Pensioni, il governo Meloni pensa ancora a Quota 41 per tutti: l’obiettivo è approvarla entro il 2026. Novità anche per le pensioni integrative: sì al taglio delle tasse.
La riforma delle pensioni per il 2023 è già scritta, o quasi: per andare prima in pensione si ricorrerà a Quota 103, con la possibilità di beneficiare d’incentivi qualora si decidesse di restare al lavoro (con il cosiddetto bonus Maroni). Confermata poi l’Ape sociale, mentre per Opzione donna bisognerà attendere il passaggio in Parlamento della legge di Bilancio visto che sono attesi una serie di cambiamenti.
Novità che in parte hanno deluso chi si aspettava di più da un governo di Centrodestra, da sempre molto attento al tema pensioni. Ma l’esecutivo ha assicurato che si tratta solamente dell’inizio, visto che sulle pensioni si continuerà a discutere così da ritagliare al più presto una nuova riforma.
A tal proposito, c’è una data da segnare in rosso sul calendario: il 19 gennaio 2023, quando il governo Meloni ha in programma il primo confronto con i sindacati per la riforma che verrà. La presidente del Consiglio ha ereditato l’impegno che già Mario Draghi aveva preso con i sindacati: pensare a un piano che possa superare la legge Fornero, oltre ad attuare dei correttivi che possano migliorare alcuni aspetti del sistema previdenziale italiano, come ad esempio la pensione complementare.
Pensione per tutti con Quota 41, ecco quando
L’obiettivo del governo di Centrodestra è stato annunciato da tempo: consentire a tutti i lavoratori di andare in pensione, indipendentemente dall’età, con Quota 41.
In questo modo sì che si potrebbe dire di aver cancellato, almeno parzialmente, la legge Fornero: con Quota 41 per tutti, infatti, verrebbe superato quanto stabilito dall’attuale pensione anticipata ordinaria, dove il diritto alla pensione si raggiunge, indipendentemente dall’età anagrafica, una volta maturati 42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi nel caso delle donne.
Tuttavia, non è stato possibile estendere Quota 41 a tutti già nel 2023, viste le poche risorse a disposizione. Per questo motivo il governo Meloni ha pensato a un alternativa che tuttavia riguarderà una platea circoscritta di persone: Quota 103, per la quale si è partiti da una base di 41 anni di contributi fissando però anche un limite anagrafico di 62 anni.
Quota 41, indipendentemente dall’età, resta solo per i lavoratori precoci, ossia per coloro che all’età di 19 anni avevano maturato già 12 mesi di contributi.
Una volta approvata la legge di Bilancio 2023, quindi, ci si incontrerà per programmare l’approvazione di nuove misure di flessibilità, con l’obiettivo di arrivare al più presto all’estensione di Quota 41 per tutti. L’intenzione è di arrivarci entro il 2026, ma non è escluso che ci si riesca anche prima.
Taglio delle tasse per i fondi pensioni
Tra gli altri temi di discussione c’è quello della pensione complementare. D’altronde l’Italia è molto indietro rispetto agli altri Paesi: bisognerà fare in modo d’incentivare il ricorso al secondo pilastro previdenziale così che ogni persona possa cominciare a pensare a come aumentare la propria pensione futura.
In particolare, sulla pensione complementare le novità su cui si sta ragionando sono:
- silenzio assenso per la destinazione del Tfr alle forme integrative. Quindi, semmai il lavoratore non dovesse specificare se vuole che il Tfr rimanga in azienda oppure passi a un fondo pensione, in automatico si procederà con quest’ultima opzione;
- alleggerire, ulteriormente, la tassazione sui fondi pensione.
In questo modo si spera che sempre più persone possano pensare a una forma di pensione integrativa, incentivando ancora di più la crescita registrata in questi ultimi anni.
Le altre novità: dalle agevolazioni per le donne alla pensione di garanzia
Altra novità su cui si discuterà, tra l’altro inserita da Giorgia Meloni nel discorso fatto davanti alle Camere per ottenere la fiducia al suo governo, è la pensione di garanzia.
Bisognerà, infatti, pensare a una soluzione per tutelare coloro che hanno la pensione calcolata interamente con il contributivo. Soprattutto i giovani, infatti, rischiano di andare in pensione con un assegno molto basso: ecco perché bisognerà individuare delle forme di tutela, considerando anche che oggi i contributivi puri sono esclusi dalla possibilità di godere dell’integrazione fino al trattamento minimo.
Tra le forme di tutela si potrebbe pensare ad esempio a un riscatto gratuito della laurea, mentre per le lavoratrici ci potrebbero essere dei bonus, o meglio degli sconti, contributivi. Come dire che per ogni figlio si potrebbe anticipare l’accesso alla pensione di un anno.
Tutte novità di cui si discuterà dal prossimo gennaio, con l’intenzione di arrivare a un accordo con i sindacati in tempo per i lavori della legge di Bilancio 2024.
© RIPRODUZIONE RISERVATA