Più pensionati che lavoratori. È questo il rapporto per il 37% delle province italiane. Ecco dove i pensionati sono più degli occupati.
In 39 province italiane il numero dei pensionati supera quello dei lavoratori. Il rapporto è sfavorevole per il 37% delle province italiane. I dati peggiori si riscontrano nel Sud Italia, dove sul numero dei lavoratori e delle lavoratrici pesa l’alto tasso di disoccupazione e la fuga verso realtà dove le condizioni di lavoro e di vita sono migliori.
Secondo l’Istat i dati sono critici: nel 2020 Sud e Isole hanno perso 42 giovani residenti tra i 25 e 34 anni ogni 100 movimenti anagrafici nei flussi interni extra-regionali e 56 su 100 in quelli esteri. Altro dato che pesa sul Mezzogiorno, e sul rapporto tra pensionati e lavoratori, è sistema delle pensioni anticipate. Il Centro studi itinerari previdenziali, guidato da Alberto Brambilla, prevede la necessità di ridurre le numerose forme di anticipo pensionistico per garantire la tenuta del sistema.
È utile sottolineare che in questo quadro giunge anche il dato della calo demografico, ovvero il calo delle nascite conseguente a scelte poco lungimiranti dei governi che negli anni non hanno puntato sulla stabilizzazione del lavoro precario e della precarietà abitativa dei più giovani. Il contesto internazionale, dalla pandemia alla guerra in Ucraina, ha peggiorato il senso di fiducia delle generazioni più giovani sul futuro. Anche l’assenza di obiettivi quali quelli ambientali e sui diritti civili diminuisce la platea di chi ha intenzione di creare attività e fare famiglia in Italia.
Il 37% delle province italiane dove ci sono più pensionati che lavoratori è solo lo specchio di quanto non è stato fatto fino a oggi. Segnali positivi provengono dalle grandi città, dove però il costo della vita in aumento e l’assenza di crescita degli stipendi potrebbero far invertire la rotta.
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39 province con meno lavoratori e lavoratrici: quali sono
Ci sono più pensionati che lavoratori e lavoratrici nel 37% delle province italiani. È questo il dato emerso sul rapporto tra il numero di pensionati e il numero di persone occupate. In alcune province i dati sono più preoccupanti e nella maggior parte dei casi si tratta del Sud dell’Italia. A esempio a Reggio Calabria i lavoratori occupati sono 67 ogni 100 pensionati, a Messina il rapporto è di 72 ogni 100 e a Foggia di 88 su 100. Esistono delle eccezioni al Sud come a Bari dove gli occupati sono 102 ogni 100 pensionati, a Matera (105 su 100) e a Barletta (111 su 100).
Di seguito una lista delle province dove il numero delle pensioni supera quello della forza lavoro:
Catanzaro, Crotone, Vibo Valentia, Lecce, Cosenza, Caltanissetta, Oristano, L’Aquila, Taranto, Terni, Nuoro, Isernia, Benevento, Palermo, Campobasso, Agrigento, Potenza, Trapani, Biella, Enna, Ancona, Rieti, Catania, Perugia, Ferrara, Siracusa, Imperia, Ascoli Piceno, Vercelli, Rovigo, Avellino, Asti, Salerno, Savona e Chieti.
Da tempo si discute dell’equilibrio del sistema pensionistico italiano e di come sembra destinato a saltare e a subire una profonda riforma a fronte del continuo invecchiamento della popolazione. Anche il record di occupazione registrato a marzo non basta a riequilibrare il numero di lavoratori rispetto a quello dei pensionati.
Sistema pensionistico a rischio: il nodo del problema
L’esempio delle 39 province italiane dove ci sono più pensionati che lavoratori è il concretizzarsi di una serie di problematiche che il sistema italiano ha accumulato nel tempo. Da una parte le pensioni anticipate, considerate troppe e da ridurre in futuro per la tenuta del sistema stesso; dall’altra c’è la difficoltà di trovare occupazione e grazie a questa stabilirsi, restare nel Paese e non ricercare condizioni di vita migliori nelle grandi città italiane o all’estero.
Sono soprattutto i giovani a rappresentare la più grande incognita per il sistema pensionistico, tra calo delle nascite e instabilità economica e abitativa. Anche se il numero di lavoratori e lavoratrici occupati è in aumentato, ci sono ancora troppi pensionati in rapporto al numero dei lavoratori e delle lavoratrici e in futuro il dato potrebbe peggiorare ancora.
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