Riforma delle pensioni, la soluzione potrebbe essere quella della continuità. Il governo al lavoro per lasciare tutto - o quasi - com’è oggi evitando il ritorno della Fornero.
È tempo di vacanza per il governo (e il parlamento) che proprio nella giornata di ieri ha approvato gli ultimi provvedimenti prima del rientro previsto a settembre quando per Giorgia Meloni e i suoi ministri arriverà il momento di riprendere in mano il dossier pensioni.
Sono passati otto mesi da quando il governo approvava la Legge di Bilancio 2023, descritta dai sindacati come un flop sul fronte pensioni tanto da ricevere rassicurazioni riguardo a una riforma da approvare nel 2024. Tuttavia, nonostante i primi confronti tra le parti siano iniziati già a febbraio, al momento siamo ancora a un punto fermo visto che non sono ancora chiare le risorse che saranno a disposizione.
Un’informazione che sarà nota solamente dopo l’approvazione della nota di aggiornamento al Def, in programma alla fine di settembre, ma sulla quale comunque non dobbiamo aspettarci chissà che sorprese: le risorse, infatti, dovrebbero essere limitate con il governo che non avrà chissà che margine di manovra visto che bisogna considerare che ci sono molte misure già “prenotate” (vedi ad esempio la riforma fiscale).
Per questo motivo in queste settimane negli uffici del ministero del Lavoro sono state fatte delle valutazioni sulla riforma che verrà, con l’obiettivo di utilizzare al meglio le - poche - risorse a disposizione in modo da non scontentare nessuno.
A tal proposito, la soluzione - che non piacerà a coloro che speravano in un addio della legge Fornero - potrebbe essere una sola: lasciare tutto com’è oggi, con un ritorno al passato per Opzione donna.
Riforma pensioni, la soluzione è lasciare tutto com’è oggi?
La sensazione è che alla fine la Legge di Bilancio 2024 sarà una replica dell’ultima manovra per quanto riguarda la riforma delle pensioni, con la sola eccezione rappresentata da Opzione donna.
Il governo, infatti, potrebbe concentrare le poche risorse a disposizione - anche perché una parte, dai 3 ai 4 miliardi, è già stata “prenotata” dagli aumenti di inizio anno dovuti all’adeguamento con l’inflazione - per mantenere lo status quo e impedire comunque un integrale ritorno della Legge Fornero.
D’altronde negli ultimi giorni sono in crescita le quotazioni di una conferma di Quota 103 continuando così a permettere il pensionamento anticipato a chi ha compiuto i 62 anni di età e ha raggiunto almeno 41 anni di contributi. Un’opzione che il governo preferisce a Quota 41 per tutti con ricalcolo contributivo: vero che in questo modo si consentirebbe di andare in pensione con 41 anni di contributi anche a chi ha meno di 62 anni, ma allo stesso tempo ci sarebbe una riduzione dell’assegno, andando così a penalizzare anche chi ha più di 62 anni e nel 2023 è potuto andare in pensione in anticipo senza doversi far carico di alcun “costo”.
L’altra conferma, sulla quale non ci dovrebbero essere dubbi, riguarda l’Ape sociale, l’anticipo pensionistico che consente di smettere di lavorare a 63 anni per coloro che appartengono ad alcune categorie, dai disoccupati di lungo periodo ai lavoratori impiegati in professioni particolarmente gravose, come pure per invalidi o per chi si prende cura di un familiare con grave disabilità.
L’Ape sociale è in scadenza il 31 dicembre 2023, ma come detto sopra una conferma per un altro anno almeno non è in discussione.
Capitolo Opzione donna: una conferma dei requisiti introdotti dalla Legge di Bilancio 2023 appare improbabile anche perché vorrebbe dire mettere definitivamente la parola fine alla misura visto che quest’anno ne hanno beneficiato poche centinaia di lavoratrici.
Ci saranno aggiustamenti, con l’obiettivo di avvicinarsi il più possibile a Opzione donna come era intesa fino al 2022, ossia con un’età di 58 anni (59 per le autonome) e un requisito contributivo di 35 anni. E soprattutto bisognerà togliere la limitazione per cui oggi possono accedervi solamente le lavoratrici invalide, caregiver o disoccupate.
E l’aumento delle pensioni minime?
C’è poi l’aumento delle pensioni minime da considerare. Per il 2024, infatti, sono state stanziate le risorse solamente per un incremento del 2,7% (rispetto all’1,5% applicato quest’anno), con l’aumento straordinario riconosciuto agli over 75 - per i quali la pensione minima è stata portata a 600 euro - che quindi rischia di sparire.
L’obiettivo è confermarlo e provare ad alzare leggermente l’asticella (arrivando a 700 euro), con il governo che quindi anche su questo fronte potrebbe seguire la strada della continuità.
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