Pensioni, Quota 41 per tutti nel 2024: adesso un modo c’è (ma è rischioso)

Simone Micocci

11 Luglio 2023 - 11:33

Il governo valuta la possibilità di estendere a tutti l’accesso a Quota 41 già nel 2024, ma solo accettando il ricalcolo contributivo dell’assegno.

Pensioni, Quota 41 per tutti nel 2024: adesso un modo c’è (ma è rischioso)

Come più volte spiegato da noi di Money.it, governo e sindacati hanno come obiettivo quello di consentire a ogni lavoratore di poter andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica.

Per farlo si vuole puntare su Quota 41, misura oggi riservata solamente ad alcuni lavoratori precoci, la quale verrebbe estesa a ogni persona così da rivedere di fatto le regole fissate dalla legge Fornero in merito alla pensione anticipata, per la quale oggi sono richiesti almeno 42 anni e 10 mesi di contributi, uno in meno per le donne.

Tuttavia, Quota 41 per tutti - al pari di altre misure che coinvolgono un’ampia platea di persone - ha un difetto: costa troppo. Secondo le stime della Ragioneria, infatti, servirebbero almeno 5 miliardi di euro nell’immediato, mettendo poi in conto che si arriverà a un picco di 9 miliardi di euro.

Ecco perché le possibilità di arrivare a Quota 41 per tutti già nel 2023 sono in netto ribasso, in quanto sarà molto difficile per il governo racimolare un tale tesoretto. Ed ecco però che spunta una soluzione per arrivare comunque al pensionamento con 41 anni di contributi a qualsiasi età (e non come Quota 103 che prevede il compimento dei 62 anni) ma senza mettere a rischio la stabilità dei conti pubblici: un’idea che non piace ai sindacati ma sulla quale la Lega già in passato ha dimostrato di voler puntare pur di non rinunciare all’idea di estendere Quota 41 a ogni lavoratore.

Quota 41 per tutti solo con il ricalcolo contributivo?

Già nel disegno di legge depositato nella scorsa legislatura la Lega ha puntato sul ricalcolo contributivo dell’assegno per rendere maggiormente sostenibile Quota 41.

Una “penalizzazione” che di fatto prende come modello Opzione donna: anche questa misura, ormai quasi sparita a causa delle modifiche apportate in legge di Bilancio 2023, prevede infatti un ricalcolo interamente contributivo della pensione, operazione che nella maggior parte dei casi comporta una notevole riduzione dell’assegno.

Come noto ai più, infatti, la pensione si calcola attraverso due diversi sistemi:

  • il regime contributivo per la parte di contributi accreditata fino al 31 dicembre 1995. Per coloro che entro questa data hanno maturato almeno 18 anni di contributi, però, il retributivo si applica fino al 31 dicembre 2011. Il vantaggio di questo sistema è che si tiene conto perlopiù delle retribuzioni percepite a fine carriera che solitamente sono ben più alte rispetto agli inizi. In questo modo l’assegno percepito non terrà conto di tutta la carriera, ma solamente del suo periodo “migliore”, garantendo così al pensionato una rendita fin troppo favorevole, con il rischio di mettere a rischio la stabilità dei conti;
  • ecco perché dal 1° gennaio 1996 (oppure dal 1° gennaio 2012 per chi al 31 dicembre 1995 aveva 18 anni di contributi) si applica il sistema contributivo, con il quale invece si guarda all’intera carriera. Nel calcolare l’importo della pensione spettante, infatti, si tiene conto di tutti i contributi versati, i quali si accumulano nel montante contributivo che a sua volta si trasforma in pensione attraverso l’applicazione di un coefficiente tanto più vantaggioso quanto più si ritarda l’accesso alla pensione.

Ebbene, Quota 41 per tutti diventerebbe immediatamente sostenibile - e quindi si potrebbe applicare già a partire dal prossimo anno - laddove si stabilisca che coloro che anticipano l’accesso alla pensione a 41 anni dovranno subire un ricalcolo interamente contributivo della pensione, anche per la parte che altrimenti sarebbe stata quantificata con il retributivo.

Una soluzione che - come anticipato - non piace ai sindacati, ma potrebbe essere l’unico modo per arrivare con largo anticipo all’estensione di Quota 41, obiettivo che altrimenti verrebbe rimandato alla fine della legislatura.

Va detto, però, che una tale “penalizzazione” andrebbe a ridurre di molto la convenienza della misura: per nemmeno 2 anni di anticipo (ricordiamo che la pensione anticipata si raggiunge con 42 anni e 10 mesi di contributi, persino un anno prima per le donne), infatti, c’è il rischio di doversi far carico di una notevole decurtazione dell’assegno.

Quanto si perde con Quota 41 con ricalcolo contributivo?

Come visto sopra, solitamente il sistema retributivo è molto più conveniente del contributivo. È ovvio, quindi, che se anche la parte che solitamente ricade nel retributivo viene calcolata con il contributivo ne risulterà una decurtazione dell’assegno.

Decurtazione tanto maggiore quanto più è rilevante la parte di pensione calcolata con il retributivo. Ad esempio, la penalizzazione sarebbe più alta per coloro che hanno il retributivo applicato fino al 31 dicembre 2011, come pure per chi negli ultimi anni di lavoro ha goduto di un sostanziale aumento di stipendio.

Una penalizzazione che in media potrebbe oscillare dal 10% al 16%, ma la percentuale varia a seconda della posizione contributiva del lavoratore e potrebbe essere persino più alta. Si tratterebbe comunque di un taglio notevole: ad esempio, per una pensione di 2.000 euro potrebbero esserci 200 euro in meno al mese, un sacrificio al quale bisogna essere preparati.

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