In alcuni casi il lavoratore può avvalersi del permesso per gravi motivi familiari e personali anche per assistere un animale domestico; lo ha stabilito la Cassazione con una recente sentenza.
Esiste veramente un permesso per il lavoratore che ha bisogno di uno o più giorni per curare il proprio animale domestico? In realtà non c’è un permesso specifico di questo genere, tuttavia - qualora sussistano determinate condizioni - si potrà richiedere il permesso per gravi motivi personali e familiari, il quale è retribuito per i dipendenti del pubblico impiego ma non per quelli del settore privato.
Qualora ne sussistano le condizioni, quindi, il datore di lavoro non potrà opporsi alla richiesta e dovrà concedere il permesso al dipendente che deve assentarsi dal lavoro per far sottoporre alle cure veterinarie il proprio cane o gatto.
Quindi, in alcuni casi la malattia dell’animale domestico rientra tra i gravi motivi personali e di famiglia, per i quali sia i dipendenti privati che quelli del pubblico impiego hanno diritto a dei giorni di permesso (che per quest’ultimi sono anche retribuiti).
Il riconoscimento del permesso per assistere il proprio animale domestico si deve ad un particolare caso accaduto a Roma, che ha fatto sì che la Cassazione pronunciasse la sentenza per chiarire il da farsi.
Il caso di specie
La questione inerente ai permessi lavorativi per la cura del proprio animale domestico nasce con il caso di una lavoratrice dell’Università La Sapienza.
La donna, proprietaria di un cane, aveva richiesto un permesso di due giorni poiché il suo animale domestico aveva bisogno di un intervento medico veterinario urgente alla laringe più una dovuta assistenza per i seguenti giorni.
A questo punto, non potendo beneficiare dell’aiuto di terzi la donna ha chiesto due giorni di permesso al lavoro. Dopo un primo permesso rifiutato, la donna ha richiesto il supporto tecnico-giuridico dell’ufficio legale della Lega Antivivisezione.
Grazie al supporto della LAV, la dipendente dell’Università La Sapienza ha ottenuto il diritto a beneficiare del permesso lavorativo, retribuito, poiché secondo la Cassazione “la non cura di un animale di proprietà integra il reato di maltrattamento degli animali” previsto dal Codice penale all’art.544-ter.
Nella nota della Lav che è intervenuta a favore della donna, si precisa inoltre che vige anche il reato di abbandono di un animale (punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro) qualora non riceva le giuste cure, come previsto dalla prima parte dell’articolo 727 del Codice Penale.
Qualora il proprio lavoro si riveli un impedimento per la sopravvivenza e per la cura dell’animale, quindi, si potrà fare richiesta di questo permesso; l’importante è presentare tutta la documentazione richiesta e soddisfare le condizioni previste e ribadite dalla Cassazione.
Quando spetta il permesso
Tuttavia i casi in cui si può ottenere un permesso straordinario per la cura di cani e gatti sono molto pochi. Per beneficiare di questo diritto, infatti, bisogna soddisfare diverse condizioni.
Ad esempio, affinché venga accordato il permesso bisogna presentare il certificato veterinario che dichiari la malattia dell’animale e dimostrare che oltre a vivere da soli non si ha la possibilità di delegare l’assistenza a terzi.
Inoltre il padrone deve dimostrare di non poter fornire diversamente la necessaria assistenza all’animale. Solo in questo caso si potrà usufruire del permesso per gravi motivi familiari anche per il proprio cane o gatto.
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