Petrolio, OPEC+ rimanda aumento offerta. Ancora tagli nel tentativo disperato di blindare i prezzi

Laura Naka Antonelli

05/12/2024

Occhio al trend dei contratti WTI e Brent mentre qualcuno dice: non c’è margine di rialzo.

Petrolio, OPEC+ rimanda aumento offerta. Ancora tagli nel tentativo disperato di blindare i prezzi

Prezzi del petrolio osservati speciali dopo la decisione dell’OPEC+ di posticipare l’aumento dell’offerta.

L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio ha praticamente deciso di prorogare i tagli alla produzione tuttora attivi, pari a 2,2 milioni di barili al giorno.

In base alla tabella di marcia annunciata oggi, l’associazione parigina inizierà a ribaltare quei tagli - riversando sui mercati una maggiore quantità di barili - nell’aprile del 2025, per poi eliminare le sforbiciate, in modo graduale, fino alla fine del 2026.

OPEC+ aspetta a fare il grande passo. Il nodo dei prezzi del petrolio

Le aspettative erano per un ritiro dei tagli all’offerta a partire da questo mese.

La mossa è chiara e si spiega con la volontà dell’OPEC+ da un lato di tornare ad aumentare l’offerta e dall’altro lato di dare una sferzata ai prezzi del crude oil, sotto pressione per due motivi: la debole domanda di petrolio da parte della Cina e la forte produzione made in USA. Produzione destinata tra l’altro, almeno in base ai desiderata del Presidente americano eletto Donald Trump, ad aumentare, come conferma quello slogan sbandierato durante la campagna elettorale “Drill, baby, drill”.

Per i Paesi che fanno parte dell’OPEC+, sia appartenenti al cartello OPEC come l’Arabia Saudita che non, come la Russia, il nodo è rappresentato dai prezzi: a dispetto dei tagli all’offerta, le quotazioni del Brent hanno continuato a oscillare all’interno del range compreso tra 70 e 80 dollari al barile, nel corso del 2024.

In questi giorni i prezzi del Brent hanno viaggiato nei pressi di $72, dopo aver testato il minimo del 2024, a settembre, scivolando anche al di sotto della soglia di $69.

Interpellato dalla CNBC Bjarne Schieldrop, responsabile della divisione delle commodities di SEB, ha fatto notare che “è dal mese di giugno che si parla di questo, (ovvero di un aumento della produzione), ma si continua a rimandare”, il che significa che “nei prossimi due anni non c’è un margine di rialzo per i prezzi del petrolio ”.

Lo stesso annuncio di oggi, relativo alla decisione di ritardare il ritorno sui mercati di parte dell’offerta tagliata, non scatena nessun particolare entusiasmo: i prezzi del Brent segnano un timido rialzo, viaggiando attorno a $72,46, e anemico è anche il guadagno del WTI scambiato a New York, di poco superiore alla parità, che porta le quotazioni a viaggiare poco al di sotto di $69.

Occhio anche al commento degli analisti di Capital Economics che, in una nota, hanno avvertito che, tra tre mesi, l’OPEC+ rischia di trovarsi nella stessa situazione di oggi, a causa di un contesto caratterizzato dalla debolezza della domanda di oil, che si spiega con il rallentamento dell’economia mondiale.

A nostro avviso, i fondamentali dei prezzi del petrolio rimangono deboli, e i rischi sui prezzi sono rivolti verso il basso ”, si legge nella nota firmata da Capital Economics.

Di fatto, le previsioni per il trend dei prezzi nel 2025 non sono affatto bullish, semmai il contrario, e non sono mancati outlook decisamente bearish su quotazioni in calo fino a $40 al barile.

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