Siamo uno dei paesi più anziani al mondo e nei prossimi anni è previsto un vero boom di pensionamenti. Ce la farà il sistema a reggere?
L’Italia è la quinta nazione al mondo per aspettative di vita alla nascita: 80,5 anni per gli uomini, 84,8 anni per le donne. In sostanza siamo uno dei paesi più vecchi d’Europa, primi in tutte le classifiche per percentuale di ultra 50enni, 65enni e 80enni sul totale della popolazione. Un paese vecchio che incide pesantemente su diversi aspetti. A partire da quello sanitario e assistenziale. Una popolazione anziana ha bisogno di maggiori cure e assistenza e in assenza di programmi di screening e di prevenzione, la spesa sanitaria salirà sempre di più nei prossimi anni. Ma oltre al problema sanitario c’è anche il tema delle pensioni: con queste aspettative di vita sempre più persone accederanno alla pensione e vi resteranno a lungo. Il sistema ce la farà a reggere la pressione dei prossimi anni quando sono previste numerose uscite dal lavoro?
Nei prossimi anni 1.000 pensionamenti al giorno
Nei 32 anni di boom economico dal dopoguerra 1946 fino al 1964 sono nati quasi la metà degli attuali italiani: 26,3 milioni, un dato che non si è mai verificato nella storia. Questo significa che nei prossimi 22-25 anni andranno in pensione 8 milioni di lavoratori pari a circa 364mila all’anno, in pratica 1.000 al giorno. Reggerà il sistema dinnanzi a questa fuga dal lavoro? Nei prossimi anni mancheranno sempre più lavoratori, quei settori già in affanno attualmente come quello manifatturiero e operaio andranno ancora di più in difficoltà.
Ad oggi i pensionati sono circa 17 milioni. Per la tenuta dei conti previdenziali è necessario mantenere stabile il rapporto attivi/pensionati a 1,46. Con 8 milioni di uscite nel prossimo ventennio questo rapporto aumenterà almeno a 1,5-1,6. Il numero delle prestazioni sono di più e sono circa 1,42 per ogni pensionato, ovvero quasi 23 milioni. E poi c’è il boom della spesa assistenziale. Solo per invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali, integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, 14° mensilità, social card spendiamo ogni anno oltre 48 miliardi.
Il governo al momento non sembra tenere conto di questa problematica. Inoltre Quota 41, Ape sociale, Opzione Donna viaggiano in una direzione di ulteriore pre pensionamento che graveranno ancora di più sul sistema.
E per risolvere la mancanza di lavoratori non si pensa ad agevolazioni alle imprese per incentivare le assunzioni ma ad un taglio del cuneo fiscale di 6-7 punti soprattutto sulla spesa contributiva. Una riforma che mette è vero più soldi in tasca agli italiani ma che grava per 10 miliardi sui conti dello Stato: minori contributi versati ma pensione sempre uguale.
Alla luce di queste prospettive future poco rosee per i conti dello Stato, approntare delle riforme è sempre più necessario. La spesa assistenziale dovrà essere abbassata di molto così come i pensionamenti anticipati. Siccome siamo un paese sempre più vecchio è necessario progettare l’invecchiamento della popolazione in modo serio con riforme corrette. Da anni ci preoccupiamo solo del calo della natalità (che va sicuramente affrontato con riforme che incentivino le nascite) e non del fatto che stiamo diventando un paese che invecchia sempre di più.
© RIPRODUZIONE RISERVATA