Riforma delle pensioni, lo spettro di una nuova legge Fornero aleggia sui conti pubblici. I sindacati lo sanno e cambiano atteggiamento, mettendosi in difesa contro i tagli.
L’approvazione del Def ha fatto luce sulle difficoltà che il governo dovrà affrontare per trovare le risorse per la prossima legge di Bilancio. Il che tra l’altro era immaginabile, basti guardare a quanto successo lo scorso anno quando su 24 miliardi di euro di risorse circa 16 miliardi sono stati recuperati dall’extra deficit.
Il problema è che da quest’anno l’Italia deve ridurre il deficit, e le stime di crescita contenute e i tagli ai tassi di interesse che ancora non arrivano non fanno che rendere ancora più complicata la situazione.
Ed ecco quindi che anziché mirare a una riforma delle pensioni che renda più flessibile l’uscita dal mercato del lavoro bisognerebbe sperare che le regole attuali vengano perlomeno mantenute, perché lo spettro di tagli alle pensioni, in perfetto stile “riforma Fornero del 2011”, appare sempre più concreto.
A dimostrazione che una riforma peggiorativa delle pensioni è molto più probabile di una migliorativa c’è anche l’atteggiamento dei sindacati. Se fino a un anno fa questi sedevano al tavolo di confronto con il governo, che poi si è rivelato essere una farsa dal momento che non si è mai scesi nel dettaglio della riforma, oggi sanno di essere in una posizione di svantaggio e per questo motivo hanno deciso di giocare “in difesa”.
Pensioni, evitare i tagli è la priorità
Come spiegato da Pierpaolo Bombardieri, segretario generale del sindacato Uil, il nuovo Patto di Stabilità che l’Italia ha sottoscritto in Europa prevede traiettorie di rientro dal debito che non sembrano essere raggiungibili per il nostro Paese, a meno che non ci dovessero essere tagli sullo stato sociale, sanità e pensioni.
Bombardieri aggiunge che “ciò non può assolutamente succedere”, altrimenti i sindacati saranno pronti a scendere in piazza.
Le parti sociali, quindi, hanno smesso di chiedere misure di flessibilità come Quota 41 per tutti, che fino allo scorso anno era in cima alle loro priorità non accettando neppure una penalizzazione in uscita per chi vi ricorre; oggi la realtà è un altra, evitare il ritorno integrale della legge Fornero è ben più importante.
Serve un atteggiamento di difesa più che di attacco: d’altronde già nella scorsa legge di Bilancio ci sono stati passi avanti - come ad esempio la riduzione del requisito economico per l’accesso alla pensione di vecchiaia per chi rientra interamente nel regime contributivo - e altri indietro, come l’incremento del requisito anagrafico per l’accesso all’Ape Sociale e l’introduzione della penalizzazione in uscita per chi ricorre a Quota 103.
I tagli, quindi, ci sono stati in un contesto che era migliore di quello attuale: figuriamoci cosa può succedere a margine delle prossime discussioni sulla legge di Bilancio quando il governo avrà la difficoltà ad arrivare persino alla metà delle risorse a disposizione per la scorsa. E dal momento che solo 10 miliardi dovranno essere recuperati per la conferma del cuneo fiscale, tra le priorità del governo, il rischio che si metta mano alle pensioni in un’operazione in stile Fornero, seppure dai toni meno severi, è concreto.
Pensioni, cosa è a rischio
La prima indiziata per fare cassa sulle pensioni è Quota 103, misura su cui il centrodestra si è attaccata in questi anni per giustificare un miglioramento delle regole per il pensionamento come era stato promesso in campagna elettorale ma che in realtà già tra il 2023 e il 2024 ha subito un peggioramento.
Come anticipato, infatti, nell’anno in cui avrebbe dovuto vedere la luce la riforma delle pensioni che nelle intenzioni del governo doveva superare perlomeno parzialmente quanto stabilito dalla legge Fornero, Quota 103 è stata peggiorata: pur mantenendo inalterati i requisiti di accesso, 62 anni di età e 41 anni di contributi, è stato introdotto un ricalcolo contributivo dell’assegno per chi vi accede, tagliando notevolmente l’importo.
Ebbene, nel 2025 il passaggio potrebbe essere un altro: come già era stato preventivato alla fine dello scorso anno, il requisito anagrafico potrebbe salire a 63 anni, passando così a una Quota 104 e riducendo notevolmente la platea dei beneficiari.
Sul banco poi c’è la conferma dell’aumento straordinario delle pensioni inferiori al minimo, in scadenza quest’anno, come pure i nuovi tagli alla rivalutazione (a oggi la percentuale stimata è dell’1,6%).
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