Calcolo contributivo dell’assegno: quanto spetta di pensione dopo 30 anni di lavoro? Ecco un esempio.
È sufficiente lavorare 30 anni per una pensione dignitosa? Ogni lavoratore dovrebbe porsi questa domanda, consapevole che l’importo dell’assegno pensionistico potrebbe essere significativamente inferiore rispetto all’ultimo stipendio percepito.
La riduzione del cosiddetto tasso di sostituzione - ossia la differenza che c’è tra l’importo della pensione liquidata dall’Inps e l’ultimo stipendio percepito - con l’avanzare degli anni è dovuta alle “nuove” regole per il calcolo dell’assegno fissate con l’introduzione del regime contributivo, disciplinato dalla legge Dini.
Non si tratta di una novità assoluta, essendo in vigore dal 1996, ma con il passare degli anni aumenta sempre di più la quota di lavoratori la cui pensione viene calcolata interamente con questo metodo, fino a quando ci sarà il passaggio integrale.
E inoltre, più passa il tempo e più il rischio è che le regole del contributivo si facciano sempre più negative attraverso la riduzione dei cosiddetti coefficienti di trasformazione legati all’andamento delle speranze di vita. Ed è proprio quanto successo nel 2025, quando la nuova tabella ha reso meno conveniente il pensionamento rispetto agli anni scorsi.
Dal retributivo al contributivo
Prima dell’approvazione della legge Dini, la pensione era calcolata con il regime retributivo, che attribuiva maggiore peso agli ultimi stipendi percepiti prima del collocamento in quiescenza.
Con l’introduzione del contributivo, il criterio di calcolo è cambiato, considerando tutti i contributi versati nel corso della carriera. È stata fissata una data limite: il 1° gennaio 1996. Per i periodi lavorati prima di questa data, si applica il retributivo; per quelli successivi, il contributivo. A essere esclusi da questa novità furono coloro con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, i quali hanno continuato a beneficiare del calcolo retributivo anche per i periodi successivi fino all’approvazione della legge Fornero che mise fine a questa agevolazione a decorrere dal 1° gennaio 2012.
Ricapitolando, oggi la pensione viene calcolata con il regime misto per chi ha maturato contributi prima del 1996, con il regime misto “agevolato” per chi aveva almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e con il contributivo puro per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996. Più passano gli anni e maggiore è la quota di persone che rientrano nell’ultima categoria, fino al passaggio totale al contributivo puro.
Questo nuovo sistema, come vedremo, incide solitamente in maniera negativa sull’importo della pensione, essendo più penalizzante rispetto al retributivo.
Il calcolo della pensione con il contributivo
Per il calcolo della pensione con il contributivo si prende in considerazione la quota di contributi versati all’Inps o al fondo di appartenenza, tenendo conto dell’aliquota prevista dalla gestione di riferimento. I contributi vengono poi rivalutati periodicamente in base al costo della vita e accumulati nel montante contributivo, il quale viene trasformato in pensione attraverso l’applicazione del cosiddetto coefficiente di trasformazione. Questi coefficienti sono tanto più vantaggiosi quanto più si ritarda l’accesso alla pensione.
Come anticipato nel 2025 c’è stato un aggiornamento dei parametri, causa un lieve incremento delle speranze di vita che hanno reso ancora meno conveniente il sistema contributivo rispetto al retributivo. Nel dettaglio, i valori attuali sono i seguenti:
Età | Divisori | Valori |
---|---|---|
57 | 23,789 | 4,204% |
58 | 23,213 | 4,308% |
59 | 22,631 | 4,419% |
60 | 22,044 | 4,536% |
61 | 21,453 | 4,661% |
62 | 20,857 | 4,795% |
63 | 20,258 | 4,936% |
64 | 19,656 | 5,088% |
65 | 19,049 | 5,250% |
66 | 18,441 | 5,423% |
67 | 17,831 | 5,608% |
68 | 17,218 | 5,808% |
69 | 16,600 | 6,024% |
70 | 15,980 | 6,258% |
71 | 15,360 | 6,510% |
Quanto si percepisce di pensione dopo 30 anni di lavoro?
A questo punto possiamo rispondere alla domanda iniziale, ossia quanto spetta di pensione - con le nuove regole del contributivo - dopo 30 anni di lavoro. Ebbene, l’importo della pensione varia in base agli stipendi percepiti e ai contributi versati: consideriamo un lavoratore che nei primi 5 anni di attività ha percepito uno stipendio medio di 1.000 euro al mese, versando complessivamente 21.450 euro di contributi (la quota complessivamente dovuta è pari al 33% della retribuzione lorda). Nei successivi 10 anni, lo stipendio è salito a 2.000 euro al mese, portando il totale dei contributi a 85.800 euro, mentre negli ultimi 15 anni di lavoro ha guadagnato 2.500 euro al mese accumulando 160.875 euro di contributi.
Sommando i vari periodi, si arriva a un totale di 268.125 euro di contributi versati, che una volta applicata la rivalutazione restituiscono un montante contributivo di circa i 280.000 euro.
Se il lavoratore va in pensione a 67 anni, il coefficiente di trasformazione del 5,608% restituisce una pensione annua di circa 15.700 euro, ovvero 1.208 euro al mese.
Rispetto all’ultimo stipendio percepito, la pensione risulta notevolmente inferiore. Con il metodo retributivo, invece, il calcolo si sarebbe basato sugli ultimi anni di stipendio, garantendo un assegno più elevato. Basta questo per dimostrare come il sistema contributivo penalizzi chi ha avuto periodi iniziali con stipendi bassi o discontinuità lavorativa, evidenziando la necessità di pianificare con attenzione il proprio futuro previdenziale.
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