Solamente in un caso il dipendente perde il diritto alle ferie: secondo la Corte di Giustizia UE, ciò avviene quando questo si rifiuta di goderne nonostante sia stato messo nella condizione di esercitare il suo diritto.
Partiamo con il sottolineare che nella maggior parte dei casi le ferie non si perdono: anche quando non vengono godute entro il limite previsto dalla Legge, infatti, il lavoratore può continuare a goderne o, in alternativa, ha diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva che però viene riconosciuta solamente al termine del rapporto di lavoro.
Tuttavia, ci sono delle situazioni in cui i lavoratori perdono il diritto al pagamento delle ferie non godute. Come stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in risposta ad una richiesta presentata dalla Corte del lavoro tedesca e dal TAS di Berlino, infatti, il dipendente perde i diritti connessi alle ferie annuali retribuite qualora il datore di lavoro dimostri che il dipendente, “deliberatamente e con piena consapevolezza”, si sia astenuto dal fruire dalle proprie ferie annuali pur essendo stato messo nella condizione di esercitare in modo effettivo il proprio diritto.
Prima di approfondire questo aspetto e vedere quando si perde il diritto alle ferie, vediamo cosa stabilisce in merito l’attuale normativa.
Ferie residue non godute: cosa dice la legge
Per capire quante ferie spettano di diritto al lavoratore, nonché per fare chiarezza sulle modalità con cui vanno godute, bisogna fare riferimento a quanto sancito dall’articolo 2109 del Codice Civile e ai D.Lgs 66/2003 e 213/2004.
Nel dettaglio, la Legge stabilisce che ogni anno il lavoratore ha diritto ad un minimo di 4 settimane di riposo: “minimo” perché ogni singolo CCNL può prevederne anche di più (ma non di meno).
Di queste 4 settimane, almeno 2 devono essere godute, possibilmente in maniera continuativa, entro l’anno di maturazione; si può godere delle 2 settimane residue, invece, entro i 18 mesi successivi all’anno di maturazione.
Scaduti i 18 mesi le ferie non godute non si perdono, quindi il dipendente può ancora goderne. Il problema è che l’Inps le considera, dal punto di vista contributivo, come se fossero state fruite e per questo il datore di lavoro sarà comunque dovuto al pagamento dei contributi.
Quando si perdono le ferie
Quindi, le ferie non godute - anche dopo il termine dei 18 mesi - possono essere godute ma anche pagate al dipendente una volta cessato il rapporto di lavoro.
Tuttavia c’è un caso in cui il lavoratore subordinato perde il diritto alle ferie.
La questione è stata appena affrontata dalla Corte di Giustizia europea la quale, nelle cause C-619/16 e C-684/16, ha fatto chiarezza su diversi aspetti riferiti alla perdita delle ferie.
Nel dettaglio, la Corte di Giustizia ha stabilito che qualora il datore di lavoro dimostri che è stato il dipendente a non voler godere delle ferie nonostante sia stato messo “nella condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto”, allora questo perderà tutti i diritti connessi al godimento delle ferie annuali.
In tal caso, le ferie si perdono, ossia:
- non possono essere godute dopo il 18° mese
- non possono essere pagate al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Questo perché, come specificato dalla Corte UE, l’istituto delle ferie è del tutto incompatibile con qualunque interpretazione del diritto tale da incentivare il dipendente a rinunciare alle ferie così da percepire un’indennità economica e incrementare il compenso spettante al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Attenzione però: come sottolineato dai giudici della Corte di Giustizia Europea per far sì che il dipendente perda il diritto alle ferie non è sufficiente dimostrare che questo non le ha richieste nel corso dell’anno.
L’unico caso in cui si perdono, infatti, è quello in cui è presente un deliberato e consapevole rifiuto al loro godimento da parte del dipendente.
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