La Cina vuole proiettare la propria potenza marittima oltre il Mar Cinese Meridionale. Per farlo deve però superare alcuni ostacoli economici non da poco.
Le acque del Mar Cinese Meridionale sono presidiate dalla Cina. Dalle numerose strutture militari dislocate su atolli e isole contese alle moderne navi della Marina, Pechino ha una voce in capitolo sempre più grande nell’intera regione marittima. Il discorso cambia se spostiamo lo sguardo più a ovest, nei pressi dell’Oceano Indiano, dove sorge un enorme teatro navale dominato dagli Stati Uniti.
Questo è un problema non da poco per il gigante asiatico, visto che ogni giorno una sessantina di grandissime navi portapetrolio a pieno carico transitano tra il Golfo Persico e i porti cinesi, trasportando più o meno la metà del petrolio che alimenta la seconda economia del pianeta. Non solo: a quelle stesse latitudini viaggiano anche altre innumerevoli imbarcazioni della Repubblica Popolare Cinese in arrivo o dirette verso Africa e Brasile.
Gli obiettivi della Cina in loco, dunque, coincidono con il consolidamento della sicurezza delle sue rotte di approvvigionamento energetico (e commerciali), nonché con l’aumento della sua influenza marittima. Già, perché nel caso in cui dovesse esplodere una crisi, o peggio un conflitto tra Washington e Pechino, le petroliere cinesi nell’Oceano Indiano si troverebbero vulnerabili e sarebbero esposte alle minacce nemiche. Con ingenti ripercussioni sull’economia del Dragone. [...]
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