La Bce non ha in programma di tagliare i tassi: queste le ultime dichiarazioni di de Guindos. Perché il timore di un’inflazione elevata è ancora alto e cosa può accadere in Europa.
Nessun taglio dei tassi all’orizzonte per la Bce: a confermarlo è stato il vice presidente Luis de Guindos in una intervista rilasciata al Financial Times.
La Banca centrale europea è nel mirino degli osservatori dopo che a settembre ha aumentato ancora il costo del denaro di 25 punti base, portando il tasso di interesse al 4,50%. Intanto, si stanno incupendo le previsioni di crescita per la zona euro.
La maggior parte degli economisti ritiene che l’economia della regione probabilmente subirà una contrazione nel terzo trimestre, contribuendo a un raffreddamento delle pressioni sui prezzi, rendendo improbabile che la Bce aumenti ulteriormente i tassi.
Eppure i mercati obbligazionari hanno subito pesanti vendite la scorsa settimana, portando icosti di indebitamento statale al livello più alto dalla crisi del debito europea di oltre un decennio fa, mentre gli investitori erano preoccupati per i segnali delle banche centrali secondo cui manterranno i tassi alti per un periodo prolungato prima di tagliarli.
La diminuzione del costo di finanziamento non sembra essere all’orizzonte, pur in tante incognite su come la politica monetaria aggressiva della Bce si trasmetterà su inflazione e situazione finanziaria generale e delle famiglie. Intanto, de Guindos ha spiegato perché si teme ancora un aumento dei prezzi.
Avvertimento Bce sui tassi e sull’inflazione: cosa può accadere
Luis de Guindos ha respinto ogni possibilità di tagli dei tassi da parte della Bce, liquidandoli come “prematuri” e avvertendo che gli ostacoli per riportare l’inflazione all’obiettivo del 2% saranno difficili da superare, soprattutto ora ch ci si avvicina all’ultimo sforzo della politica monetaria aggressiva.
I motivi sono diversi e invitano alla prudenza. Innanzitutto, il recente aumento dei prezzi del petrolio al massimo di 10 mesi è un ostacolo.
“Siamo sulla buona strada verso il 2%”, ha detto de Guindos. “Questo è chiaro. Ma dobbiamo monitorare la situazione molto da vicino, perché l’ultimo miglio non sarà facile...gli elementi che potrebbero dissolvere il processo di disinflazione sono potenti”.
Insieme al petrolio, anche la rapida crescita salariale, un euro più debole e una domanda resiliente di servizi potrebbero mantenere alta l’inflazione.
Un altro fattore che mantiene alti i prezzi è l’aumento della spesa pubblica. La scorsa settimana Italia e Francia hanno delineato i piani per gestire deficit fiscali maggiori del previsto e al di sopra della regola Ue che li limita al 3% della produzione, che è stata sospesa dalla pandemia ma dovrebbe tornare in vigore l’anno prossimo.
Dopo quattro anni senza regole fiscali, i Governi potrebbero essersi abituati a un approccio del tipo tutto ciò che serve rispetto alla politica fiscale, ha affermato de Guindos. “Ma questo deve cambiare. Avere un inasprimento della politica monetaria e, contemporaneamente, una politica fiscale espansiva sarebbe un policy mix pessimo”.
Un insieme di fattori, e di rischi, che per ora invitano alla massima cautela a Francoforte, allontanando ogni possibilità di tagli ai tassi.
I dubbi sulla politica monetaria Bce
Il vicepresidente della Bce ha dichiarato al FT che il fattore “cruciale” che determinerà la sua prossima mossa sarà la velocità con cui l’inasprimento della politica monetaria verrà trasmesso dalle banche e dai mercati obbligazionari ai consumatori e alle imprese.
Le modifiche alla politica monetaria di solito hanno pieno effetto sull’inflazione solo dopo almeno un anno, il che significa che gran parte dell’impatto della stretta potrebbe ancora verificarsi. Ma se la trasmissione della politica è stata rapida e l’inflazione rimane elevata, ha affermato che la banca potrebbe dover intraprendere ulteriori azioni sui tassi.
Il costo del denaro è aumentato e la domanda di prestiti è diminuita: i prestiti del settore privato nell’Eurozona sono aumentati dello 0,6% ad agosto, il ritmo annuale più lento degli ultimi otto anni. Per de Guindos c’è “molta più incertezza” sulla velocità con cui questo si trasmette alle famiglie e alle aziende poiché molte hanno bloccato tassi bassi per lunghi periodi, proteggendole dall’impatto della politica restrittiva della Bce.
Intanto, il forte aumento dei tassi di interesse ha causato un calo dei prezzi immobiliari in gran parte dell’Europa, che secondo de Guindos è “la nostra principale fonte di preoccupazione in termini di stabilità finanziaria”, in particolare l’esposizione di istituti non bancarie, come i fondi comuni di investimento, al mercato immobiliare.
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