischia di ripercuotersi sulle generazioni future.
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