Il deficit commerciale francese è di 82,4 miliardi, mentre il passivo netto internazionale raggiunge i 664 miliardi, tra i peggiori in Eurozona.
L’instabilità che sta caratterizzando il quadro politico francese, visto che sin dalle elezioni del 2022 il governo centrista in carica non ha più potuto beneficiare della maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale che aveva caratterizzato la precedente legislatura, ha reso sempre meno incisiva la risposta alle varie sfide che si sono via via presentate: il governo presieduto da Gabriel Attal, entrato in carica ai primi di gennaio di quest’anno dopo che il precedente era stato vivacemente contestato per la gestione della riforma della legge sull’immigrazione, ha sostanzialmente perso il controllo della dinamica del deficit pubblico che non avrebbe dovuto superare il 5,1% del pil.
Ed invece, dapprima l’approssimarsi delle elezioni europee che si sono tenute ai primi di giugno, poi la pesante débâcle degli stessi partiti centristi a favore del Nuovo Fronte Popolare e del Rassemblement National confermata dalle successive elezioni politiche anticipate che si sono svolte tra la fine di giugno ed i primi di luglio, hanno reso politicamente impossibile procedere alla necessaria, consistente manovra correttiva infra-annuale.
Il governo guidato da Attal, subito dimessosi per via del rovescio subito alle elezioni, è rimasto in carica tutta l’estate per il disbrigo degli affari correnti ed ha lasciato il cerino acceso a quello guidato da Michel Barnier, insediatosi solo il 5 settembre: nel frattempo, il deficit era arrivato al 5,6% del pil, rispetto all’obiettivo di contenerlo entro il 5,1% previsto inizialmente. Ma alla fine di quest’anno, visto il rinvio al 2025 delle manovre correttive da introdurre con la nuova legge di bilancio, il deficit potrebbe salire ancora, arrivando a sforare il 6% del pil. [...]
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