Quanto guadagna Ignazio Visco? Biografia del numero uno di Bankitalia

Alessandro Cipolla

2 Novembre 2017 - 13:52

Chi è e quanto guadagna Ignazio Visco, il governatore della Banca d’Italia recentemente al centro di una polemica col PD di Renzi in merito alla sua riconferma.

Quanto guadagna Ignazio Visco? Biografia del numero uno di Bankitalia

Chi è ma soprattutto quanto guadagna Ignazio Visco, il governatore di Bankitalia appena rieletto che di recente al centro della polemica con Matteo Renzi in merito alla sua riconferma.

Fresco della consegna di 4.200 pagine di documenti alla commissione parlamentare sulle Banche, il futuro di Ignazio Visco sembrava che in bilico dopo l’approvazione di una mozione a firma PD che spingerebbe a individuare “nuove figure” per la guida della Banca d’Italia.

Alla fine però il governatore ha ottenuto il via libera per un secondo mandato, così noi abbiamo cercato di scoprire qualcosa di più sulla sua biografia e su quanto guadagna colui che è a capo di Bankitalia.

Quanto guadagna Ignazio Visco? La biografia del governatore

Ignazio Visco nasce a Napoli il 21 novembre del 1949. Dopo aver compiuto gli studi sia superiori che universitari a Roma, si laurea in Economia e Commercio alla Sapienza arricchendo poi il suo curriculum con degli studi negli Usa presso la University of Pennsylvania.

Un anno dopo la sua laurea entra quindi in Banca d’Italia, ricoprendo poi nel tempo anche importanti incarichi internazionali come quello di Chief Economist e Direttore dell’Economics Department dell’OCSE.

Nel 2007 poi viene nominato Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, ruolo che ricoprirà fino al 2011 anno in cui diventerà, dopo l’addio di Mario Draghi passato alla BCE, governatore dell’importante Istituto.

Visco quindi da allora è alla guida di Bankitalia, con il suo mandato che scadrà il 31 ottobre 2017. Per questo ruolo il suo stipendio annuale è di 450.000 euro, risultando secondo a riguardo nella classifica dei governatori delle banche centrali in Europa alle spalle solo del suo collega belga.

Ignazio Visco quindi guadagnerebbe più di Mario Draghi, che può godere di uno stipendio annuale di 389.000 euro, ma anche dei suoi omologhi al comando delle banche centrali di Germania e di Francia.

Ma le polemiche recenti non sono frutto dello stipendio del governatore. Se all’inizio sembrava essere una cosa scontata la sua rielezione, alla fine invece questa è arrivata dopo una lunga serie di polemiche.

La mozione del PD

Gli ultimi anni della sua governance non sono stati di certo i più sereni della storia della Banca d’Italia. Oltre alla crisi delle due banche venete e del Monte dei Paschi di Siena, ci sono stati anche i casi dei quattro istituti (Etruria, Chieti, Ferrara e Marche) posti in risoluzione due anni fa.

Il colpo di scena però è andato in scena a metà ottobre. A sorpresa infatti il Partito Democratico, per volontà del suo segretario Matteo Renzi, ha preparato una mozione dove parlando di “ripetute e rilevanti situazioni di crisi o di dissesto di banche”, chiederebbe una figura in “discontinuità” per quanto riguarda la guida di Bankitalia.

La notizia ha fatto subito scalpore, con il governo e il Colle più che meravigliati dell’azione parlamentare intrapresa dal PD. Sia il premier Gentiloni che il Presidente Mattarella erano infatti più che propensi a confermare la fiducia a Ignazio Visco.

Dopo una delicata trattativa, il Partito Democratico ha presentato ugualmente la sua mozione anche se ammorbidita nei toni: non si parla più di “discontinuità” ma di individuare una “figura più idonea”. Alla fine però il succo non cambia più di molto.

Alla Camera quindi il documento ottiene l’approvazione con 219 voti favorevoli, 97 contrari (Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia e Sinistra Italiana) e 99 astenuti ( Forza Italia e Movimento Democratico e Progressista).

La decisione di Renzi di voltare le spalle all’attuale governatore ha comunque spaccato anche lo stesso Partito Democratico. Alla fine però il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera a un secondo mandato per Ignazio Visco, anche se al momento della decisione erano assenti ben sei ministri tutti riconducibili all’ala renziana. Lo strappo quindi non sarebbe stato ancora ricucito.

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