La legge di Bilancio 2023 ottiene il via libera della Commissione europea, ma con delle riserve: ad esempio, ci sono dubbi sul fronte pensioni. Cosa può succedere adesso? Quota 103 rischia di saltare?
La Commissione europea ha parzialmente promosso la legge di Bilancio 2023, sulla quale però non sono mancate le critiche. Tra queste, non manca il tema pensioni, su cui l’Ue fa sapere che non siamo in linea con le raccomandazioni avanzate nei mesi scorsi: d’altronde, da tempo l’Europa chiede all’Italia di contenere la spesa pensionistica, con un ritorno esclusivo alle regole imposte dalla riforma Fornero.
La legge di Bilancio 2023, invece, introduce Quota 103, misura per la quale è stata persino “sacrificata” Opzione donna, prorogata sì ma con l’introduzione di paletti che ne limiteranno notevolmente la platea.
È lecito, quindi, chiedersi cosa succederà adesso che da Bruxelles hanno posto dei dubbi sulla riforma delle pensioni così come ritagliata dalla legge di Bilancio 2023: ci saranno dei passi indietro? E soprattutto, un tale parere potrebbe compromettere i piani futuri del governo Meloni che, specialmente su invito della Lega, sembra valutare l’ipotesi di un superamento della legge Fornero entro la fine della legislatura? Ecco cosa potrebbe succedere.
Legge di Bilancio, via libera dalla Commissione europea ma…
C’era molta attesa sul parere della Commissione europea riguardo al testo della legge di Bilancio 2023 approvata dal governo Meloni. Alla fine è arrivato il via libera, ma con delle riserve. I temi contestati sono stati perlopiù quelli riferiti a lotta all’evasione e pagamenti digitali, ma non sono mancate anche le osservazioni sul fronte pensioni.
Come sintetizzato da Paolo Gentiloni, commissario Ue all’Economia, per l’Italia il giudizio è complessivamente positivo, ma “con alcuni rilievi critici”. Niente che non si possa risolvere già con il passaggio in Parlamento, dove sono in esame una serie di emendamenti con cui correggere alcuni dei punti posti sotto osservazione dall’Unione europea.
La domanda è: cosa potrà succedere sul fronte pensioni? Il governo dovrà rivedere Quota 103 o potrà limitarsi a correggere Opzione donna?
Quota 103 non si tocca, poche risorse per modificare Opzione donna
Nonostante i dubbi posti dalla Commissione Ue, sul fronte pensioni la legge di Bilancio 2023 potrebbe restare così com’è. Una cosa è certa: la maggioranza non intende rinunciare a Quota 103, che quindi resterà così com’è permettendo di andare in pensione a chi nel 2023 ha almeno 62 anni di età e ha maturato almeno 41 anni di contributi.
Sotto osservazione resta invece Opzione donna, per la quale la legge di Bilancio 2023 riconosce il diritto al pensionamento a coloro che alla data del 31 dicembre 2022 hanno maturato i seguenti requisiti:
- 60 anni di età, limite che si può ridurre di un anno per ogni figlio fino a un massimo di 58 anni;
- 35 anni di contributi;
- essere invalida almeno al 74%, o anche assistere una persona con grave disabilità da almeno 6 mesi, oppure essere licenziata da un’azienda in crisi (in quest’ultimo caso il limite anagrafico resta di 58 anni).
Un cambio radicale rispetto al 2022, quando per andare in pensione con Opzione donna è sufficiente aver compiuto 58 anni di età (indipendentemente dal numero dei figli) e aver maturato 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2021. Non è richiesta, invece, l’appartenenza a una particolare categoria di lavoratrici fragili.
Tra il 2022 e il 2023, quindi, la platea di coloro che possono accedere alla pensione con Opzione donna potrebbe ridursi notevolmente: al momento si sta ragionando sulla possibilità di ulteriori correttivi, ma le risorse a disposizione per una proroga senza paletti non sembrano esserci.
L’Ue potrebbe limitare i piani di riforma del governo Meloni
Dunque, le indicazioni della Commissione non dovrebbero cambiare il progetto di riforma per il 2023. Tuttavia, potrebbero esserci conseguenze sui piani futuri, specialmente su quello che prevede la cancellazione, o comunque il superamento, della legge Fornero entro la fine della legislatura.
Obiettivo che si vuole raggiungere permettendo a tutti di accedere alla pensione con 41 anni di contributi (Quota 41) indipendentemente dall’età anagrafica, possibilità oggi riservata a pochi lavoratori precoci.
Con queste pregiudiziali di Bruxelles si complica quindi il progetto del governo, il quale in futuro potrebbe riscontrare molte difficoltà nell’allentare ancora di più le maglie per il pensionamento.
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