Pensioni: i sindacati chiedono di riconoscere alle donne una serie di agevolazioni, permettendo loro di anticipare il pensionamento o in alternativa di godere di un calcolo più vantaggioso dell’assegno.
Novità per le pensioni: i sindacati chiedono un ricalcolo più favorevole dell’assegno di pensione riconosciuto alle donne. Si tratta di una richiesta contenuta nel manifesto delle pensioni inviato al Ministro del Lavoro in vista di una nuova riforma del sistema pensionistico italiano, con la quale si vuole non solo riconoscere una maggiore flessibilità in uscita, ma anche tutelare alcune categorie di lavoratori.
Tra queste ci sono le donne, per i quali i sindacati chiedono - ad esempio - la conferma dell’Opzione Donna per i prossimi anni. E non solo: vi è anche l’ipotesi di riconoscere alle donne un calcolo dell’assegno di pensione più favorevole rispetto ad oggi, permettendo di godere di agevolazioni per quanto riguarda il sistema di calcolo contributivo.
Nel dettaglio, i sindacati puntano a riconoscere il lavoro di cura svolto dalle lavoratrici con figli. Un riconoscimento che già c’è per alcune opzioni di pensionamento: ad esempio, alle donne che accedono all’Ape Sociale è riconosciuto un bonus contributivo per ogni figlio (12 mesi), fino ad un massimo di 24 mesi. Ma l’agevolazione contenuta dal manifesto realizzato dai sindacati, segue perlopiù l’esempio di quanto già oggi è previsto dalla cosiddetta Opzione Dini.
Opzione Dini: cos’è e come funziona per le donne
L’Opzione Dini viene descritta dall’articolo 1 - commi 12, 23 e 40 lettera C - della Legge 335/1995. Questa prevede un’opzione contributiva per l’accesso e il calcolo dell’assegno di pensione, grazie alla quale coloro che alla data del 1° gennaio 1996 hanno maturato meno di 18 anni di contributi, e nel periodo successivo ne hanno almeno 5 anni, possono accedere alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi.
La cosiddetta Opzione Dini vale tanto per gli uomini quanto per le donne, ma per quest’ultime vi è un’agevolazione ulteriore. Questa, infatti, è una di quelle poche opzioni che già riconosce il lavoro di cura svolto dalle lavoratrici con figli: per queste, infatti, è previsto uno sconto di 4 mesi per figlio sull’età pensionabile, fino ad un massimo di 12 mesi. Le lavoratrici con tre o più figli, dunque, potrebbero accedere alla pensione a 66 anni anziché a 67, e persino con cinque anni in meno di contributi.
L’opzione contributiva prevista dalla Legge Dini, però, prevede anche un’alternativa: nel dettaglio, le donne che non vogliono godere dello sconto sull’età della pensione possono comunque accedervi a 67 anni ma godendo di un trattamento di maggior favore per quel che riguarda il calcolo dell’assegno.
Nel dettaglio, per queste si interviene sul coefficiente di trasformazione con il quale il montante contributivo accumulato dal lavoratore viene trasformato in assegno di pensione. Questo coefficiente è tanto più elevato quanto più si ritarda l’accesso alla pensione: a tal proposito, l’agevolazione per le donne prevede proprio l’applicazione di un coefficiente migliore rispetto a quello altrimenti riconosciuto in base all’età in cui si accede alla pensione. O meglio, viene applicato il coefficiente previsto per l’anno successivo (quindi 68 anni per chi accede alla pensione a 67 anni) nel caso di uno o due figli, oppure quello previsto per il secondo anno successivo (69 anni nel caso di chi ha 67 anni) per chi ha tre o più figli.
Nel 2021, ciò significa che una lavoratrice che a 67 anni avrebbe goduto di un coefficiente del 5,575%, potrà godere di uno più vantaggioso, ossia pari a 5,772% per chi ha uno o due figli, 5,985% per chi ne ha tre o di più.
Sindacati: calcolo della pensione più vantaggioso per le donne con figli
Il modello descritto dall’Opzione Dini potrebbe essere utilizzato per ogni forma di pensionamento: è questa la richiesta fatta dai sindacati al Ministro del Lavoro al fine di riconoscere il lavoro di cura delle lavoratrici mamme.
Nel manifesto si legge, infatti, della possibilità di riconoscere alle donne un anticipo di 12 mesi per ogni figlio avuto, o in alternativa di applicare un coefficiente di trasformazione superiore a quello previsto per l’età in cui si accede alla pensione. Dunque: o consentire il pensionamento anticipato o comunque un trattamento di maggior favore per il calcolo della pensione, riconoscendo nei fatti un assegno più alto alle donne con figli rispetto a chi non li ha (a parità di contribuzione e di età di accesso alla pensione) e ai colleghi uomini.
È bene sottolineare che si tratta ancora di ipotesi in quanto sindacati e Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, devono ancora discuterne. Tuttavia, per le parti sociali questa dovrà essere una base di partenza e - come riferito dai massimi esponenti di CGIL, CISL e UIL - si darà battaglia per questo.
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