La Cina in crisi economica cerca la strada per crescere in modo duraturo. Il dragone ha una sola possibilità per tornare a dominare l’economia globale: cambiare, lo ha detto la banca centrale.
La Cina continua a cercare soluzioni per spingere la sua crescita economica, ancora troppo debole.
I riflettori del mondo sono accesi sul dragone che lotta contro una crisi immobiliare profonda, la deflazione causata da una domanda dei consumatori fragile, le tensioni con gli Usa che stanno sconvolgendo le relazioni commerciali e la fiducia degli investitori, in nome della strategia occidentale del de-risking.
In questo contesto così complesso, Pechino si trova in un bivio: ritornare a essere una potenza globale attraverso una vera e propria trasformazione della sua economia, oppure accontentarsi di crescere trascinata da settori ormai obsoleti e appesantiti dai debiti.
Secondo la banca popolare cinese, per la nazione è arrivato il momento di rivoluzionare il suo sistema produttivo ed economico. In parte, ci sta già riuscendo, mettendo in crisi le altre potenze mondiali. Il cambiamento resta comunque la sola opportunità per riportare Pechino a dominare l’economia mondiale.
Cosa deve fare la Cina contro la crisi? La soluzione è una: cambiare
Perseguire una crescita sostenibile e di alta qualità è l’unica strada vincente per la Cina in crisi.
Il governatore della banca centrale cinese ha dichiarato che la seconda economia più grande del mondo sta attraversando una profonda trasformazione ed è alla ricerca di nuovi motori di crescita per tornare a dominare l’economia globale.
“Il modello tradizionale che fa molto affidamento sulle infrastrutture e sul settore immobiliare potrebbe generare una crescita più elevata, ma ritarderebbe anche l’aggiustamento strutturale e minerebbe la sostenibilità della crescita”, ha affermato.
“La trasformazione economica in corso sarà un viaggio lungo e difficile, ma è un viaggio che dobbiamo intraprendere”, ha aggiunto.
Pechino ha cercato di ridurre la dipendenza dell’economia dalla proprietà, incanalando più risorse nella produzione ad alta tecnologia e nell’industria verde, ma ha faticato a rafforzare la fiducia dei consumatori e degli investitori.
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Inoltre, la nazione sta continuando a offrire più fondi in progetti infrastrutturali per stimolare la crescita, mentre il governo centrale spende di più per cercare di contenere i rischi del debito pubblico locale.
Nel frattempo, però, guidata dall’imperativo del cambiamento, la Cina è già la nazione più potente nel settore dei veicoli elettrici e nella transizione energetica ha vantaggi competitivi importanti.
La rinascita della potenza cinese, attesa dal mondo, riparte proprio da questi settori che sono strategici per tutte le potenze mondiali. Non solo il dragone, ma anche Usa ed Europa dovranno avviare una profonda trasformazione delle loro strutture economiche e produttive per evitare una crisi.
La sfida cinese è anche geopolitica
La trasformazione è la chiave del successo economico cinese. Ma non basta se la tensione geopolitica non si allenta.
I recenti contrasti ed eventi geopolitici, dalla guerra della Russia in Ucraina alle preoccupazioni per una futura invasione cinese di Taiwan, hanno portato un numero crescente di imprese straniere a scegliere di non espandere le proprie catene di approvvigionamento in Cina.
Gli investimenti sono stati piuttosto indirizzati verso Paesi come India, Messico e Vietnam che godono di migliori legami con gli Stati Uniti, una strategia nota come “Cina più uno”. Una strategia che può danneggiare il dragone.
La China International Supply Chain Expo (CISCE), in corso in questi giorni, è apparsa proprio come l’ultimo tentativo di Pechino di aumentare gli investimenti esteri in Cina, che sono scesi ai minimi storici.
Secondo Rhodium Group, il valore degli investimenti greenfield annunciati da Stati Uniti ed Europa in Cina è sceso a meno di 20 miliardi di dollari l’anno scorso, da un picco di 120 miliardi di dollari nel 2018, mentre gli investimenti in India sono aumentati di circa 65 miliardi di dollari, ovvero del 400%.
Nonostante questo calo, il dragone rimane un’opzione interessante: un sondaggio condotto dalla banca HSBC al China International Import Expo (CIIE) all’inizio di questo mese ha mostrato che il 45% delle aziende prevede di espandere la propria catena di approvvigionamento in Cina nel prossimo anno.
Mentre trasforma e rinnova la sua struttura economica, la potenza asiatica deve anche trovare canali comunicativi più rassicuranti con Usa ed Europa. Da qui passa il successo per superare la sua crisi e la parola chiave rimane la stessa: cambiamento nell’approccio con i rivali commerciali.
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