Putin non si presenta al summit di pace a Gedda. La pace in Ucraina sembra essere ancora lontana: ecco il perché.
La pace in Ucraina è ancora molto lontana e ne è la prova la sedia vuota lasciata dalla Russia al summit per la pace a Gedda, in Arabia Saudita.
Seduti ai tavoli per la pace l’Ucraina e altri 40 paesi, tra cui anche quelli che hanno mantenuto una posizione più ambigua, come l’Egitto, e più amichevole con la Russia, come la Cina, legata a Mosca da una cooperazione militare senza limiti. Unico paese assente è stato solo la Russia, che inizialmente ha screditato il summit di pace - per questioni anche propagandistiche - spiegando successivamente che avrebbe “tenuto d’occhio” il summit.
Il summit di pace è anche terreno di scontro per rimarcare i ruoli geopolitici, come gli Stati Uniti che tentano di mantenere il proprio ruolo di superpotenza, minacciato dall’ascesa della Cina: linea politica dettata da Washington in merito al sostegno economico a Kiev è fondamentale per l’intero Occidente ed è proprio sulla guerra in Ucraina che si giocano anche le future presidenziali del 2024.
Attualmente i sondaggi danno un testa a testa tra Joe Biden e Donald Trump, il quale ha più volte affermato di poter porre fine alla guerra “in 24 ore”, lasciando intendere che l’America sta spendendo troppe risorse economiche in questa guerra.
Il summit, però, potrebbe essere l’occasione per gli alleati per poter aprire un dialogo con i Paesi rimasti neutrali, ma per porre fine alla guerra è necessario che a dialogare siano le due nazioni coinvolte in prima linea: Ucraina e Russia. Mosca però ha mostrato più volte di non essere interessata a porre fine alla guerra. Cerchiamo di capire come e qual è la strategia della Russia per vincere questa guerra.
La pace in Ucraina è ancora lontana: ecco cosa sta facendo la Russia
Che la pace in Ucraina sia ancora lontana è abbastanza evidente e sono numerose le spie che mostrano un interesse da parte di Mosca nel protrarre il più possibile la guerra.
Il Cremlino non cerca una via d’uscita e le prove di ciò sono molteplici. Il primo segnale è che la Russia ha raddoppiato il budget della difesa. È questo ciò che emerge da un documento governativo russo esaminato da Reuters: l’obiettivo di Mosca è di portare le spese militari a oltre 100 miliardi di dollari per il 2023, ossia “un terzo di tutta la spesa pubblica”. Basti pensare che al momento la Russia ha già speso 6 miliardi di dollari in più del budget previsto per il 2023, equivalente a circa 52 miliardi di dollari.
Altro elemento da non sottovalutare sono le decisioni prese dal Cremlino sul fronte interno. Il parlamento russo ha approvato una serie di leggi per aumentare il bacino di nuove reclute, alzando il limite di età del servizio militare obbligatorio, da 27 a 30 anni, impedendo a chi viene convocato tramite mail di poter lasciare il Paese. Un azzardo in quanto la decisione di mandare reclute che non hanno mai combattuto al fronte potrebbe aumentare lo scontento nel Paese, ma il Cremlino esercita pressioni affinché le persone si arruolino (almeno all’apparenza) volontariamente.
Questi sono le prove che Putin si prepara a una guerra che è lontana dal concludersi. Bisogna però considerare che le nuove decisioni in campo militare aumentano il deficit di bilancio russo. Come ipotizza La Stampa, forse Putin potrebbe non avere le risorse né gli uomini per condurre nuove grandi offensive, ma per protrarre la guerra sì. Come ha detto l’Economist: “La guerra è la sua unica eredità. Può intensificarla o ridurla. Ma non può porvi fine”.
Putin non si presenta al summit di pace: qual è la sua strategia per vincere la guerra?
La decisione di Putin di non presentarsi al summit di pace a Gedda tradisce fin da subito quale sia la strategia russa per conquistare l’Ucraina: condurre una guerra di logoramento. I bombardamenti di Mosca sono infatti rivolti a porti e scorte di cereali ucraini in modo da prostrare l’economia ucraina. Ciò comporterebbe un aumento dell’impegno finanziario degli alleati con la speranza che l’Occidente riduca con il tempo gli aiuti economici e militari.
Finora, secondo l’Economist, il costo totale degli aiuti dei sostenitori occidentali dell’Ucraina è stato di quasi 200 miliardi di dollari, una somma di certo non indifferente. È varo anche che l’Occidente impegnato nel sostenere Kiev possieda un Pil collettivo di 55mila miliardi di dollari, enormemente superiore a quello russo, che l’anno scorso valeva 2mila miliardi di dollari.
Ciò che forse non ha considerato Putin è che alla guerra in Ucraina, argomento sempre scottante per la politica interna che per l’opinione pubblica, siano legati questioni di principio e molteplici interessi per ruoli geopolitici. Come ha scritto Lawrence Freedman, professore di storia al King’s College di Londra, su Foreign Affairs: “Per certi aspetti, i paesi Nato ormai sono soggetti alle stesse pressioni della Russia. Non far perdere l’Ucraina è diventato un interesse vitale dell’Occidente”.
L’occasione mancata per far sedere allo stesso tavolo Russia e Ucraina potrebbe quindi trasformarsi in un’opportunità per l’Occidente per fare pressioni su quei paesi che finora si sono tenuti neutrali, come l’Indonesia, il Brasile, e convincere la Cina, il Paese più vicino a Putin, quest’ultima potrebbe rivelarsi un’impresa al quanto ardua. Il messaggio che gli alleati dell’Ucraina potrebbero diffondere è che è necessario opporsi ad annessioni territoriali come quella della Russia.
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