Pensioni, l’Inps aumenta gli importi per l’inflazione. Ecco quando e di quanto

Simone Micocci

30 Giugno 2024 - 11:46

Pensioni, nuove anticipazioni sull’aumento delle pensioni che a inizio gennaio 2025 verrà effettuato dall’Inps in favore di pensionati, invalidi civili e percettori dell’Assegno sociale.

Pensioni, l’Inps aumenta gli importi per l’inflazione. Ecco quando e di quanto

Ogni anno l’Inps, su indicazione del ministero dell’Economia e delle finanze (che a sua volta tiene conto dei dati raccolti dall’Istat) aumenta l’importo delle pensioni. A prevederlo è la legge n. 448 del 1998, con la quale è stato introdotto il meccanismo chiamato perequazione con cui il trattamento percepito, sia se di tipo previdenziale che assistenziale, viene adeguato al costo della vita.

Di fatto si tratta di uno strumento importante dal momento che impedisce che con il passare degli anni la pensione percepita perda di valore a causa dell’inflazione. D’altronde, se i prezzi aumentano diminuisce la “forza” dell’assegno. A parità d’importo, infatti, si potrebbe acquistare meno rispetto ai periodi in cui i prezzi erano più contenuti.

Per questo motivo è stato stabilito che se crescono i prezzi aumentano anche le pensioni, tenendo conto del tasso di inflazione registrato dall’Istat negli ultimi 12 mesi.

Tuttavia, tanto il meccanismo originario quanto eventuali correttivi attuati dai successivi governi, hanno limitato l’adeguamento per quelle pensioni il cui importo supera di 4 volte il trattamento minimo. Di fatto, dal momento che per queste si applica una rivalutazione parziale, con il passare degli anni si stanno comunque svalutando.

A tal proposito, l’attenzione dei pensionati è tutta per la prossima rivalutazione, specialmente alla luce di quanto successo negli ultimi due anni quando un’inflazione galoppante, dell’8,1% nel 2022, 5,4% nel 2023, ha comportato un aumento significativo degli assegni.

Di quanto aumentano le pensioni nel 2025

Dimenticate gli aumenti che ci sono stati negli ultimi due anni, l’inflazione (fortunatamente) è tornata a un livello contenuto. Basti pensare che a giugno è stata registrata dall’Istat una crescita di appena lo 0,8%.

Nel complesso, l’inflazione - almeno secondo quelle che sono le stime contenute nel Documento di economia e finanza approvato nel luglio scorso - dovrebbe essere dell’1,6%.

Un tasso che quindi garantisce un nuovo aumento delle pensioni, seppure più contenuto rispetto agli anni scorsi. Nel dettaglio, a beneficiare dell’aumento sarebbero:

  • trattamenti previdenziali, sia diretti che indiretti. Una pensione di 1.000 euro, ad esempio, verrà aumentata di 16 euro, una di 1.500 euro di 24 euro;
  • pensione minima, che dovrebbe salire a 608,18 euro (al netto di ulteriori aumenti che potrebbero essere decisi dal governo);
  • Assegno sociale, che dovrebbe passare dagli attuali 534,41 a 542,96 euro;
  • pensioni di invalidità, per le quali invece dagli attuali 333,33 euro si salirà a 338,66 euro.

Questo, ovviamente, laddove la previsione fatta all’interno dal Def dovesse essere confermata. Va comunque detto che semmai dovesse esserci un valore differente, non sarebbe comunque molto distante da quello stimato.

Quale sistema di rivalutazione verrà utilizzato?

C’è però una seconda incognita, legata al meccanismo di rivalutazione utilizzato. A oggi, infatti, non c’è alcun dubbio rispetto all’aumento che verrà autorizzato per le pensioni il cui importo non supera di 4 volte il trattamento minimo, in quanto per queste la rivalutazione sarà sicuramente al 100%.

Discorso differente per quelle che superano il suddetto importo.

Secondo il meccanismo originario, infatti, queste sarebbero rivalutate al 100% per la parte che non supera i 2.394,44 euro (4 volte il trattamento minimo), mentre quella compresa tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo (2.993,05 euro) verrebbe rivalutata al 90%. Infine, eventuali importi superiori al 75%.

Viene quindi utilizzato un meccanismo per scaglioni, con l’importo della pensione che è suddiviso tra le tre fasce con relativa percentuale di rivalutazione.

Tuttavia, negli ultimi anni questo sistema è stato sostituito da uno meno favorevole, con percentuali più basse e l’intera pensione che viene rivalutata tenendo conto del tasso di riferimento.

Ebbene, a oggi non sappiamo ancora quale sarà il sistema utilizzato, ossia se il governo Meloni autorizzerà un ritorno alle vecchie regole oppure se proseguirà con la rivalutazione tagliata.

La differenza sarebbe notevole, come possiamo notare dalle tabelle sottostanti:

Meccanismo previsto dalla legge n. 448 del 1998

Importo pensione Percentuale di rivalutazione Rivalutazione 2025
Fino a 4 volte il trattamento minimo 100% 1,6%
Tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo 90% 1,44%
Sopra le 5 volte il trattamento minimo 75% 1,2%

Meccanismo come modificato dal governo Meloni

Fascia assegnoDa A Indice di perequazione Tasso d’inflazione stimatoRivalutazione
Fino a quattro volte il trattamento minimo --- 2.394,44 euro 100% 1,6% 1,6%
Oltre 4 e fino a 5 volte il trattamento minimo 2.394,44 euro 2.993,05 euro 85% 1,6% 1,36%
Oltre 5 e fino a 6 volte il trattamento minimo 2.993,05 euro 3.591,66 euro 53% 1,6% 0,848%
Oltre 6 e fino a 8 volte il trattamento minimo 3.591,66 euro 4.788,88 euro 47% 1,6% 0,752%
Oltre 8 e fino a 10 volte il trattamento minimo 4.788,88 euro 5.986,10 euro 37% 1,6% 0,592%
Oltre 10 volte il minimo 5.986,10 euro* - 22% 1,6% 0,352%

Per capire la differenza tra i due metodi prendiamo una pensione di 2.600 euro. Questa con il primo sistema verrebbe aumentata di 41 euro, mentre con il secondo di 35 euro circa.

Ancora peggio andrebbe a una pensione d’importo maggiore, ad esempio di 3.500 euro. Con il sistema originario l’aumento sarebbe di circa 53 euro, mentre con il sistema Meloni di circa 30 euro, con una differenza di 23 euro al mese (circa 300 euro l’anno).

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