La Cina cresce più delle attese, ma cosa si nasconde dietro i dati positivi del PIL? L’economia del dragone sotto la lente, con lo shock dazi che può frenare la ripresa.
La Cina ha pubblicato i dati sul PIL relativi al primo trimestre 2025, mostrando una crescita del 5,4% superiore alle stime.
Una buona notizia per il dragone, alle prese con un’economia ancora indebolita dal post-Covid, dalla crisi immobiliare, da venti deflazionistici e da una domanda fragile. Proprio i consumi e la produzione industriale hanno evidenziato una certa solidità, ma gli analisti temono che lo slancio potrebbe subire un brusco ridimensionamento a causa dei dazi statunitensi.
L’ufficio statistico ha descritto l’economia cinese come “in una fase di avvio positiva e costante” e ha sottolineato come “l’innovazione [stasse] giocando un ruolo sempre più importante”. A gennaio, per esempio, la startup DeepSeek ha segnato una svolta nell’IA, mostrandosi più che competitiva rispetto alla tecnologia della statunitense OpenAI.
Tuttavia, i funzionari cinesi hanno avvertito che “l’ambiente esterno sta diventando più complesso e severo” e che la domanda interna resta ancora debole. Il PIL della Cina può ancora subire la drastica scossa delle tariffe di Trump.
PIL cinese in crescita: quanto è solida (davvero) l’economia del dragone?
Nel complesso e rischioso contesto della guerra commerciale piuttosto aggressiva tra Cina e USA, i dati sul PIL del dragone sono letti con estrema attenzione.
Nel primo trimestre 2025, Pechino ha rafforzato la ripresa iniziata alla fine del 2024, grazie a un’ampia spinta di stimoli politici.
I dati hanno mostrato che il PIL è aumentato dello 5,4% nel trimestre gennaio-marzo rispetto all’anno precedente, restando invariato rispetto al quarto trimestre. Le aspettative degli analisti in un sondaggio
Reuters si attestavano su un +5,1%.
Tuttavia, si prevede che la dinamica di crescita subirà un brusco raffreddamento nei prossimi trimestri, poiché lo shock tariffario di Washington colpirà il motore cruciale delle esportazioni, aumentando la pressione sui leader cinesi affinché adottino ulteriori misure di sostegno per mantenere la seconda economia mondiale in equilibrio.
Gli stimoli governativi hanno incrementato i consumi e sostenuto gli investimenti, ha affermato Xu Tianchen, economista senior dell’Economist Intelligence Unit, definendo il ritmo del 5,4% “un ottimo inizio”.
Osservando più attentamente i dati si legge che le vendite al dettaglio, un indicatore chiave dei consumi, sono aumentate del 5,9% su base annua a marzo e la crescita della produzione industriale ha accelerato al 7,7% dal 5,9% dei primi due mesi. Entrambi gli indicatori hanno superato le previsioni degli analisti.
Ma la crisi immobiliare in Cina ha continuato a frenare la crescita complessiva. Gli investimenti immobiliari sono diminuiti del 9,9% su base annua nei primi tre mesi. In generale la ripresa economica è sembrata ancora irregolare nelle analisi degli esperti, soprattutto perché l’elevata disoccupazione e le persistenti pressioni deflazionistiche accrescono le preoccupazioni sulla debolezza della domanda.
“Un buon PIL non rappresenta la salute economica complessiva di un’economia. La deflazione e la disoccupazione giovanile rimangono le principali preoccupazioni,” ha affermato Raymond Yeung, capo economista cinese di ANZ.
Cina in massima allerta sui dazi. Shock PIL in arrivo?
Lo scenario economico cinese potrebbe presto cambiare a causa del clima da guerra commerciale così intenso.
Nonostante i dati mensili positivi di marzo, “i danni della guerra commerciale si faranno sentire nei dati macroeconomici del mese prossimo”, ha affermato Zhiwei Zhang, presidente e capo economista di Pinpoint Asset Management, osservando che “gli indicatori ad alta frequenza suggeriscono che le esportazioni [hanno] subito un forte rallentamento nella regione”.
La guerra tariffaria con gli Stati Uniti ha portato i dazi totali imposti dal presidente Donald Trump sui prodotti cinesi al 145%, provocando la ritorsione di Pechino che ha aumentato i dazi sui prodotti statunitensi al 125%. Si prevede che tali livelli di tariffe all’importazione danneggeranno le esportazioni cinesi e ridurranno di diversi punti percentuali l’espansione economica di quest’anno.
“È probabile che la crescita peggiori rapidamente a partire dal secondo trimestre, data la scarsa possibilità di negoziati bilaterali a breve termine per stabilire una via di fuga per l’aumento dei dazi del 125%”, ha affermato un team di economisti della Morgan Stanley in una nota all’inizio di questa settimana.
Diverse banche d’investimento hanno tagliato le previsioni di crescita della Cina per quest’anno e la maggior parte degli economisti dubita che Pechino riuscirà a raggiungere il suo obiettivo ufficiale, citando gli ostacoli derivanti dal sostanziale aumento dei dazi statunitensi sui prodotti cinesi.
Secondo il sondaggio Reuters, nel 2025 l’economia dovrebbe crescere a un ritmo moderato del 4,5% su base annua, in rallentamento rispetto al 5,0% dell’anno scorso e al di sotto dell’obiettivo ufficiale di circa il 5,0%.
Citando i dazi punitivi degli Stati Uniti, mercoledì ANZ ha ridotto le sue previsioni sul PIL cinese per il 2025 dal 4,8% al 4,2% e dal 4,5% al 4,3% per il 2026.
UBS è stato ancora più pessimista, rivedendo al ribasso le sue previsioni di crescita per il 2025 per il gigante asiatico dal 4% al 3,4%. “Riteniamo che lo shock tariffario ponga sfide senza precedenti alle esportazioni cinesi e determinerà anche importanti aggiustamenti nell’economia nazionale,” hanno affermato gli analisti di UBS in una nota.
Il futuro rimane molto incerto per la crescita della Cina, così come per l’economia mondiale.
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