Il neo bond sovrano a 10 anni del Governo lusitano ha una cedola del 3% annuo lordo che tuttavia sale di un altro po’ ala luce dei prezzi di mercato
In Patria, per l’investitore in titoli di Stato è quasi una prassi misurarsi con BOT, CCT, BTP ed emissioni varie retail come il prossimo BTP Più di metà febbraio. Tuttavia, titoli di Stato non vuol dire solo emissioni targate MEF, ma anche tanto altro sfornato da emittenti sovrani extra-nazionali, europei e non.
Al pari da noi, i Governi esteri emettono obbligazioni sovrane differenti per durata, periodicità della cedola, valuta di denominazione, struttura dei rendimenti, etc.
In questa sede, in particolare, ci soffermeremo sul neo bond del Portogallo di durata decennale. Anticipiamo solo che per comprare questo titolo di Stato basta 1 euro e la cedola annua lorda è del 3%.
I dati chiave dell’obbligazione a 10 anni del Governo portoghese
L’obbligazione ha codice ISIN PTOTEAOE0005 ed è visibile e negoziato sul mercato MOT (Mercato Telematico delle Obbligazioni e titoli di Stato) di Borsa Italiana. Il bond ha data inizio negoziazioni 20/01/2025, data godimento 16/01 e data scadenza e rimborso finale al 15 giugno 2035, 10 anni appunto.
Com’è noto il Portogallo fa parte dell’Unione Europea e dell’area (valutaria) euro, per cui la valuta nazionale avente corso legale è l’euro, come da noi. In altri termini l’obbligazione non presenta rischi di cambio per l’investitore italiano o in euro in generale. La stessa cosa, per esempio, non potremmo dirla per gli strumenti finanziari denominati in $ USA o in sterline inglesi e così via.
Per questo titolo il Governo lusitano si è indebitato sul mercato per un ammontare complessivo di 4 miliardi di €, a fronte dei 25 domandati. Per sottoscriverlo, invece, il taglio minimo è di 1 € e relativi multipli, oltre alle commissioni di compravendita dovute alla propria banca di fiducia.
Quanto rende questo titolo di Stato portoghese?
La cedola lorda (periodicità annuale) è del 3%, pari al 2,625% al netto della ritenuta fiscale del 12,50%, identica a quella applicata sui bond targati MEF. Pertanto il flusso cedolare lordo complessivo da qui al 2035 sarebbe di poco oltre il 31%, diverso dal rendimento che dipende dal prezzo di carico. Ad esempio a quello di emissione a 99,36 andrebbe arrotondato per eccesso, mentre all’attuale 100,2 per difetto.
Ad ogni modo, è tanto o è poco o è in linea con i fondamentali del mercato e dell’emittente? A nostro avviso “non è tanto”, sebbene siamo consapevoli che si tratta pur sempre di un concetto molto soggettivo e volubile in base a più parametri. Mettiamoli a confronto con quelli dei titoli sovrani nazionali pari durata.
Partendo dal rating emittente, esso è pari a BBB (S&Poor’s e Fitch), Baa3 (Moody’s) e BBB+ (Scope) per l’Italia e BBB+ (S&Poor’s), A3 (Moody’s) e A– (Fitch e Scope) per il Portogallo. Il giudizio sul debitore, quindi, è migliore per il Portogallo rispetto a quello dell’Italia.
Quanto ai rendimenti, al momento il decennale MEF offre il 3,582% contro il 2,917% del pari durata portoghese. Anche il confronto degli spread sovrani, quindi, sorride al Governo di Lisbona, che paga meno del nostro per indebitarsi sul mercato ma anche meno delle vicine Spagna (3,128%) e Francia (3,258%).
Come mai? Tutto questo perché dal post-crisi dei debiti sovrani in poi gli Esecutivi succedutisi a Lisbona hanno implementato credibili piani di risanamento dei conti pubblici. Altrettanto, invece, non può dirsi per il debito pubblico nostrano (anzi!), che lievita costantemente malgrado le mille promesse di un suo contenimento.
Per comprare questo titolo di Stato basta 1 euro e la cedola annua lorda è del 3%
Tuttavia, se l’analisi si sposta dal piano dei conti (in ordine, non in ordine) a quella delle economie, i risultati si invertono. Il Portogallo è un Paese che da decenni non ha una bilancia commerciale in attivo causa il suo essere un importatore netto di beni dall’estero. Di contro il Belpaese poggia su un tessuto industriale fatto di migliaia di piccole e medie imprese decisamente votate all’export. Anche questi dati, oltre al rating, valgono per giudicare la qualità di un debitore sovrano. Detta diversamente, su quali basi poggia la sua forza, la sua capacità di rimborso futuro dei soldi?
Torniamo infine all’analisi costi-benefici del piccolo investitore. Il taglio minimo di 1 € apre potenzialmente le porte a tutti, ma bisogna considerare le spese di gestione del titolo. Pertanto al di sotto di certi importi (qualche migliaia di euro) non è conveniente investirvi perché non si coprirebbero neanche le spese fisse.
Poi c’è la durata decennale di sicuro non corta, mentre il prossimo BTP Più, giusto per fare un esempio, apre alla possibilità di rimborso anticipato (a certe condizioni) dopo 4 anni. E se nel 2029 i mercati si ritrovassero nel bel pieno di una tempesta finanziaria? Chi può dirlo? Di certo uno darebbe modo di liquidare l’investimento e di resettare le proprie strategie operative. L’altro, invece, esporrebbe inevitabilmente al rischio mercato, al pari di tutti gli aktri BTP lunghi privi del “paracadute” del rimborso anticipato del BTP Più prossimo a venire.
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