L’Italia attende il giudizio dell’agenzia di rating Moodys’ con preoccupazione: perché il Paese è sull’orlo di un declassamento e cosa può succedere con un aggiornamento negativo.
L’Italia attende il giudizio di Moody’s come un test cruciale per la sua stabilità finanziaria, economica e politica.
L’agenzia di rating si pronuncerà venerdì 17 novembre in tarda serata e sarà l’ultima a valutare il debito della nostra nazione dopo che S&P, Dbr e Fitch hanno lasciato invariato il rating e l’outlook. Anche se questi ultimi aggiornamenti sono stati in generale positivi, visto che non hanno peggiorato il giudizio sull’Italia, nei rapporti delle agenzie non sono mancati riferimenti a indebolimento economico e rischi per il prossimo futuro.
In questa cornice si inserisce l’attesa per Moody’s, che intanto ha declassato l’outlook degli Usa da stabile a negativo, lanciando proprio l’allarme deficit e non solo. Analisti e politici tremano, perché l’Italia è appena sopra un gradino dalla valutazione “junk” (spazzatura), un risultato purtroppo possibile, anche se un avanzamento verso il livello stabile di outlook (ora negativa) può ancora concretizzarsi.
Un declassamento dell’Italia sarebbe comunque un segnale di massima allerta per il Paese e per il blocco europeo. Cosa aspettarsi da Moody’s e come può influenzare le sorti economiche e finanziarie italiane.
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L’Italia al test di Moody’s: cosa aspettarsi
Outlook negativo e rating Baa3, ovvero il livello più basso di investment grade (livello per investire) oltre il quale si scivola in “spazzatura”: questa l’attuale situazione dell’Italia nella valutazione di Moody’s.
Qualsiasi annuncio arriverà venerdì sera, sarà la prima valutazione da quando il Governo Meloni ha presentato la Legge di Bilancio, non senza problemi. La previsione di un aumento del deficit ha causato un ampliamento dello spread di rendimento obbligazionario italiano rispetto a quello tedesco – una misura chiave del rischio – fino a 210 punti base per la prima volta da gennaio.
Il downgrade è un’ipotesi possibile, anche se non data per certa. Gli analisti si stanno comunque interrogando su cosa potrebbe accadere con un pericoloso scivolamento del rating del debito italiano - da sempre tra i più alti e quindi preoccupanti in Eurozona - a spazzatura.
Un peggioramento nel giudizio sarebbe uno “shock per un mercato già fragile”, ha affermato Rohan Khanna, stratega di Barclays.
Secondo lui, un downgrade potrebbe riportare lo spread verso i 250 punti base, un livello visto l’ultima volta in occasione delle elezioni anticipate del 2022. Qualsiasi aumento dei rendimenti potrebbe aumentare la pressione sui funzionari della Bce per arginare le turbolenze.
Il rischio di allargare le turbolenze sul mercato obbligazionario europeo è un altro fattore da valutare. Gli analisti di Moody’s sanno che il primo downgrade della Grecia a spazzatura nel 2010 – da parte della società ora chiamata S&P Global Ratings – ha intensificato la crisi del debito sovrano europeo.
Secondo Sofia Barta, professoressa associata presso l’Università di Albany, l’agenzia Moody’s non ha alcun incentivo a declassare ulteriormente il rating. “L’ultima cosa che le agenzie di rating vogliono è una sorta di spirale che spaventa il mercato. Non vogliono essere la causa del problema”.
Il giudizio sull’Italia sta alimentando riflessioni su diversi punti. Ridurre il Paese a “spazzatura” potrebbe sembrare inopportuno rispetto ad altre economie del G7. In una analisi di Bllomberg si fa notare che il suo rapporto debito/Pil è di gran lunga inferiore al 255% del Pil del Giappone, che Moody’s valuta parecchi gradi più in alto. Il Regno Unito e la Francia hanno rating migliori, ma il rapporto debito/PIL è notevolmente superiore al 100% – e hanno anch’essi problemi fiscali.
A differenza della Gran Bretagna, la cui ex premier Liz Truss con i suoi tagli fiscali non finanziati ha innescato un duro contraccolpo del mercato nel 2022, l’Italia non ha messo così in pericolo gli investitori.
Ma a differenza dell’Italia, sia il Regno Unito che il Giappone hanno la flessibilità della propria valuta. È qui che il ruolo della Bce sarà importante: i funzionari di Francoforte hanno preparato uno strumento di crisi per arginare le turbolenze, che però richiederebbe al governo italiano di soddisfare alcuni requisiti nella gestione dei conti pubblici.
Matthew Rees, di Legal & General Investment Management (LGIM) ha commentato che un declassamento di Moody’s avrebbe un impatto più significativo, con conseguenze molto più serie rispetto a quanto deciso da altre agenzie. Tuttavia, “noi di LGIM riteniamo che questo declassamento da parte di Moody’s sia molto improbabile poiché le misure di sostegno europee all’Italia, come il programma di reinvestimento denominato ‘Transmission Protection Instrument’ (TPI) e i fondi NextGenerationEU, sono ancora attivi e anche il deficit, seppur lentamente, sta registrando dei miglioramenti”.
Tutti i dubbi di Moody’s sull’Italia
Moody’s ha evidenziato 3 aree problematiche per l’Italia. Le prime 2 sono riforme strutturali e sfide sull’approvvigionamento energetico, su entrambe le quali il governo Meloni potrebbe vantare qualche progresso rispetto all’ultimo giudizio.
Le finanze pubbliche restano probabilmente la preoccupazione più grande: Moody’s aveva sottolineato infatti “il rischio che la forza fiscale dell’Italia venga ulteriormente indebolita da una crescita lenta, da costi di finanziamento più elevati e da una disciplina fiscale potenzialmente più debole”.
Su ciascuno di questi elementi, non sono stati compiuti grandi passi inn avanti. L’Italia rimane nel limbo tra recessione e crescita molto debole, i tassi di interesse più elevati della Bce hanno alimentato i costi di finanziamento e il budget del Governo per il 2024 non prevede miglioramenti immediati per la gestione del debito.
I funzionari non prevedono più un avanzo primario l’anno prossimo, in cui le entrate supereranno la spesa prima dei costi per interessi, e il deficit non tornerà al limite del 3% fissato dall’Unione Europea fino al 2026.
Moody’s tende a concentrarsi sul debito come percentuale del prodotto interno lordo. Secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale del mese scorso, l’Italia supererà ancora il 140% della produzione in cinque anni, oltre 8 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto ad aprile.
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