Chi patteggia la condanna può candidarsi alle elezioni e partecipare all’assegnazione degli appalti: gli effetti della riforma Cartabia, tra cui la modifica della legge Severino.
La legge Severino è stata varata alla fine del 2012 sotto il governo Monti per inibire e limitare la corruzione e l’illegalità all’interno della Pubblica amministrazione. La riforma Cartabia l’ha cambiata radicalmente (e silenziosamente), scardinando uno dei suoi principi fondamentali: ora i politici che patteggiano al processo possono ricandidarsi. Si tratta di uno fra i vari effetti causati dall’abrogazione “tacita” della legge Severino, ecco com’è cambiata con la riforma Cartabia.
Com’è cambiata la legge Severino per via della riforma Cartabia
Si parla di abrogazione tacita della legge Severino non perché non ci siano stati espressi interventi a riguardo, ma perché le modifiche introdotte dalla riforma Cartabia che ne hanno annullato gli effetti sono intervenute solo in maniera indiretta. In particolare, la riforma varata dall’ex ministra della Giustizia, Marta Cartabia, riduce gli effetti extrapenali del patteggiamento.
Semplificando, gli effetti extrapenali sono fattori che intervengono in seguito a una sentenza di condanna su aspetti rilevanti dal punto di vista giuridico e sociale, ma non prettamente penali. La riforma Cartabia prevede, nel dettaglio, che il patteggiamento non possa avere efficacia oppure essere utilizzato a fini probatori al di fuori del processo penale stesso. L’ottica della normativa è sempre quella di sveltire e semplificare i processi penali, ma in questo caso le conseguenze sono ben più ampie.
Impedendo la validità di un patteggiamento per fini ulteriori a quello penale, i politici che non sono stati condannati perché hanno patteggiato non sono più sottoposti a limitazioni politiche di sorta. La legge Severino sancisce per l’appunto l’incandidabilità di chi è stato condannato (per reati rilevanti dal punto di vista sociale e/o del pericolo), equiparando la condanna al patteggiamento – in effetti, è una sorta di condanna “su richiesta” -.
La riforma Cartabia non ha espressamente modificato questa norma, ma ha ridotto gli effetti extrapenali del patteggiamento, che dunque non è più incluso nella limitazione prevista dalla legge Severino. Ecco perché si parla di abrogazione tacita ed ecco perché un politico che ha patteggiato una condanna per il reato di corruzione può ricandidarsi senza problemi, nonostante il patteggiamento presupponga una certa ammissione di colpevolezza, seppur non equiparabile a un’effettiva sentenza di condanna.
L’Avvocatura dello Stato sulla legge Severino e gli altri effetti della riforma
La questione circa gli effetti della riforma Cartabia sulla legge Severino è stata sollevata dal Dipartimento per gli Affari interni e gli Enti locali e posta all’attenzione dell’Avvocatura dello Stato. Quest’ultima ha confermato che la parte della legge Severino con riferimento al patteggiamento non produce più i suoi effetti; pertanto, chi è stato condannato con una sentenza di patteggiamento non incorre più nell’incandidabilità.
La Corte costituzionale e la Corte europea dei diritti dell’uomo sono infatti concordi nel definire la natura non penale della legge Severino. Quest’ultima, dunque, non avrebbe uno scopo punitivo bensì è rivolta a garantire la trasparenza nella Pubblica amministrazione e a limitare l’infiltrazione criminale.
In ogni caso, la candidabilità è soltanto uno degli effetti causati dal cambiamento della normativa sul patteggiamento introdotto dalla riforma. Ci sono, infatti, altre circostanze in cui le norme si riferiscono a effetti non penali del patteggiamento, che ora non possono più essere applicate. Fra le più rilevanti, c’è sicuramente la disposizione contenuta nel Codice degli appalti riguardo l’esclusione automatica dei condannati per una serie di reati (tra cui mafia e terrorismo), che ora non è più valida per chi ha patteggiato la condanna.
Di conseguenza, la riforma Cartabia può senza dubbio sveltire la procedura penale ma il confine tra incoraggiare ai procedimenti più brevi e porre il patteggiamento come un salvacondotto è davvero molto labile. È comunque evidente il venir meno di una serie di criteri di trasparenza per operare con e all’interno della Pubblica amministrazione, seppur non fosse questo l’effetto preposto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA