Pensioni, sai cosa ha fatto la legge Fornero?

Simone Micocci

16/06/2024

Pensioni, tutti ne parlano: ma sai davvero cosa è cambiato con la legge Fornero? Ecco un riepilogo delle modifiche più importanti apportate al sistema previdenziale.

Pensioni, sai cosa ha fatto la legge Fornero?

Spesso si guarda con sdegno alla legge Fornero che nel 2011 ha riformato le pensioni, tanto che ancora oggi viene definita “di lacrime e sangue”. Ma sapete davvero quali sono le modifiche apportate da quella riforma? Sono passati quasi 13 anni: probabilmente qualcuno non lo ricorderà, altri invece neppure lo hanno mai saputo.

A tal proposito, considerando che le conseguenze della riforma Fornero si sentono ancora oggi, sia in negativo che in positivo dal momento che questa ha comunque contribuito a garantire sostenibilità al sistema previdenziale, è bene fare un riepilogo su cosa è cambiato da allora.

D’altronde è importante conoscere con esattezza cosa prevede la legge Fornero così da poter analizzare al meglio le dichiarazioni fatte da alcuni politici, ad esempio da chi ne promette la “cancellazione” o il “superamento”. Come vedremo di seguito, infatti, questo rappresenta un obiettivo irrealizzabile, in quanto un ritorno al passato avrebbe un costo insostenibile per il nostro Paese.

Le ragioni della riforma Fornero

Le modifiche in materia previdenziale apportate dalla riforma Fornero del 2011 (articolo 24 del D.L. 201/2011) sono state motivate dall’esigenza di garantire sostenibilità al sistema previdenziale in un periodo in cui i conti pubblici erano in una situazione drammatica.

C’era il rischio di non avere più i soldi per pagare le pensioni”, si è sempre difesa l’allora ministra del Lavoro (per il governo Monti) Elsa Fornero, la quale in un’intervista pubblicata da noi di Money.it ha ribadito che si è trattato di una “riforma necessaria”.

L’Italia era in piena crisi del debito sovrano, lo spread era arrivato a toccare quota 575 punti: con la legge di Bilancio si decise di mettere mano alle pensioni per tagliare i costi, introducendo regole più severe tanto per l’accesso quanto per il calcolo. Una riforma che ha garantito un risparmio di 22 miliardi tra il 2011 e il 2020 e continuerà a ridurre i costi fino al 2045.

Cosa ha previsto la legge Fornero

Nel dettaglio, con l’articolo 24 del D.l. n. 201 del 2011 è stata attuata una revisione complessiva del sistema pensionistico. Partendo dalla rideterminazione dei requisiti per andare in pensione. Prima della “Fornero”, infatti, si andava in pensione soddisfando i seguenti requisiti:

  • pensione di vecchiaia a 65 anni di età per gli uomini, 61 anni per le donne del pubblico impiego e 60 anni per quelle del settore privato. Il tutto con 20 anni di contributi;
  • per la pensione di anzianità, invece, veniva utilizzato il meccanismo delle quote. Nello specifico, il diritto alla pensione veniva perfezionato al raggiungimento, per la maggior parte dei lavoratori, di Quota 96, con almeno 60 anni di età e 35 anni di contributi.

La legge Fornero è intervenuta su entrambe, con il risultato che oggi, complici gli adeguamenti con le aspettative di vita intervenuti da allora (che nel complesso hanno comportato un incremento di 12 mesi per l’età pensionabile), per la pensione di vecchiaia bisogna aver compiuto 67 anni di età, tanto gli uomini quanto le donne, mentre per quella di anzianità, che nel frattempo è diventata pensione anticipata, serve avere almeno 42 anni e 10 mesi di contributi, 1 anno in meno per le donne (indipendentemente dall’età anagrafica).

Come visto sopra, in parte questi requisiti sono stati modellati anche dagli adeguamenti con le speranze di vita, ossia quel meccanismo che adegua i requisiti di accesso alla pensione alla durata della vita. Ebbene, va detto che anche su questo sistema c’è la mano della riforma Fornero: fu la legge del 2011, infatti, a stabilire che a partire dal 2019 il suddetto adeguamento sarebbe dovuto avvenire con cadenza biennale anziché trimestrale.

Il calcolo della pensione

Oggi per calcolare la pensione si utilizza il sistema contributivo, molto più penalizzante rispetto al retributivo (che ancora vale per i periodi antecedenti all’1 gennaio 1996, oppure al 1 gennaio 2012 per coloro che entro il 31 dicembre 1995 avevano maturato 18 anni di contributi). Tuttavia non è stata la legge Fornero a introdurre un tale sistema di calcolo, bensì la legge Dini del 1995. Tuttavia, è stata la riforma voluta dal governo Monti a estendere questo nuovo sistema anche a coloro che ne erano stati precedentemente esclusi, ossia proprio coloro che nel 1995 avevano già 18 anni di contributi versati.

Lato rivalutazione, ossia il meccanismo che adegua l’importo delle pensioni al costo della vita, la riforma Fornero aveva disposto il blocco per coloro che avevano una pensione d’importo superiore a 3 volte il trattamento minimo, fino però al 2017. Tuttavia, successivamente è intervenuta la sentenza n. 70 del 2015 della Consulta a dichiarare incostituzionale il blocco reiterato.

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