Politica, religione ed economia: ecco tutti i motivi per cui da più di sei anni c’è la guerra in Siria, con la situazione che potrebbe anche degenerare.
In questi anni si è detto tutto e il contrario di tutto sulla guerra in Siria. Uno scenario questo dove non sembrerebbe mancare proprio nulla, dal dittatore sanguinario ai terroristi religiosi fino ad arrivare alle tragedie dei civili fino al possibile utilizzo di armi chimiche.
Nelle ultime settimane poi, gli scontri hanno fatto registrare un’autentica escalation coinvolgendo anche grandi potenze tanto che in molti parlano di una possibile degenerazione del conflitto in una sorta di Terza Guerra Mondiale.
Ma perché c’è la guerra in Siria? Una domanda semplice ma al tempo stesso molto complessa, alla quale proveremo comunque a dare una risposta. I motivi infatti sono molti ma, per poter comprenderli al meglio, può essere utile prima fare un piccolo riepilogo dei fatti.
L’inizio della guerra in Siria
Non è semplice sintetizzare al meglio tutti gli avvenimenti di questo conflitto che ancora, senza che se ne possa vedere la fine, sta insanguinando la Siria. Tutto è iniziato nel marzo 2011 con le prime manifestazioni nel paese contro il regime del presidente Bashar Assad.
Era quello il periodo della cosiddetta “Primavera Araba” ma, a differenza di altri paesi dove i moti riuscirono a far cadere i vecchi sistemi di potere, il governo di Damasco reagì subito con veemenza soffocando anche nel sangue le manifestazioni di protesta.
La Siria è un paese a maggioranza sunnita (75%) mentre la famiglia Assad e l’élite che governa il paese è sciita. La rivolta quindi assunse subito contorni anche religiosi oltre che politici, fino a che nel 2012 gli scontri sempre più frequenti non si trasformarono in una vera e propria guerra civile.
Si vennero a creare quindi due schieramenti ben suddivisi. L’esercito regolare siriano di Assad è sostenuto dall’Iran (il più grande paese sciita), dalla Russia e in parte anche dalla Cina, dal Venezuela e dalla Corea del Nord.
I ribelli invece hanno potuto contare fin da subito sull’appoggio degli altri stati sunniti mediorientali (Arabia Saudita e Qatar su tutti), oltre che quello degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali come Francia e Gran Bretagna.
Nasce l’Isis
Inizialmente i ribelli riescono a conquistare diverse città, ma la situazione poi si rende ancor più complessa per il subentro di altre forze in campo. Vista la situazione di generale caos, anche i curdi nel Nord del paese iniziano a battagliare riuscendo anche loro a sottrarre diverse località a Damasco.
Nel 2013 poi alcuni estremisti islamici iniziano a compiere scorribande per il paese: nasce dunque l’Isis che in breve tempo riuscirà a prendere il controllo di importanti centri anche in Iraq dichiarando quindi, nel 2014, la nascita dello Stato Islamico.
Messo in difficoltà dai tanti fronti aperti, Assad riesce riconquistare diverse città quando la Russia decide di intervenire apertamente a suo sostegno. Da allora possiamo dire che Damasco dipenda totalmente da Mosca.
Visto il grave problema rappresentato dall’Isis, i vari combattenti decidono di dare vita a una sorta di tregua per sconfiggere il nemico comune. A fine 2017, lo Stato Islamico viene dichiarato sconfitto dopo la caduta di Mosul prima e Raqqa poi.
La situazione ora
Venuto meno il califfato, è ripreso immediatamente il conflitto tra esercito regolare, ribelli e curdi. La Turchia, che fino a quel momento aveva sostenuto i ribelli, inizia a bombardare le città vicine al proprio confine in mano ai curdi.
Dopo aver preso il controllo di Afrin, il presidente Erdogan stringe un patto con Putin e il Rouhani (numero uno dell’Iran) per dar vita a una sorta di protettorato nelle zone una volta controllate dai curdi.
Nel frattempo anche Assad ha iniziato a intensificare i propri bombardamenti contro gli avamposti dei ribelli, ormai pronti ad alzare bandiera bianca in diverse località strategiche come tutta la zona del Ghouta.
Le accuse in merito all’utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito siriano nei bombardamenti, hanno però provocato la reazione degli Stati Uniti che si sono detti pronti ad agire militarmente contro Damasco.
Un attacco poi attribuito a Israele a una base militare siriana a Homs, che ha provocato 12 vittime tra cui anche militari iraniani, ha complicato ancor di più una situazione che si sta facendo sempre più tragica e problematica.
Secondo alcune organizzazioni, dall’inizio del conflitto a fine 2017 sarebbero circa 500.000 le persone morte in Siria. Il dato però può essere comsiderato estremamente al ribasso visto che l’Alto Commissariato dell’Onu in pratica dal 2014 non conta più le vittime a causa delle difficoltà ad accedere ai documenti.
Milioni poi sarebbero i feriti così come gli sfollati interni e i profughi che sono riusciti ad abbandonare i confini del paese. Una dramma di dimensioni notevoli che può essere ricondotto ad alcune ben precise cause.
I motivi della guerra
Come detto sono diverse le cause di questa guerra che dura ormai da più di sei anni. Alla base c’è senza dubbio la rivolta nei confronti del regime di Assad, sull’onda di quelle proteste che hanno caratterizzato in quel periodo molti paesi arabi.
Forti sono anche le motivazioni religiose. I ribelli infatti sono sunniti anche se molti di questi sono rimasti comunque fedeli al governo centrale retto dagli sciiti. In quest’ottica è molto forte il legame tra Damasco e Teheran.
L’appoggio dell’Iran (grande paese sciita) è anche uno dei fattori principali di questo conflitto. Al momento Assad è al potere soltanto grazie al sostegno di Putin e Rouhani, che di fatto sono quelli che controllano una Siria che da sempre ha una posizione strategica nel Medio Oriente.
In ballo quindi ci sono gli equilibri geopolitici di tutta la ricca area. Arabia Saudita e Stati Uniti temono che il controllo del paese possa rafforzare di molto i paesi facenti parte del blocco rivale.
Anche Israele non dorme sonni tranquilli nel pensare che si possa creare un forte asse tra Iran, Siria e gli Hezbollah libanesi, il tutto con il beneplacito della Russia e ora anche della Turchia.
Forti sono anche le motivazioni economiche. La Siria è un paese ricco di petrolio e di altre risorse naturali. Molte di questi giacimenti erano caduti in mano dell’Isis ma anche dei curdi, così ora è aspro lo scontro per poterli gestire.
In più c’è la vicenda di un oleodotto che dal Qatar dovrebbe arriva in Turchia passando per un lungo tratto attraverso la Siria. Assad finora si è sempre rifiutato di dare il via libera al progetto, visto che un suo sblocco andrebbe a danneggiare la Russia che al momento ha quasi il monopolio delle forniture di gas all’Europa.
La guerra ha motivazioni quindi inizialmente sociali e religiose, ma al momento la Siria rappresenta un terreno di scontro tra il blocco di potere russo-iraniano-cinese e quello saudita-americano-occidentale.
Nel mezzo c’è la tragedia dei civili siriani, vittime innocenti di questa guerra che sta distruggendo letteralmente il paese. Un dramma questo che rappresenta una vera e propria onta sulle coscienze di tutti i paesi coinvolti e di quelli che si rifiutano di accogliere i profughi.
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