L’Italia fa parte del triste club che assisterà a una crescita del debito pubblico. Il consiglio dell’FMI all’Italia di Meloni con i dazi di Trump. Stop alla flat tax.
Che fine faranno l’Italia di Giorgia Meloni e il mondo intero nella nuova era dei dazi di Donald Trump? La risposta, per quanto non definitiva, è tutta scritta nelle dichiarazioni in arrivo da Washington, dove è in corso la riunione primaverile dell’FMI, Fondo Monetario Internazionale.
Se ieri è stato il grande giorno del World Economic Outlook (WEO), ovvero dell’outlook sull’economia mondiale, presentato dall’istituzione guidata da Kristalina Georgieva, oggi è il turno della pubblicazione del Fiscal Monitor.
In un mondo dominato dall’incertezza sulla direzione del commercio globale, a causa della spada di Damocle dei dazi decisi dall’amministrazione USA di Donald Trump, che continua a pendere tuttora sulle teste delle singole economie del pianeta, a causa della pausa decisa dalla Casa Bianca, le previsioni dell’FMI sono state accompagnate dall’inevitabile avvertimento: considerare le stesse stime con la massima cautela, visto che al momento non è possibile calcolare le conseguenze che le tariffe di Trump avranno sui fondamentali di ciascun Paese.
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PIL da zero virgola e debito in crescita, l’FMI presenta l’Italia di Meloni ai tempi di Trump
Nel caso dell’Italia di Meloni, l’outlook si conferma preoccupante, indicando una crescita del PIL, di nuovo, da zero virgola.
L’Italia è citata inoltre dal Fiscal Monitor dell’FMI tra le economie più importanti al mondo che fanno parte di un gruppo, composto da più di 1/3 dei Paesi, che assisterà nel 2025 a un aumento del debito, rispetto al 2024.
Non solo: dall’FMI arriva anche uno schiaffo contro la flat tax, a causa della necessità del Paese, così come di tutto il mondo, di continuare a tenere sotto controllo le proprie finanze pubbliche.
“Le previsioni fiscali (sui conti pubblici)”, si legge nel Fiscal Monitor pubblicato oggi, “sono soggette a una incertezza considerevole, vista la veloce escalation delle tensioni commerciali e l’elevato livello dell’ambiguità politica ”.
L’FMI va avanti, precisando che, sulla base delle previsioni che sono contenute nel World Economic Outlook reso noto alla vigilia, relativo all’edizione di aprile del 2025, “ il debito pubblico globale è atteso crescere di ulteriori 2,8 punti percentuali del PIL entro il 2025, per avvicinarsi al 100% del PIL entro la fine del decennio, superando il picco della pandemia” Covid-19.
Particolarmente preoccupante è il fatto che “ si prevede che più di 1/3 dei Paesi assisti a un aumento del debito nel 2025 rispetto al 2024. Nel complesso, queste economie rappresentano più del 75% del PIL globale e includono player importanti - Cina e Stati Uniti -, così come l’Australia, il Brasile, la Francia, la Germania, l’Indonesia, l’Italia, il Messico, la Russia, l’Arabia Saudita, il Sud Africa e il Regno Unito”.
Nel triste club dei Paesi destinati a essere colpiti in misura più importante dalla spina del debito, compare dunque l’Italia.
Ma l’impressione è che tutto il mondo sia destinato ad affogare in una montagna di debiti. E non manca ovviamente il worst case scenario, che l’FMI identifica in quella situazione in cui il “debito pubblico mondiale potrebbe salire al 117% circa del PIL entro il 2027, raggiungendo livelli che non si sono visti dalla Seconda Guerra Mondiale, superiori di 20 punti percentuali circa alle previsioni che sono state formulate per quell’anno”.
Non è insomma escluso il peggio, in un quadro in cui “i livelli del debito potrebbero continuare a salire, a causa della flessione delle entrate (fiscali) e del PIL, dovuta ai dazi più alti e all’aumento dell’incertezza”, come emerge dal World Economic Outlook.
Un mondo che affoga nei debiti, con il pericolo di tassi di interesse più alti
Tra l’altro, prosegue il Fiscal Monitor, “ le elevate incertezze geoeconomiche potrebbero far salire ulteriormente il debito pubblico, facendo salire la spesa , in particolare nel settore della difesa, soprattutto per l’Europa”.
E ancora: “ condizioni finanziarie più rigide e più volatili negli Stati Uniti potrebbero contagiare i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo, aumentando i costi di finanziamento e abbassando i prezzi delle materie prime”.
In un tale contesto, “miglioramenti limitati delle posizioni fiscali potrebbero esacerbare ulteriormente i rischi associati all’aumento dei tassi di interesse, in un momento in cui molte nazioni stanno già facendo fronte a fabbisogni finanziari lordi significativi”.
In generale, i rischi sui conti pubblici delle diverse economie potrebbero essere ulteriormente rafforzati da fattori, come “ i deficit fiscali persistenti e più elevati negli Stati Uniti , una domanda domestica in Cina più debole delle attese, una incertezza prolungata e una crescita della produttività stagnante”.
Per non parlare dell’impatto negativo che eventuali tassi di interesse più alti potrebbero avere sulla spese considerate essenziali, strappando risorse alle spese previdenziali e a quelle destinate alle infrastrutture pubbliche.
Le previsioni dell’FMI su PIL e inflazione globale
Il mondo di Trump è dunque un mondo più incerto, caratterizzato da una crescita del PIL a rischio erosione a da un debito pubblico mondiale destinato a salire.
Le cattive notizie sul PIL mondiale sono arrivate già ieri quando, con la pubblicazione del WEO, si è appreso che la crescita mondiale è attesa rallentare al +2,8% nel 2028, per poi risalire al 3% nel 2026, a ritmi di espansione in entrambi i casi inferiori rispetto a quel +3,3% che era stato contemplato per entrambi gli anni nell’aggiornamento delle previsioni pubblicato a gennaio del 2025.
Il nuovo outlook sul PIL mondiale, ha spiegato l’FMI, è frutto di un “downgrade cumulativo pari a 0,8 punti percentuali” e corrisponde a un ritmo di crescita “molto al di sotto della media storica (2000-19), pari al 3,7%”.
Per quanto concerne l’inflazione, la cattiva notizia arrivata dall’FMI è che il processo di disinflazione dovrebbe avvenire a un ritmo “ lievemente più lento rispetto a quanto atteso a gennaio, (come dimostrato dalle previsioni di un ritmo) pari al 4,3% nel 2025 e al 3,6% nel 2026, con revisioni al rialzo significative che hanno interessato le economie avanzate, e lievi revisioni al ribasso per le economie dei mercati emergenti e in via di sviluppo, nel corso del 2025”.
In poche parole, oltre che dalle stime dei previsori interpellati dalla BCE che sono state rese note dalla stessa banca centrale nella giornata di ieri, anche dal World Economic Outlook dell’FMI è emerso il timore non tanto di un processo disinflazionistico fin troppo accentuato provocato dalle tariffe di Trump - come paventato soprattutto nell’area euro, da chi ha già ammonito la BCE di Christine Lagarde, accusandola di non fare abbastanza - ma inferiore rispetto a quanto atteso.
Le previsioni dell’FMI su PIL, deficit e debito Italia
Nel caso dell’Italia, le stime formulate dall’FMI lasciano poco spazio all’ottimismo. Così come ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita dell’intera economia mondiale, l’FMI ha tagliato anche l’outlook per l’Italia: ora le stime puntano a una crescita del PIL pari ad appena +0,4% nel 2025, e a una accelerazione limitata a +0,8% nel 2026.
L’inflazione italiana è attesa, in media, all’1,7% nel corso di quest’anno, per poi avanzare al 2% e conservare questo ritmo di crescita negli anni compresi tra il 2027 e il 2030.
Pubblicate anche le previsioni sul rapporto deficit-PIL e debito-PIL.
Per quanto riguarda il rapporto deficit-PIL, le previsioni dell’FMI sono di un calo al 3,3% nel 2025, rispetto al 3,4% dell’anno scorso, e di una flessione ulteriore al 2,8% nel 2026, dunque al di sotto della soglia del 3% fissata dal Patto di Stabilità e crescita UE.
L’FMI prevede una ulteriore discesa del rapporto deficit-PIL dell’Italia al 2,6% nel 2027 e al 2,4% nel 2028.
Il rapporto tra debito pubblico e il PIL del Paese è atteso invece in rialzo dal 135,3% del 2024 al 137,3% nel 2025, in ulteriore crescita al 138,5% nel 2026 e in aumento anche in modo lieve fino al 138,6% nel 2027.
Le previsioni indicano poi una ritirata del debito-PIL dell’Italia al 138,1% nel 2028 e al 137,7% nel 2029. Anche per il 2030 il livello stimato è pari al 137,7%.
La ricetta dell’FMI per i conti dell’Italia: stop flat tax. E sulle spese per la difesa UE...
A preoccupare e a far saltare sulla sedia diversi italiani, oltre a quelle previsioni sconfortanti, sono anche alcune raccomandazioni che l’FMI ha dato al governo italiano, e che chiamano in causa la flat tax per i lavoratori autonomi.
L’istituzione di Washington consiglia infatti al governo Meloni di eliminare la flat tax. E’ tutto scritto nella pagina 21 del rapporto Fiscal Monitor:
“In misura più ampia, le economie avanzate alle prese con l’invecchiamento della popolazione dovrebbero riconsiderare le priorità di spesa, dare il via alle riforme sulle pensioni e sulla sanità, rimuovere incentivi fiscali inefficienti, ampliare la base imponibile e perseguire politiche del mercato del lavoro attive per la loro forza lavoro in età lavorativa, migranti inclusi”.
Come fare? “ Ampliare la base imponibile può comportare l’eliminazione delle esenzioni e il miglioramento dell’efficienza delle spese fiscali (citati in questo caso la Spagna, il Regno Unito e gli Stati Uniti), aumentare progressivamente le imposte sul reddito (citati in questo caso ancora gli Stati Uniti), oppure eliminare la flat tax (riferimento nel testo a flat taxes) sul lavoro autonomo (citata espressamente l’Italia”.
I consigli dell’FMI non finiscono qui, visto che un appello è stato lanciato da Washington anche sul modo in cui l’Europa, in particolare, dovrebbe aumentare le spese per la difesa: “ Aumenti permanenti delle spese per la difesa dovrebbero essere accompagnati da piani di finanziamento credibili che spieghino come questi incrementi saranno gradualmente finanziati, insieme a un mix stabilito di aumenti delle tasse e tagli alle spese, a seconda dello spazio di manovra fiscale del Paese (Unione europea) ”. Insomma, per quanto il rischio di una erosione del PIL a causa dei dazi di Trump sia alto, e a fronte di una crescita dell’economia mondiale prevista ai ritmi minimi della storia, l’FMI non abbassa certo la guardia. Le economie del pianeta devono continuare a risanare i loro conti pubblici.
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